Beccacce di Dicembre

Uno storico addestratore cinofilo di cani da ferma confida ai lettori la chiave per instaurare il giusto rapporto con i cani che saranno i compagni della loro passione.

Non so se sia giusto chiamarla “anima”. So solo che è qualcosa che va oltre il corpo fisico, che si vede dal modo con cui ti guardano, da come si comportano e da tante cose che non si possono toccare ma che ci sono, perdinci se ci sono. Quel che vi dirò me l’ha insegnato una storia incominciata negli anni ’50, ed erano tempi duri per noi che allora eravamo giovani.

La selvaggina era naturale ed ovunque, ma i mezzi per andare a caccia erano scarsi. Fu allora che – seguendo le orme della mia dinastia – decisi con un po’ di coraggio, di saltare a piè pari sul treno della cinofilia venatoria. Professione: addestratore di cani da ferma. Mestiere molto impegnativo, talvolta sofferto, generoso però di soddisfazioni e di emozioni. Barisoni scrisse “cacciatori si nasce” dalla qual affermazione qualcuno tradusse “addestratori si nasce”. Forse è vero, ma con passione, onestà, umiltà e tanto coinvolgimento, per capire e farsi capire, addestratori anche si diventa. Sono stato molto fortunato a prendere quel treno ed ora nel mio percorso sono arrivato ad una stazione tranquilla, quella cioè che precede il capolinea. È quindi venuto il momento di accarezzare il passato e rivedere in un sogno ad occhi aperti i movimenti, gli atteggiamenti e le espressioni dei cani che hanno popolato la mia storia. La cinofilia italiana ha prodotto un parco cani considerevole e conta molti personaggi importanti fra i quali numerosi miei colleghi professionisti, stimati e conosciuti in tutta Europa, che sanno preparare soggetti capaci di prestazioni eccellenti. Malgrado ciò la massa dei cinofili non ha fatto grandi progressi in termini di cultura e spesso si arrabatta in idee confuse, pressappochismi nei quali ciascuno recita una sua storia senza cercare riscontri validi e senza intessere un dialogo in cui ci sia posto per critiche costruttive.

Da parte mia, attingendo da quel che i cani mi hanno insegnato, vorrei dare un contributo, delineando un semplice schema di tre fasi da seguire per ottimizzare “l’anima” dei nostri fedeli compagni di caccia a quattro zampe. I° fase:”accoppiamenti” II° fase:”crescita” III° fase:”completamento del percorso”

I° Dalle dinastie conosciute, scegliere genitori soprattutto dotati di intelligenza, passione venatoria, tipicità di razza, docilità.

II° La cucciolata deve crescere tutta assieme in ambiente adatto. Il gioco, il rincorrersi, il misurarsi è ginnastica per sviluppare la mente ed il corpo. Seguirli attentamente in brevi passeggiate a briglia sciolta, fissare nella loro mente il proprio nome, instaurare un dialogo semplice, chiaro e caloroso per ossigenare le loro anime così da creare un feeling intenso che si tradurrà in un collegamento perfetto: chiave importante che apre il futuro.

Con ordine e metodo educarli a stare al guinzaglio, rispondere ai comandi, abituarli al colpo di fucile e far loro capire che al frullo degli uccelli è inutile la rincorsa; iniziarli al riporto, assuefarli ai trasporti in macchina. Gratificarli in modo espansivo quando meritano, riprenderli energicamente quando derogano dalla retta via. Il tutto però nel rispetto della sensibilità dei singoli. Questo per favorire la crescita.

III° Ben cresciuti ed impostati, all’età di otto/dieci mesi vanno portati per brevi turni in zone aperte, popolate da selvaggina per sviluppare le loro naturali doti venatorie e così da fare emergere la loro personalità e da far esprimere il vero potenziale da cui dipenderà il futuro indirizzo del loro utilizzo.

Sta di fatto però che purtroppo in Italia non disponiamo di palestre a portata di mano utili a questo lavoro. Possibile che così tanti appassionati che affrontano notevoli sacrifici non riescano a realizzare o a far realizzare palestre idonee? A questo proposito permettetemi di dire la mia con semplicità: Io penso che se i Comuni in accordo con gli agricoltori fissassero zone interdette alla caccia e adibite per il rispetto della natura ed il ripopolamento con selvaggina coltivata, il problema sarebbe risolto.

Il progetto – che assumerebbe fondamentale importanza naturalistica – dovrebbe essere gestito dai cacciatori cinofili locali che, animati da passione ed ambizione, farebbero fiorire sicuramente piccoli mondi naturali meravigliosi, con il plauso dell’opinione pubblica. Zone ben regolate nel pieno rispetto delle coltivazioni e delle leggi sarebbero le palestre ideali. Parallelamente son certo che ovunque sorgerebbero dei Club specializzati per produrre informazione naturalistica e cultura. Sarebbe una grande opportunità per coinvolgere e avvicinare i giovani a questo mondo affascinante per uno sport salutare e di grande relax in perfetta armonia per vivere emozioni con il proprio cane ben educato. E ci sarebbe anche l’opportunità per fare caccia fotografica in compagnia di una amica o di una compagna a completare un bel quadro d’autore. Perché tutti (… anche i cani) hanno un’anima da onorare e rispettare.

Nota di Cesare Bonasegale
Chi mi conosce sa quanto profondo sia il mio legame con Gastone Puttini. Ci siamo frequentati dagli anni ’60 in virtù di un’intesa che non è mai venuta meno. E son casi che non capitano spesso nella vita (fra le tante cose in comune abbiamo persino il compleanno!). È stato lui a farmi da guida lungo il percorso che dalla “caccia cacciata” mi ha fatto scoprire la cinofilia venatoria intesa come disciplina. E sulle basi zootecniche provenienti dalla cultura di mio padre (veterinario), Gastone impiantò gli insegnamenti della sua professionalità. Per lui l’addestramento del cane da ferma ha tre radici: – quella della professione di famiglia che nel “Mago” Gianni Puttini – cugino di suo padre – ha avuto l’esponente più appariscente; – quella della caccia più vera che esiste – cioè quella dei beccaccini – che già praticava il padre Ernesto, quando accompagnare a caccia i signori milanesi era un mestiere; – la terza è l’amore per i cani e che i cani hanno sempre ricambiato. Il nostro sodalizio ci ha portato in giro per il mondo, nella sconfinata pusta ungherese a collaudare i Bracchi italiani a “cerca grande”; alla scoperta del Kossovo quando nessuno conosceva quella terra promessa di starne mediterranee (ben diverse dalla paciose mitteleuropee); alla Polonia autunnale, che fummo fra i primi a sperimentare come palestra di iniziazione dei cuccioloni. E a sera, con nelle gambe un numero mai contato di chilometri, era il momento di trasformare con analisi critiche le esperienze in insegnamenti, quegli insegnamenti che i nostri cani ci avevano immancabilmente trasmesso. Oggi, con un ormai pesante numero di anni sulle nostre spalle, il caro Gastone trova nella penna una vivace giovinezza e mi trasmette i suoi pensieri e le considerazioni frutto di una vita “con” e “per” i cani.