IMG_4272Nel difendere gli imprescindibili diritti della caccia continua a essere di moda l’assenteismo culturale sia dei rappresentanti dell’associazionismo venatorio sia degli stessi cacciatori, con qualche sporadica eccezione. Se quello di base è grave, gravissimo è quello dirigenziale.
Tutto ciò è negativo non solo per la soluzione dei tanti problemi, ma per l’immagine negativa che mostriamo alla società, che a malapena ci sopporta. Bisogna, dunque e innanzitutto, essere preparati.

Qualsiasi nuovo modo d’intendere e qualsiasi nuova riforma ha bisogno non solo di documenti da programmare unitariamente, ma di uomini-guida all’altezza del compito loro affidato, con spirito d’iniziativa e disponibili a sprecare intelletto, energie e tempo libero. Ovviamente appassionati e anche capaci di proporre soluzioni anticipatrici di eventi successivi. Chi non ha tali requisiti e non è disponibile a tanto, si dimetta pure! Perché, lo ribadisco, chi non cammina non fa camminare.

La parte verde e quella venatoria è adusa dire: “Alla tua morte lascia l’ecosistema in una condizione non peggiore di come l’hai trovato”. Parafrasando e rapportando l’auspicio-ammonimento alla morale, si può benissimo dire: lascia, per non peggiorare la già compromessa situazione.

Di fronte a tutto questo s’impone la domanda sul che fare! Se la deve porre ognuno individualmente; ce la dobbiamo porre collettivamente. Sono il primo a rendermi conto che i presagi nefasti, le trombonate, le gradassate e le offese verbali e scritte non giovano a nessuno.

Nemmeno utile è la tecnica del muro contro muro attuata con la già trattata conflittualità fra opposti interessi. L’esperienza insegna che quando non si è in grado di ragionare con cultura non si è capaci di comprendere, di fare comprendere e, neanche, di ottenere nulla. Oggi, il risultato è sotto gli occhi di tutti:
– I cacciatori, spesso e sempre per demerito delle Associazioni di rappresentanza sono rimasti isolati, ghettizzati e schiacciati da una supposta e arrogante cultura anticaccia, perché la caccia non ha saputo, e non è ancora capace di diffondere la propria cultura con la comunicazione e il confronto con le parti avverse, e non solo;
– Gli ambientalisti (quelli non seri) demonizzano i cacciatori, generalizzando e giungendo a definirli assassini. Sono gli accidiosi e gli irriducibili della categoria. Sprecano energie, talvolta intelligenze, versando fiumi d’inchiostro criticando, contrastando, enunciando e presentando ricorsi al Tar per bloccare più provvedimenti possibili contro la caccia, e non soltanto..

Le Associazioni di rappresentanza, quasi tutte, sono talvolta spudoratamente delle multinazionali eco-affaristiche;

– Il mondo agricolo, che avendo con i cacciatori e glia ambientalisti uno strano rapporto di amore-odio, è sempre in pericoloso e minaccioso fermento.

L’agricoltore, spesso egli stesso cacciatore, avversa i cacciatori perché non può su di loro esercitare il suo ” ius-proibendi” di accesso al proprio territorio e le Associazioni ambientaliste per il fatto che gli contestano l’uso di prodotti chimici per l’agricoltura, a torto o a ragione, ritenuti tossici e inquinanti. È ora di finirla! Alle tre categorie non deve essere concesso di manipolare l’ambiente naturale a loro piacimento e uso, addomesticandolo e operandovi non sempre correttamente, tanto da essere violentato. E nessuno è esente da colpe. Non esente da colpe è anche l’editorialismo venatorio che è rimasto troppo di parte per convenevolezza settoriale e pubblicistica, tranne qualche sprazzo d’individuale diversità: ma è esempio da mosca bianca.

In Italia abbiamo una realtà venatica ancora possibile, poco dinamica e malgestita.

Cambiare rotta, prima che sia troppo tardi.