Nasce a Gavirate nel 1915, sulle sponde del lago di Varese ed è discendente da una nobile famiglia spagnola che vanta un Vicerè di Napoli, Don Antonino (1642), un Governatore di Milano, Don Luis(1662) ed un “Conquistador”, Don Juan, che nel 1555, in cerca della “fontana della giovinezza”, scoprì in America la Florida.

E’ vissuto a lungo a Milano e, laureato in Scienze politiche e in Giurisprudenza, verrà poi da tutti conosciuto come l’”Avucàt”.

Assiduo frequentatore della Procura e del Palazzo di Giustizia per professione, dedica parte del suo tempo per scrivere articoli di caccia, roso da un’atavica passione di famiglia, che lo coinvolge già giovinetto in maniera quasi maniacale.

In un suo bel libro ci informa che ha “aspirato il profumo della caccia” ancora in fasce, quando il segugio Zanzur gli leccava la faccia.

Studente liceale, per il “Corriere Lombardo” e per riviste venatorie dell’epoca scriverà piacevoli articoli riguardanti sue battute di caccia col padre Antonino, pure lui avvocato.

Non ancora laureato, nel 1936 parte volontario per Tripoli col grado di sottotenente per la guerra d’Africa Orientale e da lì invierà corrispondenze di caccia alla rivista Diana Venatoria; articoli frutti di sue cacciate a gazzelle e pernici nel deserto, in compagnia della sua proverbiale browning, per rifornire la mensa della sua compagnia militare in Tripolitania. Tornato in Italia, si laureerà anche in Scienze Politiche a Pavia.

Per dar seguito alla sua vita pericolosa, dal 1940 al 1942 combatterà ancora in Africa dove, come ufficiale carrista, riceverà dalle mani del Generale Rommel la croce di guerra, una medaglia al valor militare per sue azioni eroiche contro il comune nemico.

Fatto poi prigioniero a Tobruk, riesce avventurosamente a fuggire dal campo di prigionia e rientra in Italia per collaborare con la resistenza.

Ricercato fugge in Svizzera, dove comanderà poi un campo di prigionieri italiani internati in quel paese neutrale .

Terminata la guerra continuerà ad interessarsi sempre più di politica venatoria, collaborando con la F.I.D.C. di Milano, con vari incarichi dirigenziali e continuando a scrivere, da giornalista ormai affermato, articoli di caccia per le migliori riviste venatorie del tempo, dirigendo e fondandone alcune.

Ha legato il suo nome alle pagine del “Cacciatore Italiano”, ”Andando a Caccia”, ”Caccia e Pesca”, “Diana”,”Caccia e Cani”, “Sentieri di Caccia”, firmando pezzi in lingua anche per le riviste straniere “La Caza” spagnola e “Plaisir de la Chasse francese.

Come scrittore di libri, Ponce de Leon non è stato da meno, tanto da pubblicarne fino agli ultimi giorni della sua vita.

I suoi volumi ammontano a 21, più altri 2 scritti in collaborazione con altri Autori.

Adelio, uomo di profonda cultura umanistica e generale, brillante e preparatissimo, esperto in tutti i campi venatori, non ha nessuna difficoltà a scrivere libri cinegetici sui temi più vari della Letteratura Venatoria: narrativa, tecnica, cinofilia, storia della caccia, ecc. ecc. e di ornitologia, dove ci lascerà un vero trattato sulla caccia al beccaccino,suo chiodo fisso.

Ha praticato questa caccia così appassionatamente per una vita, da essere poi, con altri illustri personaggi, un fondatore del più antico Club esistente in Italia, ”Il Club del Beccaccino”.

Dopo aver diretto questo consorzio di appassionati, in qualità di Presidente per molti anni, gli è stata riconosciuta e attribuita per meriti la carica di Presidente Onorario fino al giorno della sua morte.

Gli amici più intimi, quelli che hanno vissuto in sua compagnia, lo chiamavono, oltre che simpaticamente“ l’Avucàt”, anche “Mitraglietta”, per il suo vezzo di scaricare spesso la sua Browning fino all’ultimo colpo su un selvatico già colpito al primo colpo, tanto che poi l’assiduo amico compagno di caccia Sergio Senesi gli diceva: “..Avucàt, adess quest chì t’el mànget ti…” (adesso questo qui lo mangi tu).

Sempre con l’amica sigaretta pendente fra le labbra, Adelio ha vissuto una vita molto avventurosa, ha cacciato in ogni parte del mondo e, anche per l’innata curiosità di provare sempre cose nuove, ha percorso i più lontani e selvaggi sentieri della terra, alla ricerca di luoghi più ameni e più ricchi di selvaggina.

E le donne? Bionde, gialle o nere, come sempre affermava nei suoi discorsi … “per non avere storie le ho pagate tutte profumatamente”…

E’ vissuto nell’ amicizia dei più grandi Personaggi dell’ultimo secolo,non solo della Caccia, ma dello Sport, dello Spettacolo e della Cultura; nomi per il cui elenco non basterebbe una pagina in più di questo scritto e, con la sua recente scomparsa, è mancato un vero pilastro della nostra storia.

Nel 2008 a Roma viene insignito dalla FIDC del titolo di ” GENTILUOMO CACCIATORE ” per i suoi alti meriti nel mondo della Caccia.

Nel 2010 riceve il ” PREMIO ISIMBARDI “, Medaglia d’oro ed Alta Onorificenza che la Provincia di Milano conferisce ai cittadini milanesi più meritevoli nei vari ambiti della vita sociale.

Conobbi Adelio negli anni ’70 quando, in qualità di Presidente Federcaccia, premiò un mio setter per la sua vittoria nella “Quaglia d’oro”, gara che si teneva annualmente nel vasto campo dell’ippodromo di S.Siro. In quell’occasione, oltre alla medaglia d’oro, mi regalò anche il suo libro

“Il Profumo della Caccia”, facendo nel contempo un discorso sulla scarsa inclinazione alla lettura dei cacciatori italiani.

Gli fui amico, amico molto stretto e intimo per gli ultimi trent’anni della sua vita, sempre con lui in auto, in treno o a piedi in ogni parte, soprattutto dove la sua presenza era richiestissima.

Uomo di una simpatia dirompente, straripante, dotato di un eloquio colto e preparato su ogni tema; ironico e canzonatorio quanto mai nessun’altro, ma, da vero Signore, mai sopra le righe e, di riflessi ancora prontissimi malgrado l’età molto avanzata.

Quando la sonnolenza iniziava a prendere piede nelle noiose conferenze, manifestazioni o assemblee di caccia, Adelio afferrava il microfono e, alla fine dei suoi dotti e simpatici sproloqui, dalla platea si sollevava un vero tripudio di applausi.

In ogni discorso, il suo scherzoso incipit era…”Dopo una vita di sofferenze, di stenti, di tribolazioni, di pericoli e di mie continue sopportazioni di amici e parenti …eccomi ancora qua per dirvi che…” , e per un’ora abbondante era al centro dell’attenzione di tutti, conferenzieri e partecipanti.

Era ormai lui oltre gli ottanta e pensavo di stargli vicino, per essergli di aiuto e conforto nella sua vita..”di stenti, di sofferenze ecc…”,ma mi sbagliavo, non era proprio così: era Adelio che con la sua eterna verve, curiosità, profonda cultura, e simpatia rallegrava i miei giorni.

Ero per lui il “preumano de Bià”, che gli doveva ogni anno fornire due penne a lira della coda del gallo forcello per i suoi lussuosi cappelli tirolesi.

Finiti i tanti pranzi a cui era invitato, e dopo il caffè che lui voleva “potente e bollente”, chiedeva sempre a un fumatore una sigaretta e, per ubbidire al suo medico curante che gliela proibiva, scartocciava il tabacco di questa nel camino della pipa e così, diceva lui, ottemperava al comando.

Muore a Milano il 25 Aprile 2011.