23335540_10210363544231224_476494934_o

Foto di Angelo Lasagna

Relazione di Gianni Bernabè al convegno Internazionale di Cinofilia 2010 svolto a Lazise

Il titolo del tema che è stato assegnato a me e all’amico Gian Gaetano Delaini, potrebbe far pensare ad una caccia/ cinofilia astratta, quasi di sogno, invece come ben sapete, fa esclusivo riferimento all’altitudine degli splendidi palcoscenici che vedono protagonisti in una schermaglia esaltante, cani e selvatici. Viene chiesto a me, uomo di pianura, nato e cresciuto ai piedi dell’Appennino, di parlare di caccia e cinofilia in alta quota. Mi piacerebbe accostarmi ad un mio quasi compaesano, che pur mangiando tortellini alla bolognese, se lè cavava sulle nevi alpine molto meglio di tanti valligiani, ma mi accorgo che la cosa è pretenziosa e improponibile: “Tomba ha vinto due Olimpiadi, io con i miei cani in montagna non so fare neppure lo spazzaneve”.

Addestro i pointer sull’Appennino, dove abitualmente caccio in terreni duri, e con calanchi che pur non avendo le importanti dimensioni degli anfiteatri alpini, gli assomigliano per pendenza e asperità. Questo è l’impatto iniziale che do ai miei cani, e con queste difficoltà, capisco subito che soggetto ho per le mani, se un cane ci cava le gambe in simili condizioni con facilità, fatte le dovute esperienze si adatterà alle più ardue situazioni. Per l’ambiente che non ha subito modificazioni, e per la selvaggina assolutamente autentica, le prove specialistiche, sono quelle che pur essendo finzione, hanno le maggiori affinità con l’esercizio venatorio, di conseguenza non si può fare una netta distinzione, nella preparazione del cane da adibire a caccia o alle prove. L’importante è far maturare all’allievo, nel periodo che precede il dressaggio, quel bagaglio di esperienze, che gli permetteranno di meglio recepire il necessario addestramento per partecipare poi ai concorsi. In montagna la fatica si accresce e qui, più che in ogni altra forma di caccia, anche per far risparmiare passi al cacciatore, è indispensabile che l’ausiliare abbia buona conformazione, indomita passione e grande temperamento, sia instancabile alla fatica e di buon carattere. Queste sono a mio avviso, le fondamentali caratteristiche che un giovane deve possedere per potere essere avviato con buone probabilità di successo, a questa difficile disciplina. In seguito,con l’esperienza, la conoscenza del selvatico ed il mestiere, se disporrà di ferma solida, guidata tenace, specialmente a cotorni, e bella iniziativa, potrà diventare un cane da montagna.

La grande passione e la consapevolezza delle abitudini e dell’habitat in cui la selvaggina preferisce dimorare, gli faranno affrontare con determinazione anche i terreni più ostici: gli alti e fitti rododendri e le pietraie più scoscese, anzi sarà proprio li, che per le precedenti esperienze, (il cane intelligente ha buona memoria, anche se qualcuno lo chiama senso del selvatico) e per la voglia di incontrare, indirizzerà la sua cerca. Siamo tutti amanti di una razza ed è quindi normale desiderare che i nostri cani siano aderenti allo standard, e se dispongono di belle qualità, è una vera e propria fortuna, senza però dimenticare che lo stile è il naturale comportamento di ogni razza rispetto alle altre a contatto con la selvaggina e nel movimento, ma lo stile più importante, è quello più utile al conseguimento del rendimento.

E’ invalsa l’abitudine, tra gli appassionati delle prove specialistiche, di ricercare gli stalloni fra i soggetti che in queste si cimentano, come fosse automatica la trasmissione della loro specializzazione. Si tramandano le doti naturali, compresa la predisposizione all’apprendimento, ma la caratteristica, la particolarità, la si acquisisce solo, con il costante utilizzo. Poco si ricorre in allevamento al trialler che frequenta la grande cerca, ma sarebbe importante ottenere dal trialler le sue grandi doti naturali di temperamento e passione, per adeguarle ad un ambiente duro e difficile, moderandone le esuberanze e le eccessività, in funzione e a favore di questa magnifica caccia. Limitandoci ad allevare all’interno di una ristretta cerchia, è come ubriacarsi nella propria cantina, magari con del buon vino, ma forse sarebbe più gradevole almeno per qualche volta, farlo con lo Champagne. Per non far torto a nessuno, non voglio fare nomi, ma alcuni importanti cani da montagna, sono figli di famosi trialler, vincitori addirittura di Coppa Europa. La mia può sembrare una provocazione, sicuramente non intendo sminuire il lavoro di selezione che tanti cacciatori alpini stanno facendo, vorrei solo suggerire di guardarsi attorno e considerare anche i cani che partecipano ad altri tipi di prova. Nel Saladini, da alcuni anni, manca il grande specialista, il cane da montagna che quando sta correndo, tutti vogliono vederlo, nessuno vuol perdersi il suo turno. Questo non significa che manchino i bravi cani, ma mi riferisco a quel particolare soggetto che ci entusiasma, e stimola tutte le nostre attività, nella speranza che domani potremo averne anche noi, uno così straordinario, e il nostro pensiero e il nostro cuore volano alti nel cielo, sopra le nuvole.