Si parla spesso delle caratteristiche di lavoro del pointer in modo empirico senza, magari, aver mai letto lo standard di lavoro. Credendo di fare cosa gradita, oltre che utile, ai più procediamo alla pubblicazione delle caratteristiche di lavoro del pointer così come redatte da Carlo Speroni.
Categoria: Pointer Club
Franco Grassi è un personaggio assolutamente originale nel panorama degli appassionati della razza, un uomo che ha raggiunto risultati di assoluto rilievo continentale portando i suoi pointer a vincere ovunque e a conquistare titoli importanti quanto strameritati. Occorre districarsi un po’ tra le molteplici attività che la cinofilia offre ai suoi appassionati per riuscire a capire fino in fondo chi è davvero Grassi: penso che, alla fine di questo ritratto che tenterò di fare, un’idea di cosa in realtà sia una così poliedrica personalità sarà possibile ricavarla, ma, sono sicuro, altri tratti — anche diversi e persino contrastanti — potrebbe fornire chiunque lo conosca.
Così lo standard di lavoro del pointer: “L’andatura è di galoppo impetuoso, allungato, velocissimo”.
E, più innanzi: “Più che una cerca si direbbe una corsa sfrenata…”. Meglio che non lo sembri. E, se lo sembra, meglio che chi giudica sappia distinguere quel che sembra da quel che dev’essere.
Se i setter hanno un’origine pressappoco certa, se è possibile risalire nel passato fino alla formazione della loro razza, vi è grande difficoltà per arrivare al medesimo risultato per quel che concerne la classificazione delle razze di pointers.
Per noi, dopo accurate ricerche personali, dopo aver ascoltato i più eruditi allevatori d’Inghilterra discutere su questa materia, non restano, in sunto, nel nostro intimo, che probabilità ed incertezza. Ciascuno s’è lasciato andare a proprio gusto. I colori, la taglia sono diversi. Pointers bianchi e arancio, bianchi e marrone, bianchi e neri, neri e fuoco, tricolori, blu, tutte le sfumature sono state adottate dalla fantasia dell’allevatore ed essa non può oggi guidarci che nella individuazione di certe specie, più o meno migliorate, ma di cui è impossibile indicare la formazione prima.
Nota redazionale introduttiva e annotazioni di testo a cura di Umberto Zaccarini.
Stupirà forse il lettore nel rilevare come il saggio sul pointer di Rawdon B. Lee ricompaia su queste pagine a due numeri di intervallo dalla pubblicazione che ne fu fatta nella traduzione di Luis Zavattero. E’ d’obbligo, quindi, un chiarimento. Il testo comparso sull’annuario 1974/75 si rifaceva alla 1′ edizione dell’opera cinografica del Lee e ne rappresentava la stesura iniziale; quello di ora è invece ripreso dalla quarta edizione, successiva di dodici anni.
Ero un ragazzetto quando frequentavo il bar del paese e ricordo, come fosse ora, la frase di un vecchio che rivolgendosi ad un amico disse “se volete mandare una maledizione a qualcuno sperate che gli venga la passione della caccia e dei cani“.
Qualcuno deve avermi maledetto perché a 18 anni presi la licenza di caccia e cominciai a seguire mio padre, da sempre beccacciaio e setterista che, ancora non so il motivo, mi regalò una spinona alla quale tutti si aspettavano che mi affezionassi, ma l’amore non nacque e dopo un anno passai ad una setter inglese.
Le riflessioni di un allevatore di Pointer sui problemi che affliggono la razza e che determinano la disaffezione dei cacciatori.
Dopo una settimana di tribolazioni, costellata di file di auto bloccate nel traffico, di corse contro il tempo tiranno che non basta mai, finalmente arriva la domenica ed un cinofilo come me si sveglia all’alba per andare ad assaporare le gioie della propria passione cinofila: ed invece spesso sprofondiamo nelle più cocenti delusioni, che nel caso mio nascono dalla constatazione che la razza del mio cuore – cioè il Pointer – ahimé spesso non è il cane “completo”, con tutte le doti necessarie a fornire le soddisfazioni a cui il vero cacciatore aspira.
Considerazioni dell’ Avv. Franco Zurlini
pubblicate sul manuale “Il Pointer”
di Fiorenzo Fiorone edito nel 1976
dalla De Vecchi Editore
Si sono scritte mille cose mirabolanti su questa razza. “Il fermatore per eccellenza”, c’è stato chi lo ha definito, autorevolmente, richiamandosi all’etimologia: to point, fermare. E non credo che sia esatto. E’ un cane da ferma e basta, come tutti gli altri; e chi lo predilige, come me, non lo predilige perché “più da ferma” degli altri.
Tanto più che gli inglesi chiamano pointers (fermatori) tutti i bracchi.
C’è stato chi lo ha descritto come uno specialista per le grandi pianure prive di ostacoli, dove meglio può esplicare l’azione impetuosa di cui è capace.
Per cominciare restituite all’espressione l’eccelso significato: il puro folle non è che la generosa forza primigenia, non domabile che dal Destino, in difesa dell’umanità, il Sigfrido di Wagner, e non ha niente a vedere con la camicia di forza e la psicopatia.
Sublime concezione, spirituale immagine artistica del Genio.
Cinofilmente – absit iniuria – il puro folle è quel Wing, quel Xocrate, quella Quercia, quella Diva che non hanno nel loro bagaglio né la carta topografica né l’orario colle fermate e le coincidenze, che non vedono nel coltivo di grano di barbabietole soltanto il campo dove manovrare secondo itinerari prestabiliti e cenni diminutivi del conduttore, ma lo spazio da dominare, da violentare per snidare quelle starne che rinnovano al loro olfatto il senso primordiale della caccia; non gabbiarolai certo.