Chi tace evita noie e inconvenienti che invece capitano a chi non tace. Non sono d’accordo e non condivido tutti i proverbi a riguardo, tipo “il silenzio è d’oro”, “in bocca chiusa non entran mosche” o “il silenzio è la risposta dei saggi”, perché gli attribuiscono il valore della saggezza. Lo stolto che tace è forse un saggio? No. È scemo, così come tutti coloro che tacciono.
Categoria: Francesco Materasso
Poco dopo l’inizio del decennio in corso quasi tutti, dirigenti venatori, cacciatori e agricoltori e quanti ruotano attorno al settore caccia per interessi vari, sostennero che la caccia poteva avere un merito nel sociale. In concreto esiste una connessione tra le ragioni della caccia e gli interessi generali della società. Qualcuno dei soggetti su elencati sunteggi, per cortesia, gli sforzi culturali e organizzativi mirati a tale scopo.
Se la caccia è uno sport, cani e beccacciai sono atleti e in quanto tali non possono essere stoppati con il 31 gennaio per poi ripartire con il mese di settembre. Una stasi così lunga ti rovinerebbe nel fisico e nella mente. Più volte ho confessato che non obbedisco a tale norma.
Continuo ad autodenunciarmi e a maledire, a nome dei miei cani ed il mio personale, quei supponenti rappresentanti dell’associazionismo e della cinofilia di categoria, perché nulla fanno a che si inserisca tale licenza, fra l’altro possibile, nei calendari venatori.
Nel difendere gli imprescindibili diritti della caccia continua a essere di moda l’assenteismo culturale sia dei rappresentanti dell’associazionismo venatorio sia degli stessi cacciatori, con qualche sporadica eccezione. Se quello di base è grave, gravissimo è quello dirigenziale.
Tutto ciò è negativo non solo per la soluzione dei tanti problemi, ma per l’immagine negativa che mostriamo alla società, che a malapena ci sopporta. Bisogna, dunque e innanzitutto, essere preparati.
Sul beccacciaio numerosi sono gli articoli che leggiamo su riviste venatorie o siti web, particolarmente quando le beccacce arrivano nel nostro Paese. Tutti protesi, con opinioni, parole, bugie e tante immaginazioni a quantizzare le qualità che un beccacciaio deve avere. E questo ci può stare. Mi preoccupa la tanta sicumera nell’addurre che, oggi, dette qualità sono di solito tutte presenti in ognuno che pratica questa specialità di caccia. Bene, anzi malissimo! Sull’argomento, quel che scrivono alcuni pifferai, c’è di che perdere la testa. La prostituzione aggettivale è tale che c’è da preoccuparsi. Ma questo è quello che vogliono sentire o leggere quei giovani che aspirano all’arte di predare la beccaccia? No! Non voglio crederlo.
La Beccaccia
è, fra gli uccelli, uno dei più affascinanti e intriganti così come gli umidi e brumosi boschi che frequenta.
L’Abbattimento
non deve avvenire a tutti i costi. La sfida è tra lei, il cane e l’uomo cacciatore, anche se è lei che si trova in condizioni di svantaggio.
Vero Beccacciaio
è colui che non ostenta il carniere, ma colui che l’affronta col silenzio e nel silenzio del bosco, rispettando entrambi oltre ogni misura.
E, quando, la possiede sente esplodere dentro di sé un conflitto che oscilla fra
la gioia e la tristezza.
Chi ciò non avverte non può definirsi un beccacciaio.
E non c’è una via di mezzo: si è o non si è.
“Un bel giorno, di tanti anni fa, vidi cercare e fermare più di un beccaccino da due magnifici e superbi spinoni, condotti da due cacciatori. Uscii dall’appostamento e andai loro incontro. Li salutai, presentandomi. Erano due fratelli, che si dichiararono spinonisti e braccofili, fino all’inverosimile. E cercatori di beccaccini e beccacce e niente altro. Quelle beccacce che io dipartivo alla posta mattutina e serale. Fu l’incontro che segnò la mia futura vita di cacciatore. Una sera, anch’essa lontana, squillò il telefono di casa. Era uno dei due fratelli: Peppino, per dirmi che all’indomani sarebbero andati a cacciare nella Sila catanzarese, perché avevano avuto avvisaglie che le prime beccacce erano arrivate. E se volevo andare con loro, perché la mia presenza sarebbe stata gradita.