
Gian Franco Grosso con il setter Tilò, vincitore del trofeo Saladini 2010, e la pointer Bahia di Battanello .
Ovunque legga di prove cinofile e qualunque diatriba si accenda sul valore di queste ultime in rapporto all’attività venatoria, ho constatato il grande rilievo che gli esperti del settore, giudici, allevatori e conduttori, attribuiscono al c.d. cane incontrista. Si inneggia all’importanza di questa qualità come unità di misura della venaticità di un ausiliare, dote che insieme allo stile di razza e al coraggio dovrebbe rappresentare il trait d’union tra la caccia e le prove. Da più parti si chiede di non trascurare il c.d. istinto del selvatico, quello che Colombo riteneva “qualità non apprendibile in un cane da ferma”. Spesso si esalta il coraggio del trialler proprio inquadrandolo nella capacità di rischiare al di là del metodo abitualmente usato sul terreno al fine di trovare quell’unico selvatico che si nasconde sul terreno.
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