CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

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IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO di Mario Di Pinto

Foto di Mario Di Pinto

La precocità come qualità irrinunciabile dei Continentali italiani, per preservare la quale l’allevamento deve essere basato su veri cani da caccia.

Precoce o tardivo? Questo è il dilemma per Bracco italiano e Spinone. Se n’è parlato al Convegno sui Continentali italiani del mese d’agosto a Colle Val d’Elsa e l’amletico dubbio ha visto un nutrito schieramento di sostenitori del “tardivo”, avverso al quale la mia voce è stata pressoché solitaria. Solitaria ma veemente, come si addice al mio focoso carattere ed alla convinzione che scaturisce dall’esperienza, perché tutti i miei buoni cani sono stati precoci (e se ci fosse stata qualche eccezione, come tale avrebbe confermato la regola).

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QUAGLIE IERI E QUAGLIE OGGI di Mario Di Pinto

Spinone di Mario Di Pinto

La grande tradizione campana di caccia alla quaglia rivive nel racconto di una giornata di buon passo sugli altopiani appenninici.

Per noi sudisti la quaglia è il 50% della nostra caccia e ben le si addice l’aulico nome di “coturnix coturnix” datole da Linneo che, anche se svedese, era probabilmente campano nel cuore: solo così si spiega il fatto di aver forgiato per la quaglia un nome così altisonante. E infatti se la quaglia è il 50% della nostra caccia, lo ancor di più della nostra passione. Così è stato nel tempo, tanto che – quando la nostra pianura era tanto fertile da essere chiamata “Campania felix”, fra gli appassionati della caccia col cane da ferma c’era chi di quella alla quaglia aveva fatto una professione.

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SPINONI & SETTER IN LAPPONIA di Mario Di Pinto

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foto di Lucio Scaramuzza

 Una splendida settimana di caccia in Lapponia dove l’abbondante selvaggina deve essere conquistata in spazi sconfinati di incomparabile bellezza.

“Un viaggio così ti accorcia la vita – mi aveva detto Giancarlo Bravaccini – ma quando poi ci arrivi, l’ambiente e la selvaggina sono talmente belli che non vedi l’ora di tornarci l’anno dopo”. Ed aveva proprio ragione, non per l’incubo del viaggio, ma per la voglia di tornarci: posti del genere nella mente di chi ama la caccia diventano l’insuperabile mito dei nostri sogni. Non è facile comunicare a chi legge tutte le emozioni che questa esperienza mi ha procurato e perciò quel che scrivo va accettato più come cronaca che come racconto. Andiamo dunque a cominciare.

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CACCIA IN LAPLAND FIN DOVE LA TERRA CONFINA COL CIELO di Mario Di Pinto

foto di Mario di Pinto

Note di cronaca di una trasferta di caccia nella Lapponia Svedese. “Cammina fin dove l’acqua e la terra si fonderanno con il cielo … e sarai nel mondo degli uomini liberi … nel mondo dei Sami”. Ebbene, cacciare in Lapponia vuol dire abbracciare il credo del popolo dei Sami che da tempi immemorabili abitano quelle terre sconfinate; cacciare in Lapponia vuol dire vagare nella Natura sovrana, dove per centinaia di chilometri non esistono né case, né strade, né altre tracce di umani insediamenti, ma solo tundra e taiga, boschi enormi, fiumi, laghi e spazi infiniti. Sono territori che le mie parole non riescono a descrivervi e la cui vastità solo vedendoli potreste concepire, per affrontare i quali bisogna avere un fisico di ferro, opportunamente temprato da allenamenti preventivi: perché – oltre a munirsi del provvidenziale gps con cui orientarsi – bisogna caricarsi sulle spalle un pesante zaino con tutto l’occorrente per fronteggiare gli improvvisi mutamenti climatici ed i generi di conforto che consentano di affrontare dieci ore di marcia al giorno.

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Cotorne in Kirghizistan LA CACCIA ESTREMA di Mario Di Pinto

Mario, Giorgio e le coturnici

Cronaca di una settimana di caccia a coturnici sui monti del Kirghisistan. Eran due anni che mancavo dalla Kirghisia, anche perché la nostra passione della caccia è sempre sorretta dallo stimolo di forgiare cani con cui condividere le nostre emozioni … e per due anni non avevo avuto nuovi allievi a cui “far le ossa” in una caccia così selettiva. Quest’anno invece avevo programmato questa “tosta” trasferta anche in funzione della giovane Pointer e dell’altrettanto giovane Spinona, Bora: poi un incidente ha tagliato fuori la Pointer e la prospettiva è stata di affrontare sei giorni di quella caccia micidiale con solo la Spinona, sia pur resa affidabile dal precedente battesimo sostenuto ad agosto in Lapponia ed a novembre e dicembre sulle beccacce nostrane: quindi una settimana filata in montagna con un cane solo poteva forse riservare qualche problema, ma non avevo alternativa.

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LA SELETTIVITÀ OLFATTIVA di Mario Di Pinto

Foto del nuovo libro “IL POINTER IN ITALIA – 100 anni di storia di Felice Steffenino”

L’ imprescindibile ruolo della caccia nella formazione di un buon cane.

Le lunghe tournee trascorse a giudicare prove all’estero – come per esempio è avvenuto lo scorso mese di marzo in Serbia – sono occasione di riflessioni sullo stato evolutivo delle razze da ferma, proprio perché consentono l’osservazione di numerosi soggetti – fra i quali i più titolati del mondo – destinati ad essere i riproduttori più utilizzati. E quel che è più importante, questi cani vengono verificati su selvaggina di grande qualità (come per l’appunto le starne della Serbia) in ambienti ancora integri e di immutata bellezza naturale. Ma per rendere significative le mie osservazioni, ho l’abitudine di annotare sistematicamente alcune manifestazioni dei cani che giuidico, come per esempio il rapporto fra ferme valide e ferme in bianco (in proposito ricordo quanto ci insegnava l’Avv. Radice: “ferma” è una parola che si può usare solo se si palesa la selvaggina). E purtroppo debbo constatare che le false ferme sono sensibilmente più numerose.

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Coturnici che passione – di Mario Di Pinto

Censimento primaverile di coturnici sull’ Appennino meridionale

14191436_1097078557040616_664555585_oL’invito era di quelli a cui non si può dire di no: censire le coppie di cotorne in un vasto areale del nostro Appennino meridionale. Mio compagno, un inguaribile coturnat talebano, poenterista, uno di quelli che professano un solo credo: dopo il Pointer è tutto vano e che ha dedicato una vita a cacciare e censire questo nobilissimo selvatico in gran parte delle montagne d’Italia e d’Europa.

È uomo di poche parole, camminatore instancabile e grande conoscitore della montagna e delle sue insidie, profondo assertore del nobile credo “cacciare il più possibile, uccidendo il meno possibile”.

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IL FANTASMA DELLE SVERNANTI di Mario Di Pinto

Jack e Bull di Matteo Tebaldini

La pressione venatoria sulle beccacce per il crescente numero di coloro che si dedicano a questa selvaggina. Le astute difese delle svernanti mettono a dura prova le capacità di cani e cacciatori.

Italia, patria di santi, poeti, navigatori e – da un paio di decenni – di beccacciai, cioè di cacciatori (o sedicenti tali) ossessivamente dediti alla nobile rusticula, che si moltiplicano anno dopo anno gli uni ai danni dell’altra.

E come i fenomeni di massa, anche la caccia alla beccaccia ha creato un mercato parallelo velleitariamente specialistico di fucili, cartucce, abbigliamento, beeper ed indicibili diavolerie … per non parlar di cani la cui appartenenza a linee di sangue allo scopo selezionate vien vantata a destra e a manca, reclamizzando la disponibilità di cuccioli di sicura riuscita.

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QUAGLIE E COTURNICI PER SALVARE LE STARNE di Mario Di Pinto

Foto di Mario Salomone

Una trasferta in Macedonia dove si può cacciare magnificamente nel rispetto della selvaggina a beneficio della passione cinofila

Le cattive notizie sulla nidificazione provenienti dal Grande Nord ci hanno sconsigliato l’annuale viaggio in quei bellissimi territori. Parlandone con il mio amico Cecchetti, titolare dell’ADICA CACCIA,  abbiamo allora deciso di dirottare la trasferta verso la Macedonia dove lui gestisce bellissime zone ricche di starne, di quaglie e – in montagna – di magnifiche coturnici: il progetto è di gestire una zona in cui limitare l’abbattimento delle starne, facendo assumere a quel tipo di prelievo solo il ruolo di premio per qualche cane giovane che lo meritasse; del resto per chi ha voglia di sparare ci sono numerose quaglie… e per chi ha gambe buone e voglia di arrampicarsi in montagna non mancano gli incontri con magnifiche coturnici.

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LE INSOSTITUIBILI STARNE di Mario Di Pinto

20051031101755_p1010028Le prove su starne in branco quale indispensabile verifica delle qualità su cui basare la selezione del cane da ferma Il regolamento delle prove dei cani da ferma è stato originariamente scritto da personaggi che ben conoscevano la materia ed infatti per il Campionato di lavoro stabilirono che era necessario almeno un CAC a starne, poi ridotto ad almeno un Eccellente – sempre a starne. Ma la graduale scomparsa di questo prezioso tipo di selvaggina in Italia, indusse gli estensori del più recente regolamento ad accontentarsi di qualifiche su fagiani purché conseguite in zone DOC (ovvero dove si presume ci siano fagiani nati in libertà o quantomeno che abbiano un comportamento selvatico). Così facendo però è stato travisato il fine che le prove del Campionato di Lavoro dovevano garantire ovvero: le prove su starne mirate a selezionare i riproduttori; le prove su altra selvaggina per verificare i loro prodotti.

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