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Astro che a fermo abbaia alla tabella di confine

Come si spiega la capacità del cane di trovare la strada di casa anche a molti chilometri di distanza? Fatto questo abbastanza comune nel passato quando i cani vivevano liberi nei paesi,  è forse la stessa capacità che usa per trovare la selvaggina e che noi cacciatori chiamiamo senso del selvatico? Quando ero ragazzetto, guardavo come tanti ragazzi dei tempi, torna a casa Lessi, e la cosa che più mi è rimasta impressa è proprio la capacità dei cani di ritrovare la strada di casa anche a centinaia di chilometri. Questa capacità esiste ancora? Sempre più spesso mi capita di leggere biglietti affissi nei luoghi più strani smarrito cane, segue descrizione e numero di telefono. Il traffico, la vita non più libera dei cani moderni ha fatto perdere questa capacità? Personalmente credo che fra i cani che ancora hanno la possibilità di stare tanto tempo in libertà o a caccia ci sia ancora. Voglio raccontare alcuni fatti che ho vissuto di persona, che stanno a dimostrare le caratteristiche elencate nel titolo.

Vivevo ancora in famiglia con i genitori, già avevo un setter femmina Lola il suo nome. Da un paio di giorni frequentavo per lavoro una zona dove erano stati accampati diverse compagnie di girovaghi, giostrai che erano presenti come tutti gli anni per la tradizionale fiera, e avevo notato un giovane setter bianco arancio presumibilmente di 6/7 mesi girare libero in zona, pensai appartenere a loro. Quando finita la fiera del paese e le carovane partite oramai da un paio di giorni, essendo io, addetto all’allacciamento e distacco delle forniture elettriche dei giostrai, notai che il setterino era rimasto a girovagare solo. Il giorno successivo pensai tutto il giorno al bianco arancio e verso sera tornando a casa dal lavoro decisi di passare a vedere se il cane era ancora in zona, infatti era li, e, per il fatto che già lo avevo avvicinato nei giorni precedenti mi venne incontro scodinzolante, decisi di portarlo a casa. Lo caricai in macchina e lo presentai alla mamma che non ne fece una grande accoglienza, il giorno dopo con il papà fu molto peggio, mi impose di riportarlo dove l’avevo trovato.

A malincuore patteggiai per un paio di giorni, ma alla fine…. allora i papà a casa loro comandavano e io non avendo altra dimora, dovetti ubbidire. La mattina del terzo giorno, dopo averlo ben sfamato con carne che avevo preso di nascosto, lo rimisi in macchina e anche se con grande dispiacere lo abbandonai nello stesso posto dove l’avevo preso. Arrivo al dunque senza farla lunga, (sull’opportunità o meno del gesto), aggiungo solo che il setter era stato a casa dei miei due/tre giorni, era un cucciolone e il viaggio andata e ritorno lo aveva fatto in macchina, la distanza fra la casa e la zona dell’abbandono è circa tre chilometri.

La mattina successiva la prima ad alzarsi come sempre era la mamma, ma quella mattina si era alzate prima del solito perché aveva sentito grattare alla porta, bene il setterino era tornato di notte a casa, la mamma si sciolse. Ma il papà no. Come cavolo avrà trovato la strada di un posto dove aveva soggiornato tre giorni, avendo fatto il viaggio in macchina? Di casi simili ne esistono a migliaia, ma sicuramente erano più frequenti anni orsono.

Astro a quattro mesi già si capiva che avrebbe abbaiato

Il cane da me posseduto che più mi ha impressionato si chiamava Astro, ci misi parecchio a capire come condurlo, ma non vi parlerò di ferme o di quanto fosse bravo perché già ne ho parlato troppo, ma del carattere, della forza, dalla resistenza e degli istinti primordiali che emergevano in questo soggetto. Come per me è stato unico in positivo, il cane da Caccia per eccelenza, ma non parlo di stile, ma di passione di capacita di soffrire per essa, tanto lo è stato al contrario per mia moglie, ancora oggi mi ripete di averlo odiato per quanto fosse insopportabile, in mia assenza abbaiava in continuazione, e poi lei sostiene che era falso, perché il sabato e la domenica siccome ero a casa dal lavoro sembrava un agnellino.

Abbaiava apparentemente per niente, ma io so che abbaiava perché la caccia era suo unico pensiero, la sua passione incontenibile, il motivo per cui era al mondo, un istinto incontrollabile, primordiale, e che noia restare in canile.

Era il mese di Marzo quando portai il cucciolo che aveva quattro mesi alla baita di montagna, nel prato adiacente poteva sgranchirsi le gambe; dopo averlo fatto giocare per un poco, mi misi a rastrellare le foglie che si erano accumulate sotto il noce. Una volta ammucchiato le foglie, decisi che il modo più semplice per smaltirle era di bruciarle. Il cucciolo era nei pressi che giocava con un bastone, senza curarmene oltre accesi le foglie secche che dopo una fiammata iniziale, si consumarono lentamente producendo un fumo bianco e denso. Restai un poco a curare che il fuoco non si estendesse, poi quando chiamai il cucciolo non mi riuscì di trovarlo per oltre mezz’ora. Lo ritrovai, infatti, nascosto in un buco fatto nella terra sotto una grossa pietra, tremava come una foglia, aveva una grandissima paura del fuoco e del fumo. Un atteggiamento tanto forte di paura che considerata la giovane età, era chiaramente una paura primordiale, un cane comune poteva manifestare timore anche in maniera meno marcata.

Astro in un recupero aereo

L’idea che mi feci quel giorno fu appunto che nel cucciolone, fossero molto marcati istinti legati al passato di una razza ora domestica.

Successivamente sui sei, sette mesi, prima ancora di fargli incontrare la selvaggina ed abituarlo ad usare il naso, è mia abitudine portare i cuccioli a rincorrere le rondini. Nei mesi estivi le rondini sfiorano il terreno dei prati dove l’erba è stata falciata di recente, e il volo radente stimola i cuccioli a rincorrere. Questo serve a due scopi, vederli correre con il massimo impegno a rinforzare la muscolatura, ma anche fargli capire da subito che gli uccelli, volano, e non si riesce a catturarli, neanche correndo come dei pazzi.

Ma la sorpresa fu che oltre ad inseguire come una furia, il cucciolone, abbaiava rabbiosamente nel tratto di rincorsa che più si avvicinava alla rondine. Questa particolarità non certo tipica del cane da ferma la conserverà per sempre, latrava la beccaccia quando frullava, sopratutto se io non ero in grado di sparare. Fatto questo che mi tornava utile, considerata la cerca che sviluppava, allora si usava solo il campano e quando il cane era fermo a centinaia di metri non si sentiva. Sentivo e individuavo la posizione del cane, ogni volta che alzava la beccaccia, grazie all’abbaiata rabbiosa che gli indirizzava. Il giorno che la sua abbaiata, indirizzata alla beccaccia, fece partire la muta di segugi, dovetti discutere non poco con i lepraioli per persuaderli che non aveva fatto saltare una lepre, ma alzato una beccaccia.

Durante un’uscita primaverile sentendolo abbaiare a fermo, incuriosito, mi ero portato nei pressi, e scorsi un fagiano imbroccata su una grossa quercia, la pianta era coperta d’erica e inclinata alla base di un venti gradi. La sorpresa fu nell’osservare che Astro balzò sul tronco e aiutato dall’erica che lo fasciava, risalì fino quasi a raggiungere il fagiano. Perse l’equilibrio e cadde a terra da circa quattro metri d’altezza, a fatica riuscii a prenderlo e trattenerlo al guinzaglio, mentre tentava di salire nuovamente il tronco. Nella sua carriera di cane da caccia, ebbe la forza di catturare da solo tre caprioli, uno ferito può essere un caso, tre no. Il bello è che lo inseguiva al massimo trecento metri, o lo pigliava o rientrava a cacciare beccaccce.

Una mattina di metà ottobre avevamo deciso di cacciare in selva di Capovalle, Astro appena sceso dalla macchina parte a razzo, seguito dai due pointer di Gianfranco, ma dopo poco lo sento guaire, ritorna sofferente verso di me, e noto che ha un occhio chiuso, mi gira attorno ma non riesco a controllargli l’occhio che già è ripartito. Caccia fino a mezzogiorno e poi vedo che rallenta, è sofferente. Nel pomeriggio lo porto dal veterinario, purtroppo, per la botta presa aveva perso l’occhio, oddio l’occhio c’era ancora solo che diventò bianco, lo perse nel senso della vista. Forse aveva sbattuto contro un ramo ma avevo l’impressione che nella corsa sfrenata appena scesi dalla macchina, si fosse scontrato con un pointer del compagno di caccia. Di fatto, come sia successo non lo so, ma mi colpi l’affermazione del veterinario: “Non t’immagini il dolore che deve aver provato”. Nonostante ciò, Astro aveva continuato a cacciare senza calare l’andatura, tutta la mattina. 

Uno dei caprioli che Astro acchiappo senza sparare, aveva una lussazione al ginocchio.

Verso i dieci anni d’età, per un’ora abbondante, pensai di averlo perso per sempre. Aspettavo il mio compagno di caccia che sarebbe passato a prendermi presso casa, ma essendo in ritardo, anziché aspettarlo come d’accordo, m’incominciai verso la strada comunale, mi carico lo zaino e il fucile, cane al guinzaglio mi avvio. Sono le cinque e mezzo del mattino e buio e nebbioso, sento la macchina che arriva, ma anche Astro la riconosce, mi strappa di mano il guinzaglio e gli va incontro. Sulla strada in senso opposto purtroppo arriva anche una vecchia Fiat Panda, che lo prende in pieno, vedo il cane volare per dieci metri, sbattere sull’asfalto e guaendo, scivolare per terra ancora un paio di metri. Mi si rizzano i capelli, la Fiat Panda si è fermata, ha il paraurti di plastica staccato; il cane è a terra e continua a guaire. Mi avvicino, accarezzo il cane che si calma, e poco dopo riesce a stare in piedi. Il veterinario fino alle nove non lo trovo, portare il cane nel recinto e magari lasciarlo a guaire o abbaiare significa litigare con il vicinato, ma soprattutto con mia moglie, che aspetta solo che lo porti a caccia: “Che almeno sta zitto”. Lo carico in macchina, riposerà lì, arriviamo dopo un’ora nella zona di caccia, l’idea è di fare un giro con i cani dell’amico e poi ritornare in paese per portare Astro dal veterinario. Aperto il baule, il primo a saltare a terra è lui, lo lascio fare un momento, forse ha bisogno di sporcare, ma quando cerco di rimetterlo in macchina non ne vuole sapere: ha cacciato tutto il giorno e il veterinario non lo ha neanche visto.

Il fatto più curioso, che non mi sono mai spiegato completamente, sta nel fatto che in una certa zona che frequento, sul confine del comparto alpino ci sono le tabelle, una in particolare Astro non la soffriva. Più di una volta sentendolo abbaiare a fermo, sono andato a controllare e scoprivo il cane seduto che abbaiava alla tabella, l’ho anche fotografato mentre Mario cerca di farsi spiegare il perché, della sua antipatia verso la tabella di confine. A leggere non gli ho mai insegnato, il confine io lo rispettavo, ma lui spesso entrava, abbaiare alla tabella cosa significava? Aveva capito che impediva la mia collaborazione? Questi i fatti, ma penso che tutti quelli che posseggono cani da caccia e non, possano raccontare episodi che convalidano le non comuni capacita di questo essere vivente.