Ora avvenne che una sera, a mezzo dicembre,  Linuccio affondava la bilancia nei chiari , sotto un salice contorto giù del promontorio di Ripa.

Il cielo era serenissimo e la luce della luna e delle stelle dava alle onde riflessi e lampeggi quasi a fiorirle nella spuma di latte. Egli aveva calata la bilancia ed attendeva. Fantasticava sulla lontra, su Liliana, sul passo iniziato dei palmipedi…

A un punto la rete fu travolta come da uno strappo di turbo, e la lancia si rimescolò tutta in un vortice torbido. Con mossa fulminea Linuccio trasse di schianto fuori la rete e…mirabile ! Una splendida forma, lucente e vellutata, squassava e sfondava furiosa le maglie…Linuccio non seppe che fare, non seppe che pensare chè tutta gli fuggia la verità.

Che meraviglia gli si offriva mai ? Che era quel fulgore di stelle nella rete ?

Ora la lontra per Ripa c’era, bisognava dunque averla, E di lì il cacciatore divenne pazzo, deliro. In una pratica che non sapeva nè logica nè riposo, frastagliava i falaschi, rovistava i fossi, esaminava il limo.

Avveniva che Linuccio aveva smesso ogni costume della vita normale; con barba da selvatico batteva tutta notte la melma della valle, e gli spiaceva  pure se c’era la luna unica a scoprirlo nei suoi itinerari ombrosi.

Quella sera il giovane farneticava e smaniava. Poco dopo il promontorio del ponte, allo sbocco di un fosso nel fiume, a mezzo tiro dal capanno in dirupo, la lontra  ogni notte era a siesta: la vedevano sempre e glielo riferivano gli anguillari di su.

Era stato fino a tardi in vigile attesa, tutto intabarrato nella cacciatora e con una sciarpa di lana un dito, perché la lieta coincidenza gli faceva sperar buono quella notte.

Notte d’incanto! Il fiume chiaro come vetri sotto il più ridente plenilunio che mai, spartiva come una lama la contorta vallata.

Linuccio era in ginocchio sui sarmenti, e la più viva speranza gl’infocava il cuore. Sentiva freddo e le carni gli dolevano in quella positura, ma lui starebbe piuttosto stecchito, assiderato, né avrebbe lasciato quel sarmento.

Intravvedeva in lontananza, laggiù, una dolce figura che veniva..

–  Aspetta ! – voleva gridare Linuccio – per amore del Cielo !

Dall’altra banda infatti, sul viottolo che correva sul fiume, moveva lento lento un animaloccio vellutato.

Era la lontra senz’altro: la riconosceva, era la stessa che gli aveva sfondato le maglie.

  • Aspetta tanto ch’io spari !

Linuccio non fu più in sé: strinse lo schioppo , ritrovò la mira.

Correva Linuccio a raccoglierla, a gridare, a piangere..

 –    E’ roba tua, è tua, finalmente Liliana, Liliana cara…   

Tommaso Di Nallo  – Diana gentile  – Edizioni Sia Bologna, 1958