E’ ancora buio pesto. Ansanti, io con Diana e l’amico Marco con Toby, arriviamo su a Meggiana a 1600 metri.
E’ un agglomerato di case in pietra, vecchie baite di pastori e stalle per alpeggio, in tutto una ventina circa, la più parte ristrutturata come case estive e alcune dell’amico che mi accompagna.
…Si sale, io davanti, a dettar ritmi lenti, adeguati all’età, con Diana al guinzaglio che spesso tirando.. aiuta, dietro Toby e Marco e.. i suoi giovanili pensieri di neo papà. Si sale con affanno, in silenzio, accompagnati dal rumore di un ruscello, sul sentiero brinato e sotto la luce delle stelle.

…Con passo lento ma costante, circa alle sette siamo sul posto. E’ un freddo pungente, le luci delle baite, ormai laggiù, tremolano ancora, ma le stelle cominciano a sbiadire e la luna, velata da una nuvola sfilacciata, sta per lasciare esplodere l’alba, che quassù è sempre violentata dal sole. Siamo sudati, sfiliamo dalle bretelle dello zaino la giacca a vento, la indossiamo e ci fermiamo a riprender fiato e ad ammirare a sinistra, là in fondo alla valle, lo splendore del Rosa, che coi suoi quattromila già illuminati dall’alba, risplende di un colore inverosimile ed indescrivibile. Completamente innevato, sembra lì, a portata di mano, quasi lo si possa toccare. Il bianco della neve è sfumato di rosee tonalità, con i ghiacciai più scuri, sul grigio azzurro; più giù le creste, in ombra, e su, la vetta immacolata, inondata di pieno sole. Peccato è.. non essere cacciatore-pittore, depositare il sovrapposto, accucciare il cane e impugnare il pennello..
…Marco con Toby perlustra una zona fitta di rododendri, ed io, con la mia setterina, più sotto e in parallelo a lui, avanzo a mia volta fra i gli alti rododendri, fra gli avvizziti mirtilli, gli ingialliti lamponi, fra rocce e radi cespugli di ontani nani in accentuata pendenza.
Si fatica molto… si cammina col fucile nella mano sinistra e con la destra, per non cadere, ci si attacca ai tenaci e duri arbusti.
…Andiamo avanti per circa un’ora senza il minimo accenno di “ferme”, di segnali di selvatici… Ridiscendiamo e ci mettiamo in formazione come prima; Marco su e avanti ed io più in basso. Avanzando fra le solite difficoltà di percorso, ad un certo punto vedo l’amico che, più in alto, in silenzio, ma con gesti concitati e con una mimica convenzionale concordata (braccio teso in avanti), mi segnala che Diana è in ferma. Non la vedo… salgo un poco e con miglior visuale, finalmente la intravvedo, stirata in perfetto stile di razza vicino a un masso. Ridiscendo un poco e senza far il minimo rumore, mi apposto pronto e ben in equilibrio sulla sua verticale.
Aspetto in silenzio e non succede niente: nessun dei due contendenti vuol far la prima mossa. Afferro un vicino pezzo di legno secco e lo lancio in direzione, sopra la roccia. Il “Diavolo nero” esplode in aria fra il masso e i rododendri. Mi sfianca velocissimo in giù sulla sinistra, butto dietro la prima botta e di seconda, davanti, recupero il bersaglio….
…Grazie vecchia e fedele Diana, grazie Marco, e grazie anche a te vecchio e smunto Berrettino S56 in 20, e un “bravo!”, perché no?, anche al nonno cacciatore…
…Sei un bellissimo maschio. Onore a te.
Perdonami, Vecchio Gallo, per averti tolto la libertà di amoreggiare fra i tuoi monti, di avere spento la luce nei tuoi occhi. Non vedrai più le innevate cime del Rosa, all’alba non rugolerai più sul vecchio e rinsecchito larice, e mi dispiace. Sono un vecchio cacciatore alpino; da tanti anni ti inseguo e perseguito, con passione e fatica e, soprattutto, ora che si avvicina anche per me la fine di cacciar lassù… perdonami!
Non sei l’unico, quanti non so, certo molti, ma Dio non voglia l’ultimo.
Tu sei stato, come tanti anni fa, come il mio primo: gli stessi brividi, la stessa immensa emozione.
Romano Pesenti
SENTIERI DI CACCIA — N. 2, Febbraio 2003