Sbarcammo a Barcellona in una buia serata di ottobre: quattro amici già con gli scarponi ai piedi e le verdi catane di velluto addosso, diretti a colombacci sui Pirenei catalani; ma ancor sulla banchina del porto fummo “abbordati” da un loquace taxista locale, il quale, per capacità imbonitiva simile al più classico piazzista partenopeo, in virtù anche dell’ora tarda, riuscì invece a convincerci ad andare l’indomani mattina a pernici a Fonts Caldetes, una riserva ad appena una mezz’ora d’auto dalla città.

Mandorleti, ulivastri ed assetati vigneti sopravvivevano inspiegabilmente su una terra argillosa e color mattone recintata e suddivisa da una ragnatela di muretti a secco: “Aquì mañana por la mañana hacerèmos un ojeo de perdices muy bonito”- ci solleticò sorridendo un abbronzatissimo guardiacaccia, strizzandoci però anche l’occhio con un inquietante: “pero vosotros tiene buena punterias?”. Quelle parole, infatti, mi fecero tornare di colpo alla mente tutto quello che avevo letto e sentito dire sull’ojeo, cioè sul tiro alla pernice rossa quando questa picchia all’ingiù ad ali chiuse: sapevo questo essere uno dei tiri più difficoltosi dell’intero universo venatorio, ma oramai eravamo in ballo..… L’indomani mattina, ancora a buio, fummo schierati tutti e quattro ai piedi di un piccolo colle scosceso, distanti un centinaio di metri l’uno dall’altro: ognuno di noi era accompagnato da un guardiacaccia recante un secondo fucile, cartucce, una piccola lavagna e relativo gessetto. I minuti scorrevano interminabili nel graduale incedere della luce, quando, sul far dell’alba, in uno squarcio di chiaro davanti alla mia postazione, tutto ad un tratto mi parve di intravedere una piccola, quasi evanescente sagoma volante, e poi più nulla. “Ola!!,… Ola !!… porquè no ha disparado ?”- iniziò ad imprecare l’iberico accompagnatore. “Ma perché, fammi capire: quella specie di UFO era una pernice? Ah!.. se son tutte così, stiamo freschi!!..”. La visione di quella sfuggente, quasi impercettibile meteora si ripetè davanti a me di lì a qualche minuto, ed una mia disperata stoccata non sortì alcun effetto: “No! No! No bueno! Usted no tiene buena punteria”- digrignò sconsolato, scuotendo la testa, il catalano. “Alla prossima, voglio provare un altro sistema!”… – pensai fra me. Dopo qualche secondo, un terzo bolide mi si ripresentò davanti agli occhi nel cielo, ma stavolta, sullo scandire del microistante dalla sua percezione, scaricai tutti i cinque colpi del mio Breda nel vuoto davanti ad essa,…così,…con un “anticipo” che offende pure il concetto balistico del termine: rafficai infatti alla cieca sopra di me, in uno spazio dove nessun uccello, percepito volare con quella traiettoria, si sarebbe mai potuto trovare in quell’istante. Un variopinto fagotto di piume mi precipitò invece morto ai piedi, ed il guardia, nel raccogliere la bellissima, rossa pernice, si industriò in un consolante sorrisino: “Bueno”. Incredibile! per la prima volta in vita mia mi trovavo a sparare ad animali senza neppure intravederne la sagoma! La traiettoria della quarta pernice, ancora, non fu per nulla… “intersecata” da una mia nuova rabbiosa raffica ma proseguì la sua picchiata verso il basso facendo fischiare l’aria attorno a sè. Quel… “San Lorenzo” di “rosse” meteore cadenti proseguì per un’altra mezz’oretta, e, davvero non so come, riuscii a colpire miracolosamente qualche altra pernice, facendo registrare però una media finale di tiro che faceva inorridire: su trentun pernici sparate, solo otto si dondolavano a testa in giù dal lacciolo di cuoio, ma il moro guardiacaccia, nel contarle rapportandole alle cartucce da me esplose, se ne uscì fuori con un insperato “No malo”. I miei compagni di caccia, una volta riunitici per la successiva cerca coi cani, avendo fatto registrare medie ancor più infelici della mia, scivolarono ipocritamente nell’accampare scuse di tutti i tipi, alcune delle quali trasbordanti della più risibile ridicolaggine. E più tardi, a tavola, dietro una siepe di bottiglie di vino vuote e dopo aver familiarizzato coi guardiacaccia, uno di essi ci raccontò di un loro cliente, nobile madrileno, il quale era solito con due fucilate centrare entrambe le prime due pernici che gli si presentavano, prendere fulmineamente dalle mani dell’accompagnatore la seconda doppietta, e con quella riuscire ad abbattere in aria altre due pernici prim’ancora che la prima delle quattro avesse toccato il suolo!! A quel punto un mortificante sconforto dovette sbiancarci i volti fino ad allora paonazzi a causa delle abbondanti libagioni….. Il giorno seguente, in viaggio verso nord con la speranza che i colombacci pirenaici fossero un po’ meno “coriacei” delle pernici catalane, fummo costantemente accompagnati dal dubbio se quel guardiacaccia, con la storia di quel nobile madrileno, ci avesse presi per i fondelli alla stregua di quel taxista di Barcellona, da tutti noi ora volutamente ritenuto…“a percentuale” con quella riserva: “Ma tu vatti a fidare di questi burloni di spagnoli!”- continuavamo sconsolati a ripeterci…..

Remigio “Remo” Venturini