*Fotografia di Eugenio Gherardi

Nonostante io sia quasi ugualmente appassionato di caccia e di fotografia, mi accorgo oggi, scorrendo indietro le tante-tantissime immagini di tutti questi anni, di non essere riuscito ad immortalare, bene come avrei voluto, la vera azione dei cani al lavoro sul selvatico. La caccia è già di suo un’attività parecchio complessa che richiede non poche attenzioni. L’uso di un’arma nell’ambiente boschivo, inoltre, necessita di enorme prudenza e concentrazione. Quando, poi, ci sono di mezzo i cani, nella loro comprensibile ed innata concitazione, naturalmente un occhio deve seguire il nostro percorso e l’altro il loro lavoro. L’incontro con la selvaggina, soprattutto se quest’ultima è dotata di ali, è una questione di attimi in cui le attività di cui sopra devono coordinarsi con efficienza per la buona riuscita del tutto. Uomo, ambiente, cane e fucile devono, in definitiva, conoscersi l’un l’altro alla perfezione.

In questo antico, stupendo e magico esercizio che è la caccia alla penna con il cane da ferma (ma che può essere anche quella alla lepre con il segugio od il recupero di un ungulato con quello da traccia) poco spazio è di solito materialmente concesso alla fotografia. In verità a tutti i cacciatori piacerebbe avere immagini dei propri ausiliari in azione eppure sono pochi-pochissimi i fortunati ad esserne davvero in possesso! Certo, è possibile ricostruire la scena a posteriori o mettere in posa Fido con gli uccelli abbattuti, per la tradizionale foto ricordo, ma parlando di vere immagini dinamiche le cose si fanno più complicate. Salvo il dono di una terza mano, o quelle fantasiose telecamerine da applicare sulle canne del fucile che si vedono solo in televisione…oppure, più semplicemente, la presenza sul campo di un efficiente e generoso compagno di caccia, non ci sono molte altre possibilità di riuscita. Come testimoniare allora agli amici “Quella guidata che solo Bull sa fare nel bosco sulla regina”?!Quante volte, unici testimoni della scena, vorremmo lasciare le mani dai legni della doppietta per scattare una magnifica istantanea al nostro setter fumante che mastica l’effluvio gattonando come una pantera sulle foglie imbrinate d’autunno!? Momenti che non torneranno più e che meriterebbero pure il brivido di veder frullare la “regina” senza esser riusciti ad imbracciare il fucile (e mi è già capitato!) eppure, anche accettando questo rischio pur di avere una bella fotografia del cane in ferma, la cosa non risulta facile, per due motivi fondamentali. Il primo perché la caccia si svolge prevalentemente nel bosco, dove per definizione le luci sono il più delle volte molto difficili: si passa da zone fortemente illuminate ad altre quasi buie. Il secondo è dat proprio dalla difficoltà oggettiva di inquadrare il cane, soprattutto frontalmente, se è nel fitto o in leggero movimento, mettendone in evidenza la tipica movenza, l’espressione ed insieme l’ambiente circostante in cui si sta svolgendo l’azione. Portarsi a caccia una reflex con obiettivi intercambiabili non è il massimo della comodità, un po’ per il peso e l’ingombro e un po’ anche per la laboriosità che il suo impiego richiede. Salvo che non abbiamo a disposizione un amico fotografo, buon camminatore disposto a seguirci e a strisciare nelle spine per  un autentico reportage, (e non ne conosco molti di volenterosi a certe ripetute levatacce… soprattutto in inverno!), dobbiamo in qualche modo cercare di arrangiarci. Oggi però con le compattine tascabili le cose sono un po’ più facili per noi cacciatori, la definizione e l’affidabilità sono assai migliorate anche nell’ambito di quelle più a buon mercato e perfettamente tascabili. Sono inoltre molto semplici da utilizzare in modo assolutamente automatico e le schede di memoria come le batterie hanno un’autonomia pressochè illimitata. La possibilità di girare anche qualche piccolo video non è da scartare e la maggior parte di quelle oggi in commercio sono dotate di un sistema di stabilizzazione che ne permette  l’uso con una sola mano o addirittura camminando lentamente. Io, personalmente, cerco di tenere la piccola digitale nel taschino sul petto in modo da poterla estrarre all’occorrenza senza togliere la mano destra dal fucile…e infilando il cinghietto attorno al polso, evito che mi cada, se di colpo sono costretto a lasciarne la presa per portare la sinistra sull’astina e sparare. Certo, è una manovra che da un lato può far rischiare di farci far male entrambe le cose e dall’altra può togliere gusto, autenticità e concentrazione alla vera azione di caccia. Diciamo che ogni tanto… magari con qualche fagiano di fine mattina, dopo tre-quattro belle azioni, ci si può anche concedere qualche foto in più e qualche uccello in meno nella cacciatora! Tecnicamente, sia che si impieghi attrezzatura professionale che tascabile, consiglio sempre di porsi al livello dei cani, quindi accucciati o tenendo la fotocamera all’altezza del terreno. Valutiamo anche il colore del manto dei nostri amici a quattro zampe: cani neri o scuri, come i gordon o i labrador neri richiedono qualche stop in più di sovresposizione. I cani bianchi al contrario, se l’ambiente attorno non è al sole tendono a “bruciarsi” perdendo ogni sfumatura, quindi è necessario sottoesporre manualmente, se possibile.E’ buona norma, infine, impostare tempi rapidi di otturazione per evitare il mosso ed escludere manualmente il flash automatico che dà spesso effetti pessimi su erbe in primo piano o sul pelo bagnato.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo qualche padella e qualche foto sfocata!!
In bocca al lupo.
Stefano Franceschetti   www.StefanoFranceschetti.com