Foto di Angelo Lasagna

Da genitori intelligentissimi discendono troppo spesso figli incolori e degeneri e viceversa. Non vi consiglierò però mai di allevare accontentandovi di riproduttori di scarsa intelligenza: a contatto con l’uomo, la famiglia, la casa, il cane dà manifestazioni di alta comprensività, giungendo fino a connettere. Fra i più intelligenti nella vita familiare troverete quasi sempre i più dotati per la caccia, perché il cane non è mai macchina da ferma e riporto, e la caccia richiede cervello capacissimo e sveglio, spirito di osservazione, iniziativa, prontezza di decisione e carattere, tanto nel cane che nell’uomo.

Puttini parla di un sesto senso nel cane da caccia, per me si riassume nell’armonica rispondenza dell’olfatto, dell’udito, della vista, della locomozione, governati da vigile attenzione e da ardente bramosia di scovare; quando le facoltà dell’animale sono diligentemente tese al raggiungimento del fine, i più intricati problemi di ricettività, di tempestività e di accostamento sono facilmente e vantaggiosamente risolti.

Ci sono deficienti che scorazzano in cerca disordinata senza far distinzione fra un selvatico e l’altro come dovessero sempre incontrare gabbiarole imbalsamate e gallinelle, soggetti per i quali il pantano o la stoppia non fanno differenza, e passano da ferme cosiddette sbalorditive allo sloggio totale della selvaggina, spaventata dalla loro irruenza. In questo sono incoraggiati da malintesa indulgenza, frutto di estetismo di seconda mano, che vorrebbe veder nel cane il portento sempre sotto pressione, l’esuberante senza controllo, accecato dalla passione dominante che, trascinato dall’ardore come l’ubriaco dall’alcool, si avventa sull’emanazione e quando, su dieci, ferma un capo con un rovescio o una schiacciata gli battono le mani, e lo persuadono che quello è il vero modo di comportarsi: sprecarne nove per azzeccarne uno, il quale uno si è lasciato sorprendere o perché menomato o perché, in buona fede, non immaginava che quell’energumeno l’avesse proprio con lui. Ne ho visti in marcita delinquenti di quella sorta, capaci di rovinare una giornata di caccia, a me non più di una perché faccio presto a sbarazzarmene.

Sentite cosa dice Huge: “Un mio specialista incomparabile per la caccia in palude sapeva distinguere immediatamente le diverse specie di beccaccini. Sulla sorda di passaggio manteneva il galoppo, ma se il vento portava il gran beccaccino molto più leggero, lui abbordava la palude, naso al vento, vi entrava con precauzioni così minuziose da non fare alcun rumore nell’acqua.”

Con buona pace di quel mio amico che ai suoi verdi anni, pretendeva che i pointer galoppassero in marcita.

L’intelligenza è garanzia dell’ottimo impiego dei mezzi a disposizione, anche nei cani i genialoidi sono superflui, e l’intelligenza è costante, precisa, metodica e non tollera voli repentini e subite lacune. Che opinione avreste di un tiratore che di norma abbattesse un capo difficile dopo averne mancati venti facili? Che lo fa per sbaglio, precisamente come il cane. Soltanto una indisposizione può giustificare la non esplicazione del raziocinio, ed allora è menomazione transitoria di tutte le facoltà.

Huge commenta: “Nei cani da seguito e nei cani da ferma, salvo qualche eccezione, si riscontra sempre correlazione fra le qualità fisiche e psichiche”.

Foto di Alessio Mascia

E Colin: “Un cane può possedere olfatto sviluppatissimo ma se è di natura distratto, se non ha passione per la caccia, gli capita di dar dentro perché il suo cervello ha avuto un attimo di disattenzione. L’olfatto non costituisce che un mezzo, ma importa al di sopra di lui un cervello sempre all’erta, a tal punto che un cane di grandissime possibilità fisiche come l’olfatto, ma di cervello difficile all’applicazione continua, sarà meno interessante che un cane dai mezzi olfattivi limitati, ma dall’attenzione costante”.

L’intelligenza è manifesta soprattutto nell’abilità dello scovare: vi sono cani pur dotatissimi di olfatto che non trovano, altri che “fanno nascere il selvatico”, come dicevano i nostri vecchi cacciatori. E’ l’istinto che li guida, è l’audacia, è la pratica della selvaggina: nello stesso terreno ho visto un setter ardente e una pointer moscia, il primo bloccare cinque coppie di starne là dove l’altra non aveva incontrato, e come olfatto erano, se non pari, prossimi.

Scendendo di macchina, in Lomellina, destinato il “giro” da percorrere e rimandato l’autista ad attendermi in altra località lontana, mollava Daisy e mi avviavo nella direzione stabilita; più di una volta la setter si avviò dalla banda contraria e, sorda ai richiami, cominciò il lavoro con una classica ferma, seguita da altre che mi portavano a finire in tutt’altra località.

Bravo, mi dirà qualcuno, e l’addestramento del cane? E l’obbedienza? Premesso che io dell’obbedienza del cane in linea di massima non so che farmene, PREFERENDO OBBEDIRE IO A LUI quando mi dimostra di saperla più lunga di me, il disagio di reperire poi la macchina era largamente compensato dall’esito della caccia: controllai infatti più volte che nella direzione da me scelta non si trovavano tanti beccaccini come in quella preferita dalla setter.

Santa possibilità di cacciar solo e non aver altra guida che il proprio istinto, la propria rabbiosa passione.

Colazioni su una roccia, al margine di un fosso io e il cane, soli a complimentarci, soli a ristorarci, per riprendere dove la selvaggina ci chiama. E saltar la colazione anche, fa bene: provate.

L’intelligenza è la dote che con la passione accomuna il cane al cacciatore, le funzioni sono diverse ma il compito identico e solo con l’intelligenza di entrambi perseguibile.

Ricordo alcuni episodi occorsimi dove i cani dimostrarono doti intellettive ammirevoli. Uno di loro, avendo io fatto una coppiola a starne al margine di un robineto me ne riportò una sola, né ci fu modo di fargli rintracciare l’altra, pedinata via disalata. Dopo mezz’ora, seduto a colazione, il simpatico e valentissimo compagno accucciato vicino a me, reclamava la sua porzione con sommessi brontolii. Ancora in collera lo redarguii: va via, va a cercare la starna.

Si alzò serio e se ne andò. Pensai si fosse accucciato nel bosco poco lontano, impermalito. Dopo un quarto d’ora, eccolo di ritorno con la starna. Quel giorno per lui ho quasi digiunato.

Un altro, gran recuperatore, mi riporta una starna rotta d’ala, io stendo la mano per prenderla, lui apre la bocca per darmela e la starna fila svelta nella macchia. Lui parte e dopo qualche minuto ritorna con la starna… morta.

Un altro ancora, nelle brughiere, sotto la sua ferma con un triplo smonto due starne, una terza si alza a campanile e va a cadere lontano al margine del bosco; la seguo con l’occhio, persa! Il cane non l’abbandona con la vista e vedendola cadere parte al galoppo e la riporta, trascurando le due prossime e sicure.

foto di Angelo Lasagna

Il più arrabbiato cacciatore da me posseduto, teneva la ferma per ore ed ero costretto spesso a cercarlo nei coltivi e nella macchia. Quando entrava in uno di quegli spessi boschi di robinie che deliziano le nostre contrade, la vegetazione in pieno rigoglio, e dove non è possibile sparare, e si arranca a stento ed a strapponi, si comportava come un cane da pagliaio e in un quarto d’ora sloggiava starne, fagiani e lepri, quanti ne incontrava, senza fermarne neppure uno; di tanto in tanto compariva al margine del bosco a constatare come me la cavavo io ed aiutarmi a raccogliere le vittime, poi riprendeva la sua funzione di repulisti. Tornando in campagna si ricordava di essere ortodosso fermatore e guidatore. Caro compagno, non so cosa penserà di te qualche eccelso addomesticatore, ma so molto bene cosa pensarne io, tanto da rimpiangerti sempre, e a te, nel tuo Eden canino, sarà di conforto.

Ma dimentico che sto redigendo un libro quasi sull’addestramento del cane; guai però all’istruttore che non sia da tanto da imparare dall’allievo quanto sia utile spesso sbagliare a tempo e a tono. Come sarebbe noiosa la vita se non ci fossero gli errori salutari a renderla sopportabile. La mia, ad esempio, fu una sequela di errori, eppure sarei disposto a riviverla a patto che non ci fosse nulla o ben poco di cambiato, se mai qualche errore di più.

L’intelligenza il cane la rivela soprattutto con lo sguardo, non scegliete mai un cane dallo sguardo selvaggio, torvo; scegliete quello che vi guarda sicuramente, da pari a pari. Non avete mai provato un senso di disagio sentendovi fissato a lungo dal cane?
Segno che non avete la coscienza tranquilla, o che non ne avete.

di Giulio Colombo Tratto da “Il cane da ferma”