Capisco perfettamente questo pensiero!
Bambi, di volta in volta, può essere un capriolo, un daino o un cervo. Nessuno può rimanere indifferente vedendo uno di questi animali ucciso accidentalmente in un incidente stradale o volontariamente nell’esercizio dell’attività venatoria. (Non parlo di uccisione da parte di un bracconiere: è attività illegale! È furto ai danni dello stato e nessuno dovrebbe mai pensare o permettersi di effettuarlo).

Non sono una persona particolarmente sensibile ma credo impossibile non provare emozioni positive vedendo un capriolo che esce dal bosco con passo timido e titubante per iniziare il pascolo, sempre attento a esaminare e cercare di capire ogni rumore o movimento per giudicarne il rischio.

Viene voglia di dirgli: “sta tranquillo! Ci sono qui io a controllare che non ti succeda niente di male!”

Ho visto un branco di cerve all’imbrunire in un pascolo di montagna in primavera: emozione!

Ho incrociato daini maschi in Sardegna che procedevano con passo regale, attenti ma consci della loro forza; di nuovo: emozione!

Quella che nei paesi centro europei viene definita “selvaggina rossa” nel nostro immaginario è l’emblema stesso del bosco, della natura.

Pensiamo al bosco, alla “natura” e ce l’immaginiamo col suo corredo di cervidi!

Rimangono fuori, almeno parzialmente, da questa visione bucolica I cinghiali: neri, brutti, zannuti. Un po’ ci fanno paura! Sono maiali travestiti: se non ci fossero, tutto sommato, non dispiacerebbe!

Più ungulati ci sono più il bosco è sano?

Esistono visioni estremiste: da una parte coloro che negano all’uomo la possibilità di qualsiasi intervento sugli alberi e sugli animali; dall’altra i cacciatori più biechi che reputano che gli animali selvatici, tutti, siano “selvaggina” messa lì per il loro piacere.

Vale la pena fare alcune considerazioni.

La “natura” così come la conosciamo non è tanto naturale!
Nel corso dei secoli l’uomo ha plasmato il suo habitat per le sue necessità. Non importa che l’abbia fatto in modo conscio o inconscio: è così!

I Boschi sono rimasti ed hanno prosperato dove altri tipi di coltura non avrebbero dato risultati vantaggiosi: il rapporto costi/beneficio sarebbe stato sbilanciato a favore del costo!

L’uomo, comunque, ha continuato a ricavare appezzamenti coltivati a graminacee per procurarsi la pagnotta quotidiana e ha falciato I prati per alimentare gli animali che avrebbero fornito latte e carne.

Questa gestione obbligata delle zone montane ha portato all’incremento di specie come le lepri e le pernici, tanto per citare le più conosciute.

L’uomo ha sfruttato il bosco per il legname da costruzione, per quello, fatto a pezzi, per scaldarsi d’inverno, per le castagne ed I funghi…

L’elenco potrebbe essere lungo!

L’abbandono della montagna all’inseguimento del benessere della pianura e dell’industria ha lasciato la montagna incolta e il bosco ha preso il sopravvento. Hanno iniziato a prosperare, negli ultimi trent’anni, prima I cinghiali e, poi, I cervidi.

Il bosco è estremamente prezioso: fornisce ossigeno!

Il bosco, poi, è bello!

Gli estremisti ambientalisti pensano che si debba dare al bosco la possibilità di trovare I propri equilibri e, quindi, che sia sbagliato intervenire in qualsiasi modo.
Se gli spazi fossero enormi e la popolazione umana scarsa come, dicono, in Canada, sarei forse d’accordo.

Il bosco è un organismo vivente fatto di piante ed animali. Nel corso dei secoli nasce, cresce, matura, invecchia e muore, come qualsiasi popolazione che abbia spazi e risorse limitate.

Nel piccolo: un pascolo abbandonato produce, all’inizio, erbe in abbondanza poi le erbe vecchie impediscono lo sviluppo di quelle nuove riducendo l’utilità del medesimo per gli animali erbivori. Non verrà più pascolato e inizieranno a crescere cespugli ed arbusti che ne peggiorano ulteriormente la qualità poi…

Sarebbero bastati un paio di sfasci annuali con conseguente fienagione per mantenerlo efficiente!

Quando studiavo mi hanno insegnato che l’utilizzo del pascolo a scopo zootecnico prevede una rotazione di animali: prima cavalli, poi mucche, poi pecore ed infine capre. In questo modo si garantisce uno sfalcio uniforme e si mantiene una giusta proporzione fra essenze vegetali diverse senza che nessuna prenda il sopravvento a discapito delle altre.

Un pascolo eccessivo con sole capre porterebbe alla distruzione, un pascolo solo di cavalli, di bocca raffinata, vedrebbe scomparire le erbe a loro più gradite con il proliferare delle meno preziose.

Lo stesso vale per gli animali selvatici creati per sfruttare, insieme, le erbe selvatiche. Un eccessivo “carico” di una determinata specie influenza negativamente le altre per problemi di concorrenza alimentare; numeri totali eccessivi porta a danneggiare prima I pascoli poi le foglie degli alberi giovani per arrivare a danneggiare il bosco stesso.

Perché il bosco, la natura, sia sano dobbiamo pensare all’utilità di tagli programmati e studiati che permettano in base alla vita delle piante di avere sempre le varie fasi del ciclo di crescita: nel bosco vecchio cresce poco e niente e le foglie sono solo nella parte più alta. Penso che perché il bosco effettui in modo ottimale il suo ruolo di produttore di ossigeno debba essere ricco di foglie e che, quindi, sia necessario sempre anche un adeguato territorio di bosco giovane in crescita.

Sono concetti vecchi e sfruttati in modo scientifico nei paesi centro europei; ci torneremo!

Se torniamo ai nostri Bambi dobbiamo considerare che nello studio del benessere animale in allevamento sono state definite 5 libertà principali.

Alcune di queste libertà non sono applicabili agli animali selvatici come la disponibilità di ricoveri adeguati (seconda libertà) o la quarta che prevede che possano dimostrare il comportamento specie specifico, o la quinta che prevede l’assenza di paure e disagi. Non sono applicabili proprio perché il benessere in allevamento si ispira alle condizioni naturali: se un coniglio è nato per avere una tana forse la preferisce ad un cuscino!

È importante invece considerare la prima libertà: libertà dalla fame e dalla sete e la terza, libertà da malattie e sofferenze.

Nel bosco convivono molte specie animali e, a ciascun soggetto, deve essere garantita la possibilità di alimentarsi in modo adeguato non nella bella stagione ma in inverno quando il cibo è scarso!

Foto di Mario Salomone -Forcelli primavera 2018-

Basta organizzare adeguate mangiatoie! Certo! Il problema è che con l’aumento della popolazione aumenta, per una immutabile legge naturale, anche il numero di malattie parassitarie o infettive come la cheratocongiuntivite infettiva che tante morti ha causato fra camosci e stambecchi, per esempio nel Parco del Gran Paradiso.

La carenza di cibo o le malattie, inoltre diminuiscono, per altra legge naturale, la fertilità con un invecchiamento progressivo della popolazione in oggetto.

La riproduzione è un evento fisiologico che può svolgersi solo in condizioni di benessere: ciascuno ha conosciuto signore che volevano fortemente un figlio e, non riuscendo, si stressavano e, pur sane, non riuscivano a procreare. Quando hanno accettato la loro “impossibilità” come per miracolo sono rimaste incinte ed hanno partorito!

La “natura” non può essere considerata un lusso ma sicuramente ha un costo che tutti reputiamo debba essere sostenuto ma…da altri: lo Stato, per esempio, che, purtroppo, ha altre spese più urgenti!

Il bosco, la natura, comunque può fornire, se adeguatamente gestito, risorse che permetterebbero una notevole autonomia: la vendita di legname pregiato, la raccolta e la lavorazione dei frutti di bosco dei funghi e dei tartufi e se consideriamo anche gli animali ci sono persone disposte a pagare “profumatamente” il diritto d’abbattimento della selvaggina. Le carni, poi, come succede nel centro Europa, possono essere vendute a parte e si tratta di carni importanti sia per caratteristiche organolettiche che alimentari!

Il bosco, eliminate le prese di posizione irrazionali ed illogiche, può, deve, fornire lavoro e mantenersi da solo per il benessere di tutti quanti.

In Danimarca, mi risulta, il corso di studio per diventare “forestale” dura ed è difficile quanto quello per diventare medici!

Ho letto vari libri scritti da cacciatori professionisti tedeschi ed ungheresi: il loro ruolo era quello di affiancare il lavoro del forestale per avere tenute con il miglior equilibrio possibile fra componente vegetale ed animale per un utile ottimale, e protratto nel lunghissimo periodo, per il proprietario.

La legge italiana ha modificato la qualifica degli animali selvatici da “res nullius” (cosa di nessuno) a “res omnium” (cosa di tutti o bene indisponibile dello stato): forse non è sufficiente!

Sicuramente non è sufficiente la cultura della natura dei cittadini italiani troppo impegnati a pensare solo al proprio interesse sia che si pensi alle frange estremiste dei cacciatori più biechi sia si pensi agli animalisti ad oltranza che vedono gli animali solo in televisione nel loro salottino in pieno centro!

L’Italia è un paese lungo e stretto, con una significativa preponderanza di montagne ed un capitale architettonico e artistico eccezionale. Il compito di una vera classe dovrebbe essere quello di disegnare uno sviluppo volto a difendere quanto madre natura ed I nostri antenati hanno costruito. Ha anche, mi pare, un “piccolo” problema di sottooccupazione.

La “gestione” corretta della natura potrebbe essere un sistema per “creare” nuovi posti di lavoro e per tornare a valorizzare intere zone appenniniche ed alpine senza dover continuare a pensare a nuovi impianti sciistici che, vero, portano ricchezza ma allo stesso tempo danneggiano il territorio.