12138343_10207607863777372_6875539591654741073_oSul beccacciaio numerosi sono gli articoli che leggiamo su riviste venatorie o siti web, particolarmente quando le beccacce arrivano nel nostro Paese. Tutti protesi, con opinioni, parole, bugie e tante immaginazioni a quantizzare le qualità che un beccacciaio deve avere. E questo ci può stare. Mi preoccupa la tanta sicumera nell’addurre che, oggi, dette qualità sono di solito tutte presenti in ognuno che pratica questa specialità di caccia. Bene, anzi malissimo! Sull’argomento, quel che scrivono alcuni pifferai, c’è di che perdere la testa. La prostituzione aggettivale è tale che c’è da preoccuparsi. Ma questo è quello che vogliono sentire o leggere quei giovani che aspirano all’arte di predare la beccaccia? No! Non voglio crederlo.

Per decenni si è fatto sempre riferimento all’assioma che quella alla beccaccia è “Una caccia non per tutti”. E allora! Viene spontaneo chiedersi: che ce sotto questo appiattimento? È giustificato? O è un nuovismo totalizzante al solo fine di creare proselitismo per un selvatico più selvatico? A chi ha degli interessi, dentro e oltre frontiera, lo stomaco gli si contorcerà. Io, come tanti, ho motivo di dissentire. La caccia alla beccaccia è una pratica non facile, seria e speciale e come tale dovrebbe essere presentata, trattata e cacciata. E gestita più e meglio della selvaggina stanziale: a partire dagli habitat che frequenta..

Questo mio modo di argomentare non vuole e non è riferito, indistintamente e in eguale misura, a tutte le riviste venatorie, a singoli articolisti, a questa o quella pubblicazione online. Vuole solo cogliere ed evidenziare un aspetto, un comportamento assai generalizzato e massificato: diffuso, sempre più spesso, fra i molti. Stando così le cose, abbiamo si o no qualche ragione per essere preoccupati?

Nel mio terzo libro, scrissi che “La categoria dei cacciatori, così come ogni altra, presenta nell’ambito della stessa tipologie differenti per vocazione e/o attitudine, per carattere, per educazione e per comportamento”. E collocai il beccacciaio fra il cacciatore specialista (senza la frequentazione di alcun corso) e quello naturalista-conservazionista asserendo che è un cacciatore speciale e diverso, perché “… vede e sente quello che gli altri non riescono a vedere e sentire”.

Uno che ama il suo cane, al pari dei boschi che frequentati dal suo prediletto pennuto. Instancabile nel camminare, attento osservatore e contemplattore di tutte le infinite manifestazioni della natura. Dal tiro a volte ragionato e altre dal tiro rapido. Dotato di self-control, poiché fa funzionare entrambi gli emisferi de cervello coniugando la parte logica con quella eterea. Ossequiente della legge anche quando non è del tutto condivisa. Uno, infine, che non tiene conto solo degli abbattimenti ma la qualità dei loro realizzi. E quando più l’abbattimento è difficile, tanto più si appassiona. Per questo e altro, alcune volte, nel suo intimo, prova quasi vergogna nel sentirsi accomunato alla categoria dei cacciatori in generale, specie se sparatori.

Per acquisire tali doti bisogna lasciarsi alle spalle l’eventuale mal vissuto venatorio. Per diventare un vero e bravo beccacciaio necessita di molta esperienza. Meglio se sotto la guida di uno che lo è già, sempre disposto a trasfondere la sua esperienza, che non abbia perso l’antico fervore e che in lui scorra, ancora, il sacro fuoco della passione beccaccia. Uno disposto a spiegarvi conoscenze e furberie della beccona. Ascoltatelo e memorizzate tutto ciò che vi dice. Jimi Hendrix, a tal proposito, diceva:”La conoscenza parla, ma la saggezza ascolta”. Il pratica bisogna fare tanto di gavetta. Soprattutto per temprare carattere ed energie mentali e fisiche. Senza questo preliminare sul campo si è destinati al fallimento o alla mediocrità, allo sfinimento psicologico dal quale non è facile uscirne. E che spesso, molto spesso porta allo svigorimento o all’abbandono.