Finlandia (stefanofranceschetti.com)

Le leggi per indennizzare i pastori e gli allevatori in genere dei danni che subiscono a causa della predazione di lupi ed orsi sono ormai vecchie di decenni. Quando furono approvate sembrò un successo, la soluzione dei conflittuali problemi che da sempre avevano diviso il mondo rurale della montagna appenninica da quello ambientalista di città, strenuo difensore di orsi e lupi e della fauna selvatica in genere. Purtroppo queste leggi hanno solo alleviato il problema, perché ci ha poi pensato la burocrazia a complicare le cose, rallentando le pratiche per ottenere i risarcimenti, consentendo un cavillare che ha spesso impedito un pronto intervento e, soprattutto, un equo rimborso dei danni subiti. Difatti, le leggi non prevedono mai i danni indiretti (esempio, la perdita di agnelli per armenti gravidi o la mancata crescita di agnelli e vitelli; per non parlare del danno affettivo, che spesso esiste anche se molti si fanno un risolino al sentirlo così definire!), né un danno da conteggiarsi secondo il reale prezzo di mercato. Ma questo sarebbe il meno. Il problema è che spesso, per varie ragioni (ed è il caso, qui, di dire, di “lana caprina”), non tutti i danni sono indennizzati; poi ci sono i ritardi dei pagamenti, ritardi che diventano insopportabili per pastori ed allevatori che si ritengono ingiustamente danneggiati. In Abruzzo e nel Lazio è recente la protesta, quasi un “gridare nel deserto”, di allevatori che hanno subito danni di decine di capi sbranati da lupi ed orsi e che per ignote ragioni (almeno all’opinione pubblica) non sono stati indennizzati. E’ recente la protesta di allevatori che lamentano addirittura anche il ritardo dei sopralluoghi da parte degli agenti preposti (veterinari, guardaparco e guardie forestali), con esposti finanche all’autorità giudiziaria a tutela dei loro diritti. Vero è che spesso questi allevatori non possono propriamente dirsi rigidi sul rispetto delle regolamentazioni ambientali in merito all’uso dei pascoli loro assegnati; forse è anche vero che in alcuni casi non di lupi ed orsi si tratti, ma di cani malnutriti o ipotetici “randagi o inselvatichiti”. Ma se non si vorrà presto leggere di nuove notizie di orsi e lupi avvelenati od impallinati è necessario che le autorità: mettano da parte le loro remore sull’indennizzare o meno un certo danno solo per i dubbi in merito all’animale predatore che lo ha causato o per altre ragioni; provvedano severamente a disciplinare il pascolo almeno nelle aree protette, possibilmente favorendo quello ovino (magari con incentivi) a quello equino e bovino, più impattante sull’ambiente e di minore utilità trofica per la fauna selvatica; puniscano severamente chi non rispetta le regole, ma anche rimborsino immediatamente e completamente i danni a chi li subisce. Ritardare i sopralluoghi quando sono prontamente segnalate le uccisioni di capi di bestiame, cavillare sul fatto se trattasi o meno di lupo o di cane o se si poteva o meno pascolare in certe aree è un modo perfetto per incattivire persone già predisposte a difendere i loro armenti con propri mezzi. Ed incattivire e rendere nemico dichiarato di lupi ed orsi un allevatore è il miglior modo per spingerlo ad atti di autodifesa di propri diritti ed interessi; atti che rischiano di portare all’estinzione se non il lupo, almeno l’orso marsicano. Poi sarà solo inutile, di scarsa soddisfazione e costoso, dargli la caccia giudiziaria! I pastori e gli allevatori possono essere i migliori amici di lupi ed orsi, ma anche possono trasformarsi nei loro peggiori nemici, come si è già visto nel recente passato. Pensare solo a punire i colpevoli di misfatti dopo che questi si sono verificati serve a poco ed ha dei costi non indifferenti; soprattutto oggi che anche la sola perdita di un individuo di orso bruno marsicano mette a rischio la sopravvivenza dell’intera popolazione. Indennizzare sempre e comunque i pastori e gli allevatori per i danni che denunciano, saldando loro il prezzo reale di queste perdite è il migliore modo per ridurre quella di orsi e di lupi. Un modo anche per preservare una ruralità che sta sempre più sparendo, a danno anche della biodiversità dell’Appennino. Far divenire i pastori i migliori amici dell’orso è anche un metodo per salvarlo. Non pagare la perdita di un capo per controversie in merito sul chi lo abbia ucciso, pagare male e/o pagare in ritardo i danni subiti da un allevatore è come non pagare; perché non si allevia la sua rabbia né l’istinto di rivalsa verso gli animali predatori.