IMG_0291

Quanto è difficile far crescere un buon cane da montagna

Come prima domanda direi che è parecchio aleatoria….
il problema non penso sia una questione di caccia alla tipica alpina, oppure di caccia alla beccaccia, quanto piuttosto della densità di selvaggina che si incontra sui terreni nei quali si caccia. Il cane che non avrà la fortuna di cacciare in certi paradisi terresti al di fuori dei nostri confini è giusto che si abitui alla penuria fin da subito. La scarsità di selvaggina può diventare un problema quando si deve dressare un soggetto da prove, dove al momento del frullo del selvatico si va a ferire il nostro ausiliare nell’amor proprio. Il buon soggetto arriva comunque dove deve arrivare, semplicemente ci metterà un po di più per far tesoro di tutte le esperienze che gli servono per farlo diventare un grande cane da caccia.

Aspis L’inizio della storia

Per quanto riguarda la linea di sangue che utilizziamo dobbiamo tornare indietro ai primi anni 90, cinque generazioni di cani…. Il tutto inizia con Aspis, un setter bianco nero avuto in regalo da un mio grande amico e grandissimo cinofilo Gerardo Marco. La storia di Aspis culmina con la vittoria di Coppa Europa nel 1997, sul suo libretto di lavoro ci sono 36 Cacit, 52 Cac qualche eccellente e nessun molto buono.
Un trailler senza limiti,con una facilità di incontro che per ben tre anni gli ha garantito un posto nelle squadra di Coppa Europa, e per altri due anni nella squadra del campionato europeo setter. Fortuna mia, ora con Davide e Andrea al mio seguito direi:fortuna nostra il buon cagnone messo in riproduzione ha saputo trasmettere tutto ciò che di buono correva nel suo sangue. In un accoppiamento parecchio indovinato con la Brouk del buon Virano  si è superato, tanto che nel 2000 tre fratelli di cucciolata Boss,Borg, Boniek (al secolo Paco) partecipano al Campionato Europeo su selvaggina di monte, poi vinto dal Boss, lo stesso anno il Paco da parte suo vinceva il Trofeo Saladini Pilatri, impresa riuscitagli ancora nel 2001 e 2004. Tutt’ora è l’unico cane ad aver vinto tre volte
questa prestigiosa competizione.

La svolta l’incontro con Alvaro Ricci

E’ alla terza generazione che secondo me c’è un cambio radicale nei nostri cani…. l’incontro con la buon anima di Ricci Alvaro (allevamento del Varo) ha portato delle grandi e profonde variazioni. Cani più testoni, con grandissima avidità e mentalità. Il capostipite dei montanari è Poujol del Varo al secolo Caino, mai nome fu cosi indovinato.

Il Caino non ha vinto nulla di particolare, anzi è stato un soggetto nel quale ci hanno creduto in pochi, ma ha avuto il merito di regalarci il Lupin dello Zorino , e qui dico regalarci a ragion veduta perché ormai Davide e Andrea fanno parte della squadra.

Lupin dello zunino il sogno che si avvera

Lupin è il cane che ogni cacciatore, cinofilo o allevatore sogna.
Anche lui come tutti gli stalloni che ho usato in questi anni un grande regalo me lo ha fatto, ma per il momento preferisco non parlarne, spero di poterne parlare in un intervista futura, chiaramente se il soggetto in questione sarà degno di nota. Scusatemi se con il discorso delle genealogie mi sono dilungato un pò, ma ne vado molto fiero.

Comunque in tutti questi anni ho cercato di selezionare quello che è il cane ideale per il cacciatore di montagna, cacciatore che parte dalla macchina un paio di ore prima che sia giorno e torna alla macchina quando è buio, e questo lo fa con il sole, con il vento e con la pioggia.

Il vecchio detto che ogni cacciatore ha il cane che si merita per me è più che mai valido.

Il cane ideale per la caccia in montagna

Non me ne vogliano le agenzie che organizzano viaggi cino-venatori, ma io sinceramente questo discorso non l’ho mai sposato. I cani devo imparare a soffrire, e a capitalizzare quelle occasioni che la poca selvaggina presente sul nostro territorio offre. Io ho cacciato per quasi quarant’anni sulle mie montagne, mi sono sempre divertito, e mi diverto tutt’ora. I cani che hanno le palle emergono anche con poca selvaggina anzi…

Setter e beccacce

Ora mi toccherà affrontare un discorso nel quale non mi ritengo uno specialista, cosi come non ritengo specialisti i nostri ausiliari. La caccia alla beccaccia in montagna è una caccia alla quale mi sono affacciato solo una quindicina di anni fa.

Qualcuno sentirmi dire soltanto una quindicina di anni fa si metterà a ridere, qualcun altro che dopo quattro o cinque uscite pensava già di aver capito tutto dovrà almeno riflettere un attimo.

Noi, cosi come i nostri soggetti ci adattiamo a questo tipo di caccia, ma non mi sento sicuramente di dire che sia il modo più giusto di farla……fucile in spalla rigorosamente scarico, silenzio assoluto, sempre sugli stradini, viottoli o sentieri che si voglia, mai nel bosco, sono loro i nostri ausiliari i veri interpreti della caccia, noi non siamo altro che gli spettatori delle magiche sfide che ogni anno si rinnovano tra questo magico folletto e i nostri amati setter. Il cane da montagna portato a caccia di beccacce cercherà di adattarsi più o mene bene in base alle proprie capacità a questo tipo di attività venatoria ma non sarà mai uno specialista.

Se poi per ausiliare beccaciaio intendiamo il cane che caccia in pianura lungo i fossi, nei boschetti, oppure negli intrighi del sottobosco della maremma sicuramente sarà diverso dal cane che caccia la beccaccia come ripiego a causa di calendari venatori troppo ristretti che dopo poche uscite ti chiudono la caccia alla tipica fauna alpina.

La beccaccia è un animale che si adatta a degli abitat completamente diversi a seconda di dove si trova, ed è proprio qui che viene fori il discorso dello specialista, del cane che ha casa sua conosce ogni angolo del bosco e ogni possibile rimessa. Correggerei la parola specialista con mestierante. Il cane che ha la beccaccia nel dna saprà far la differenza ovunque a casa sua e no, se non nel modo di cacciarla sicuramente sulla facilità di trovarla e ancora di più di ritrovarla sulle rimesse.

Quanti cani per la beccaccia

Andrea Mariani risponderebbe : con il branco… i puristi risponderebbero con un cane solo, io dico che un soggetto giovane affiancato ad una coppia di bravi cani adulti ci può stare.

Per quanto riguarda la scelta campano o biper

E’ proprio su questa domanda che casca l’asino… se avete letto con calma quello che ho scritto prima, e se considerate la mia non più giovane età la risposta dovreste essere in grado di darvela da soli.

Collegamento e raggio d’azione

Prima di rispondere a quest’ultima domanda vorrei solo precisare che il collegamento del cane non va confuso con il raggio di azione. Ho visto cani cacciare le pernici bianche a 500 mt sopra di me, ispezionare ogni angolo di roccia senza scendere a volte per più di mezz’ora eppure avere un collegamento eccezionale.

Detto questo direi che la caccia con il cane che apre parecchio e molto meno faticosa e sicuramente più comoda, è una caccia d’orecchio, il campano ci deve dire cosa sta facendo il cane, e di quest’ultimo bisogna avere massima fiducia. Con il soggetto che va accompagnato per il bosco perché il suo raggio è più corto si è più partecipe all’azione del cane, si conoscono tutte le sfumature del bosco, gli angoli più nascosti e quando serve si può collaborare con il proprio ausiliare, incitandolo, oppure correggendolo quando si ritiene che esso sbagli.

Per concludere vorrei solo dirvi non prendete per oro colato quello che ho scritto, queste sono le idee di un appassionato di setter, di montagne e di beccacce che vede la caccia a modo suo e che ora sta pure invecchiando. Un abbraccio a tutti quanti.