Oggi chi frequenta qualche fiera o legge le riviste di caccia sa che cosa e dove geograficamente é collocato il Kirghizistan ma a fine novembre del 1995 io non sapevo che esistesse una nazione che si chiama Kirghizistan.
Ero in ufficio in altre faccende affaccendato, quando la segretaria mi passa una telefonata di Giorgio che senza troppi preamboli mi dice che vuol andare a metà gennaio a caccia di cotorne in Kirghizistan e di non fare troppe storie perché devo andarci anch’io con Cesare e Renato.
“ Almeno posso sapere dove diavolo é il Kirghizistan”? gli chiedo
“ di preciso non lo so bene neanch’io, mi risponde, ma vedrai che prima di partire te lo dico” ….
Ad attenderci a Biskek c’era Simone Giacomelli (Black) che ci aveva preceduti di qualche giorno.
Quando l’aereo iniziò le manovre d’atterraggio e usciti dalle nuvole cominciammo a vedere terra, quello che vedemmo fu neve e soltanto neve .
La quantità di neve era tale che tutto sembrava livellato e le pieghe del terreno erano ormai sparite e indicate soltanto da dei chiaro-scuri disegnati dalla neve stessa, guardandoci negli occhi facemmo un gesto come a dire :..e adesso cosa facciamo? .
Sbarcando dall’aereo ci accolse un bel freddo, ma quello lo avevamo messo in conto, era la quantità di neve che ci lasciava molto perplessi.
Oltre a Black c’erano i nostri accompagnatori che gentilissimi ci aiutarono a sbrigare velocemente le pratiche doganali e poi ci caricarono su un pulmino UAZ per portarci alla casa di caccia in mezzo alle montagne.
Noi assistevamo a tutto questo quasi senza aprir bocca, sinceramente ero convinto che non avessero capito il tipo di caccia che avremmo voluto fare, d’altro canto avevano visto che avevamo i cani con noi, io li guardavo con attenzione, li avevano caricati su di un altro pulmino che ci seguiva, senza dare alcun segno di meraviglia, anzi li guardavano e li accarezzavano come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Noi invece eravamo letteralmente basiti, ovunque guardavi vedevi solo neve: neve ghiacciata sulle strade, neve ghiacciata sulle piante, se poi guardavi le montagne verso cui eravamo diretti, vedevi questa bellissima catena di monti con picchi e vallate completamente bianchi , senza neanche un centimetro libero dalla neve, nel frattempo era uscito anche il sole e lo spettacolo era sicuramente magnifico, ma non riuscivamo assolutamente a capire dove e come avremmo potuto andare a caccia.
Avevamo tentato di chiedere spiegazioni a Valerj capo degli accompagnatori che farfugliava qualche parola d’italiano, imparata per l’occasione, ma spiegarsi era molto difficile, poi eravamo stanchi morti per il viaggio, e lui continuava a ripeterci un unico ritornello.. “tante cotorne” che da un lato ci faceva piacere, ma dall’atro non riuscivamo a capire come avremmo potuto cacciarle in quelle condizioni.
Anche Black faceva lo gnorri, sorrideva sotto i baffi ma una spiegazione convincente a questa situazione non ce la dava.
Eravamo stanchi, ci coprimmo bene con le giacche a vento disponibili e dopo esserci messi un po’ più comodi tentammo di appisolarci dando più retta alla stanchezza che alla curiosità
A dire il vero, la curiosità di vedere per la prima volta questi posti mi tenne sveglio, attraversammo vari villaggi costituiti da casette molto modeste con attorno l’orto e alcune piante da frutto, da queste case, saliva dal camino un esile filo di fumo, che anziché far pensare ad un camino acceso e scoppiettante accentuava la sensazione di freddo e di gelo, in compenso i bambini giocavano e si trainavano con le slitte, erano bianchi e rossi e vedendoci passare ci salutavano felici e poi tanta gente a cavallo come non avevo visto in nessuna parte del mondo.
Dopo un paio d’ore di macchina uscimmo dalla strada principale e cominciammo a salire verso le montagne, ormai parlare di strada mi sembrava un eufemismo perché si trattava, in realtà, di una pista ghiacciata piena di sassi che s’infilava in una valle dentro queste montagne.
Iniziammo a salire e dopo le prime morbide salite del fondo valle, entrando davvero nella parte più scoscesa della valle di colpo, il pulmino si bloccò, guardammo fuori e davanti a noi cera un bel gruppo di starne che camminavano veloci lungo la pista, presero una ventina di metri e s’involarono andando a mettersi in un canalone alla nostra sinistra. Ma non era finita: sulla nostra destra un bel gruppo di coturnici, saranno state una quindicina, salivano velocemente a piedi lungo un ghiaione, fu allora che ci rendemmo conto che li non c’era neve, ma proprio niente, scendemmo dal pulmino e girandoci verso la pianura da cui salivamo, scoprimmo che le montagne, le stesse che guardandole dalla pianura erano completamente bianche, erano invece completamente senza neve.
Anche questa volta restammo basiti, ma per motivi letteralmente opposti, fu allora che Black scoppiò in una sonora risata e ci spiegò che su queste montagne é quasi sempre così il lato a sud é sempre privo di neve e anche dopo le nevicate, se non sono intense , nello spazio di qualche ora la neve si scioglie e devo dire che nei tanti anni di frequentazione di questi posti, ho verificato più volte tale fenomeno
A quel punto ci eravamo svegliati davvero e l’umore del gruppo era cambiato radicalmente, intuivamo che ci attendeva forse una delle più belle avventure di caccia.
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