Foto del nuovo libro “IL POINTER IN ITALIA – 100 anni di storia di Felice Steffenino”

L’ imprescindibile ruolo della caccia nella formazione di un buon cane.

Le lunghe tournee trascorse a giudicare prove all’estero – come per esempio è avvenuto lo scorso mese di marzo in Serbia – sono occasione di riflessioni sullo stato evolutivo delle razze da ferma, proprio perché consentono l’osservazione di numerosi soggetti – fra i quali i più titolati del mondo – destinati ad essere i riproduttori più utilizzati. E quel che è più importante, questi cani vengono verificati su selvaggina di grande qualità (come per l’appunto le starne della Serbia) in ambienti ancora integri e di immutata bellezza naturale. Ma per rendere significative le mie osservazioni, ho l’abitudine di annotare sistematicamente alcune manifestazioni dei cani che giuidico, come per esempio il rapporto fra ferme valide e ferme in bianco (in proposito ricordo quanto ci insegnava l’Avv. Radice: “ferma” è una parola che si può usare solo se si palesa la selvaggina). E purtroppo debbo constatare che le false ferme sono sensibilmente più numerose.

Sia chiaro che quando il cane avverte emanazioni provenienti da “fatte” o “spennate” gli sarà consentito segnalarle con un arresto brevissimo, a cui deve però far seguito l’immediata e spontanea ripresa della cerca: ma in molti casi così non è ed il cane rimane immobile mentre il conduttore ne  giustifica il comportamento indicando la presenza della fatta o sollevando da terra le penne residue che fa platealmente svolazzare in aria. Ma se riconduciamo le esibizioni a cui assistiamo nelle prove all’esercizio della caccia, allora ben sappiamo quanto sia frustrante andare a servire il cane – magari in cima ad una ripida collina o al di là di un calanco – e scoprire che era stato ammaliato da una deiezione che – pur se di nobile selvaggina – sempre cacca è!. Ed ecco perché personalmente riservo a queste mistificazioni un giudizio severo. Per contro invece alcuni cinofili d’oggigiorno si beano della “postura” (termine che adesso va molto di moda) evidentemente perché in loro non vi è l’impellente bisogno di ricondurre la prova alla “caccia cacciata”, quella vera, per la quale i nostri cani sono stati creati dalla sapiente selezione praticata dai nostri padri. Ma l’alta frequenza delle ferme a vuoto è anche dovuta allo scriteriato ricorso ad addestramento coercitivo che crea – come conseguenza – propensione a fasi di sospetto e difficoltà nel risolvere. Altra componente negativa è quella che costringe il cane ad attendere sempre d’essere affiancato dal conduttore prima di dare inizio alla guidata, cosa che snatura il senso della guidata stessa, la cui funzione deve essere il mantenimento del contatto olfattivo col selvatico che cerca di sottrarsi di piede. In altre parole: se il selvatico è schiacciato a terra perché cerca scampo nell’immobilità, il cane deve lui pure restare immobile sino a che il conduttore lo affianca; ma il selvatico (quello vero) spesso fugge a piedi proprio nell’intento di far perder le sue tracce al suo persecutore … e se il cane non guida, riuscirà nel suo intento. In questi casi pretendere che il cane attenda immobile l’arrivo del conduttore è un controsenso perché se la selvaggina si è allontanata, riagganciarla e fermarla nuovamente sarà particolarmente difficile (e spesso improbabile). Non così invece i selvatici di voliera che, quando sentono l’approssimarsi di qualcuno, rivivono la gratificante esperienza della somministrazione del pasto quotidiano, tal quali le galline che fanno coccodè e ci depositano le uova fresche nel paniere. In Serbia ho dato ad un giovane Setter il suo primo CAC proprio per la dimostrazione di discernimento con cui ha esercitato le sue doti olfattive (oltre che per lo stile egregio): sciolto sul terreno da cui erano partite diverse coppie, ha velocemente indicato le posizioni da loro precedentemente occupate con risalite decise ed espressive, riprendendo quindi immediatamente la cerca con la dovuta attenzione, per quindi aggiudicarsi un ottimo punto, a cui ha fatto seguito una guidata spontanea e fluida, così come deve fare un cane che a caccia ci diverte e ci riempie il carniere. Quindi non perdiamo la speranza: i cani bravi ci sono ancora …forse quel che manca sono i cacciatori!.