Ormai le accese discussioni sono finite: qualche critica, qualche apprezzamento e basta. Tanto, le date sono fissate e c’è solo una notte a separare l’alba di questo giorno. Il paese s’è acquietato e apparentemente dorme. Solo i segugi tirano le catene nei cortili, ogni qual tratto alzano la testa e abbaiano contro le stelle; non hanno letto il calendario, pure da tante cose hanno capito che il momento è arrivato. I cani da ferma: setter, pointer, bracchi, si agitano nel sonno, che non è sonno ma sogno della giornata che si preannuncia, e uggiolano e brontolano e fremono con le narici e le labbra. I boschi, le valli, i monti, le case, gli uomini, i selvatici sono come avvolti in un aria misteriosa e insolita. Qualcosa di nuovo accadrà certamente domani: molti uccelli avranno stroncato il volo, molti quadrupedi la corsa. Sarà morte per tante creature; sarà fine dei canti, di danze, di fame, di gelo. Un colpo: un’ala che si stira, una zampa che si rattrappisce: poi nulla.
No, non nulla.
Dall’altra parte ci sarà un uomo che raccoglierà non solamente il capo di selvaggina, ma anche tutto quello che era da vivo: libertà, sole, spazi, tempeste. All’uomo, inconsciamente, servirà dopo quando riprenderà il lavoro di tutti i giorni e più ancora quando sarà vecchio se sarà lui ad aspettare la morte.
I cacciatori non dormono questa notte, e anche le mogli dei cacciatori non dormono per il continuo dimenare che fa il marito nel letto. E neppure i figli dei cacciatori dormono; essi aspettano che il padre si alzi nel buio e udirlo poi uscire con il cane e sentire quindi l’abbaiare dei segugi nella piazza. Vorrebbero avere più anni per essere anche loro della partita; e intanto fantasticano prede impossibili, tiri da fare oh! E che nemmeno i vecchi con sessanta licenze potrebbero architettare.
Così questa notte: le sveglie non fanno a tempo a suonare che saranno fermate prima. Si scivolerà piano piano dal letto per non svegliare la moglie e poi, ancora più piano, per non fare abbaiare il cane, scalzi, si uscirà dalla camera. E il cane abbaierà festoso e forte appena sentirà il passo nudo sul pavimento. Un poco d’acqua sul viso e sugli occhi per far allontanare il sonno che si era impossessato del corpo, poi guardare l’orologio per vedere se proprio si è in anticipo di un’ora e poi lentamente per farla passare questa eterna ora, vestirsi mettendo tanta cura nell’infilarsi le calze e le scarpe. Il caffè brontola nel tegamino e lo si trangugia con un pezzo di pane raffermo. Così è venuto il momento di cingere la cartucciera, inpallare lo zaino e la borraccia e con il cuore allegro e la mano emozionata staccare il fucile oliato e pulito, aprirlo, guardare contro luce nelle canne, chiuderlo con gesto deciso e sentire con piacere lo scatto metallico delle molle: click.
Il cane passeggia per la cucina saltellando sulle gambe irrequieto, raspa alla porta, ti mette le zampe sul petto e batte con la coda sui mobili. Dici:- Zitto che svegli! Sta buono, ora andiamo-.
Ma lo dici anche a te stesso, non solamente al cane.
Ora sono tutti svegli nella casa; ascoltano i rumori, seguono con la fantasia i movimenti.
Butti con famigliarità e orgoglio il fucile sulle spalle – sei ancora in anticipo- esci.
L’aria fredda delle ultime ore della notte ti rinfranca gli occhi e il viso, respiri con le narici dilatate e con la bocca sospiri profondo: il mondo è tuo.
In bocca al lupo!
Così in tutte le parti del mondo all’inizio della caccia. I cani tirano il guinzaglio, altri più lontani abbaiano e si richiamano per le strade, i cortili, gli orti. Nelle case la gente aspetta che ritorni il silenzio per poter dormire. Non i ragazzi dormono. Ragazzi che tentano di resistere un poco per udire le prime fucilate portate dal chiarore dell’alba. Non i vecchi dormono. I vecchi, che non possono dormire, sospirano con gli occhi aperti, nei letti troppo grandi per le loro membra raggrinzite; cercano la pipa, e ascoltano; fumano e ricordano.
I sassi si muovono sui sentieri, le lepri rizzano le orecchie, i caprioli annusano l’aria, le coturnici cantano sui ghiaioni, gli urogalli dall’alto degli alberi aspettano il giorno per il primo volo.
Seduto su un sasso fumi una sigaretta e accarezzi il cane; con le dita frughi nella cartucciera: levi e riponi le cartucce; le soppesi. Non verrà mai il giorno!
Ecco: vedi già il mirino in cima alle canne; vedi le piante, il sottobosco: Sì, eccolo il codirosso e ora anche il merlo. Ti alzi sciogli il cane e vai.
Tratto da il bosco degli urogalli.
Michele
Chissà se un giorno gli anticaccia cercheranno almeno di capire ! Non si pretende di approvare…