L’autostima è un concetto complesso che investe tutto il regno animale, noi umani compresi.

Sulla “quantità” di autostima contingente si è basata l’intera storia dell’umanità: un popolo, un’etnia ha talvolta, peccato di eccesso o di mancanza di autostima e da questi presupposti sono nate guerre, genocidi o ammirevoli esempi di filantropismo e altruismo.

Questi esiti sono spesso nati dalla combinazione di uno o dell’altro comportamento. E’ fin troppo facile sconfinare in questo momento, nella politica, la situazione contingente ispira: alcune nazioni partono da un alto concetto di se stesse, altre invece, partono con il sentimento che si esprime con la frase “forse ce la posso fare ma sarà faticoso…”, pur avendo tutte le carte in regola per riuscire. Il cane da ferma difficilmente prenderà invece, in considerazione il carico di fatica perchè è già disposto ad investire tutte le risorse fisiche di cui dispone. Semmai, il suo agone mentale, guardando il terreno prima di partire, si dibatterà tra “questo è qualcosa che so fare e mi impegnerò a fondo” oppure, “non so se sono capace”. Emerge quindi, a gran rilievo, la fiducia in se stessi unita all’esperienza oppure, una scarsa autoconsapevolezza delle proprie capacità e dei propri talenti che porta a “non agire”. La genetica ha influenza anche in questo: si nasce con un determinato bagaglio genetico che unito all’esperienza e ai giusti stimoli conduce  al circolo cosiddetto virtuoso.

Il funzionamento di un essere vivente dotato di intelligenza, ovvero di capacità di avere un’influenza sull’ambiente (il cane lo possiamo a tutti gli effetti, considerare così), subirà sempre l’influenza del fattore X, cioè l’autostima, intesa come la capacità di darci un valore. Spesso vediamo cani di piccola taglia assumere comportamenti aggressivi nei confronti di suoi simili di dimensioni decisamente superiori. Non è follia, è solo un eccesso di autostima, una fiducia sconfinata nelle proprie capacità che talvolta, può riuscire e talvolta, avere effetti nefasti. Il cane di piccola taglia conta in quel momento, soltanto sulle piccole percentuali di riuscita a propria disposizione e su quelle punta il suo banco.

Il cane da ferma quando si muove sul terreno, oltre alle competenze che lo guidano, cioè capacità olfattiva, conoscenza del tipo di selvatico, capacità di collegamento col conduttore, padronanza del tipo di terreno, è guidato anche dal suo personale e proprio senso di autostima: l’esperienza accumulata su un tipo di selvatico e terreno agevola il suo “sentire”.

L’autostima, cioè la fiducia in se stesso unita alla conoscenza del suo valore, lo fa muovere determinato e sicuro sul terreno. Questo non sempre garantisce la riuscita dell’incontro: in terreni di prova, quei 10/15 minuti non sono un tempo sufficiente talvolta, a garantire il buon esito dell’azione che può derivare dal concorso di tanti fattori insieme, dal movimento incostante del vento al passaggio insistente di alcuni tipi di selvatico che maggiormente di altri lasciano l’usta e possono confondere i segnali ricevuti dal cane.

L’autostima si inserisce in tutti questi contesti, fa sì che il movimento del cane scorra fluido e consapevole e crei quel meccanismo di sicurezza che può portarlo al raggiungimento dell’obiettivo: arrivare ad individuare la preda e segnalarla al suo conduttore. L’autostima è come per noi umani strettamente correlata alla motivazione, intesa come capacità e forza endogena che ci consente di raggiungere un obiettivo. La motivazione è fortemente legata all’autostima, una alimenta l’altra.

Il risultato finale è sempre un concorso di fattori esterni ed interni: quando tutti collimano si ha il successo. In che modo si inserisce l’azione del conduttore in queste dinamiche? Sicuramente attraverso la profonda conoscenza del soggetto col quale abbiamo a che fare e con la relativa incentivazione partendo dalla leva sui punti di forza per sopperire ai punti di debolezza che ciascun essere intelligente ha, umani compresi…