10420077_572127502889151_6009981431289530558_nLa sosta delle beccacce in Italia, specie nelle regioni meridionali, non finisce a gennaio o febbraio come immaginavano i vecchi cacciatori. Essi erano paghi delle loro battute invernali pertanto non andavano più a caccia dopo quei mesi, pur essendo la caccia aperta, almeno non praticavano la battuta alla beccaccia con quella insistenza e determinazione di oggi. Tutto ciò è comprensibile se si pensa che i cacciatori di beccacce, in senso specialistico, erano pochi; i territori molto vasti e la selvaggina molto abbondante. Ciò dava l’appagamento e la mancanza di stimoli che invece oggi sono estremamente compulsivi. Dea e Gyp erano i protagonisti, assieme a me, di quelle cacciate. Vincenzo e Daniela, miei figli, testimoniano coi loro vestitini leggeri che la stagione non era del tutto invernale. In alto appeso ai rami un carniere di Beccacce.

Io, abitando in territori idonei alla sosta tardo/invernale ante/primaverile, feci molte esperienze su questo versante controllando coi cani (ma spesso anche col fucile) se Beccacce ci fossero ancora sul terreno perfino ad Aprile.

Ciò non deve stupire i cacciatori di oggi poiché i calendari legali di quei tempi erano molto larghi ma lo erano soprattutto perché erano stretti quelli del singolo cacciatore. Come ripeto la stagione si chiudeva alla fine di gennaio massimo alla metà di febbraio spontaneamente e senza rimorsi.

I cani meritavano il giusto riposo e anche gli uomini vestiti di marrone.

Ricordo parecchie stagioni in cui alzai beccacce grosse e grasse alla fine di Aprile in territorio collinare non al di sopra dei 700/800 metri in boschi di ceduo, di leccio e roverella misti a macchia mediterranea e folti di eriche alte e vigorose e di rade ginestre.

Fu il primo anno, allora avevo la mia spinona italiana “Lilly”, che verificai questo fenomeno portandola in prova e addestramento dopo che l’avevo acquisita al mio patrimonio scambiandola con una vecchia segugia Beagle.

Una mattina ne involai ben quattro. Tutte fermate molto bene e a distanza dalla brava e giovane spinona che aveva un olfatto superiore ad ogni normale cane da ferma. Più che sentirle le intuiva, guidava al rallentatore a testa altissima, passo dopo passo pippando l’effluvio quando le arrivava come se fosse una canna per un tossico. Amava quegli animali e le quaglie sopra ogni cosa essendo cane ristretto e non d’iniziativa. Dove passava però lasciava terreno bruciato.

Purtroppo io avevo altro passo e altra mentalità e fu per quello che presto passai agli inglesi. Di questa scelta non mi sono mai rammaricato.

Perché le Beccacce si fermano fino a cosi alta stagione? Perché in quei luoghi dove in autunno/inverno magari era più difficile incontrarle se non in canali molto reconditi e postazioni abbastanza inattendibili?

Mi venne in mente allora ma ancora ipotizzo che lo facessero per nutrirsi della pastura abbondante di lombrichi e vermetti di vario genere onde incrementare la forza per andare incontro alla stagione degli amori. Prima della loro traversata lunga e faticosa verso paesi nordici, umidi e freddi dai quali erano migrate quando le temperature diventavano insostenibili e il terreno ghiacciato e non più pasturabile.

Le postazioni d’incontro erano genericamente non più in vallette umide e remote ma in cima ai colli, esposte al sole, spesso a limitare degli stradelli come fossero a fare un bagno di sole tal quale le nostre donne ad agosto in riva al mare. Beate loro, le beccacce non le donne. Loro che d’istinto sapevano come rinvigorirsi di raggi solari, pasti colmi di proteine per preservare la loro forza di razza. Per noi: i cacciatori di Beccacce.