CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

Relazione di Gianni Bernabè al convegno di Lazise 2019

Il cane “specialista”: genetica, idealità e pratica.

Difficile il connubio “Idealità e pratica”, in parole povere “tra sogno e realtà”.

Per rendere ancora più chiaro il concetto, mi piace iniziare questa chiacchierata con un brano di Giulio Colombo, da cui ritengo essenziale partire:
Scegliere, perché in realtà nell’allevamento non si tratta affatto di saper produrre buoni o cattivi cani, come è d’uso credere, ma di saper scegliere bene fra quelli che la fortuna ci manda.

Questa è la difficoltà e dono di pochi e meritorio.

Non accontentarsi mai e non vedere in ogni lucciola la lanterna.

Tutto quello che vorrete e saprete insegnare al vostro cane non ha tanta importanza, quanto il saper discernere subito, fin dalle prime esperienze, se il puledro ha o no attitudini per il tipo di prova che preferite.

E’ facoltà che risparmia delusioni, fatiche, sacrifici e non si impara sui libri.

Lo spirito critico, soprattutto sui propri cani, la voglia di migliorare, oltre a doti venatiche anche doti stilistiche, ci deve portare sempre alla ricerca del meglio.

E’ sbagliato accontentarsi di una semplice predisposizione alla specializzazione, che, sottolineo, ci porta a limitare i nostri desideri alla sola manifestazione di qualche dote del soggetto e magari ne trascuriamo altre, mentre è il complesso delle qualità naturali del cane che dobbiamo sempre richiedere, altrimenti per avere lo specialista, rischiamo di rovinare il cane da caccia.

Si deve sempre controllare la genetica dei soggetti che vogliamo dedicare alla riproduzione, per capire se le loro performance sono occasionali, quindi non importanti, oppure marchio di fabbrica, di linea di sangue.

C’è chi si focalizza sul cane bravo, ma che magari non ha nel suo bagaglio genetico le qualità di razza al più alto grado, sarà una bravura fine a se stessa, ma che difficilmente potrà essere trasmissibile in tutte le caratteristiche per la selezione e l’utilizzo di quella determinata razza.

Non vorrei essere ripetitivo ma anche negli atti da me scritti di precedenti convegni dissi:
“In tutte le note di concorso i migliori cani sono figli o nipoti di Trialler, ovviamente sapientemente miscelati con sangue di ottime femmine cacciatrici con spiccate qualità di razza, sarà poi la specifica esperienza su un determinato selvatico a farne un bravo cane”.

Ci tengo a sottolineare: femmine con spiccate qualità di razza, perché a volte mi è capitato, parlando con appassionati e cacciatori, di sentire criticare stalloni famosi con un bagaglio genetico importante, solamente perché con le loro femmine non avevano ottenuto i risultati sperati, poi vai a verificare le fattrici, tanto di cappello sulle doti venatorie, ma le qualità di razza sono un’altra cosa. Difficile tagliare vino di pregio con mezzo vino sperando che esca champagne.

I giorni scorsi mi è capitato fra le mani un foglio dei turni di una prova a beccacce con i dati dei cani, per curiosità ho fatto una ricerca in internet delle genealogie di quei soggetti, praticamente tutti avevano in prima o seconda generazione trialler che probabilmente mai nella vita avevano fermato una beccaccia (o un gallo) , ma torniamo al solito discorso fatto sulla specializzazione prima “….si può conseguire solo con l’impiego costante ed assiduo in una particolare habitat e con un determinato selvatico”.

L’unica eccezione la farei per il cane da beccaccini, in quanto fra tutti i selvatici del cane da ferma, l’unico che richiede una specializzazione, in quanto non tutti lo fermano , è il beccaccino.

Penso che il livello qualitativo nelle prove specialistiche si sia elevato rispetto a decenni precedenti proprio perché questa filosofia fra i cacciatori/conduttori ha preso più piede, credo che si debba continuare a perseguire questa via, al non accontentarsi mai, andare sempre più alla ricerca del bello , inteso come doti stilistiche , oltre che del bravo.

La caccia di un tempo non esiste più, anche noi cacciatori ci dobbiamo evolvere, non deve prevalere più il numero dei selvatici che si incarnierano, che aimè troppo spesso si vedono sui social, ma come si incarnierano e con che cane si incarnierano.

Il lavoro di pregio e la bella azione conclusiva di un cane con stile di razza ripaga la fatica di una interna giornata di caccia.

Gianni Bernabè

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2 Comments

  1. Mauro Valentini

    GRAZIE. Trovo conferma al mio modo di concepire il mio cane da caccia ideale. Grazie

  2. Carlo Gastaldi

    In primis concordo completamente sul fatto che un ottimo cane possa evitare di cacciare beccaccini! È questione di gusto personale, credo, meno di genetica. Ho avuto cani che hanno fermato in montagna e a beccacce pur non essendo io frequentatore di tali habitat. Lungi dall’essere cani “utili” ma hanno fermato! Gli stessi cani, a beccaccini, mio selvatico più insidiato, hanno concesso pochissime ferme soprattutto in condizioni climatiche particolari come vento teso in Sardegna. Il riproduttore, se possibile, deve essere primus Inter pares: eccellere in una corrente di ottimi cani! Quello che mai deve essere dimenticato, a mio modesto parere, è la “tensione” del cane all’incontro! Se è cane da caccia corre per trovare il selvatico; se è da ferma lo deve fermare se no tutto diventa ancora più falso di quanto sia oggi la caccia!

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