Roberto Scorta

Premessa
La passione per la caccia al beccaccino assomiglia alle infezioni da herpes virus, non da’ gravi sintomi ma, quando la prendi, te li porti avanti per tutta la vita!

Il beccaccino è un selvatico delicato e minuto, si invola con un frullo leggero accompagnato qualche volta dal classico gnec.

Non riempie il carniere come la lepre o il fagiano, non beneficia del fascino dell’ambiente come il gallo forcello o la coturnice o la pernice bianca, non gode della letteratura e del potente pla-pla della beccaccia che riempie il silenzio del bosco.

Perché ci appassiona tanto?

Il cane beccaccinista è un grande specialista, regala grandi soddisfazioni ma quanti di questi cani possiamo possedere in una vita da cacciatori? Nel bosco, a beccacce, quasi tutti i buoni cani possono regalarci l’emozione di una ferma ma si potrà dire altrettanto in risaia a becchi? Dopo 36 anni di caccia non ho mai avuto un cane beccaccinista ma godo, per mia fortuna, dei successi dei cani degli amici !

A beccaccini si possono fare tante fucilate ma quanti passi costano? Per avere la soddisfazione di sparare è certamente meglio il capanno ad allodole, tordi o pavoncelle! Non ci sono motivi razionali evidenti per appassionarsi tanto al beccaccino. Ciascuno di noi, comunque, ha le sue ragioni e vorrei provare ad indagarle tramite una serie di interviste!

La prima intervista, coinvolge il Presidente del Club del Beccaccino Sig. Giorgio Ferrato, ma a questa ne seguiranno molte altre cercando di capire di volta in volta le motivazioni che spingono i cacciatori verso questa specifica caccia. Non vi farò perdere altro tempo e quindi via con le domande.

Caro Giorgio, sei da sempre nel Consiglio Direttivo del Club del Beccaccino a cui dedichi tempo prezioso. Non credo che tu lo faccia esclusivamente per il lustro che questo ruolo comporta. La passione primaria è sicuramente quella della caccia e della caccia al beccaccino in particolare! Cerchiamo di capire perché un uomo dedica tanto tempo ad un selvatico così piccolo e difficile da incarnierare.

Foto di Roberto Scorta

Alle signore non si chiede l’età perché è segno di scarsa galanteria, ma penso che un dato anagrafico sia utile. In che anno sei nato?

Sono nato nel 1951 a Guidizzolo un paese del Mantovano.

La passione per la caccia a quando risale ma soprattutto da dove ti e venuta?

Per quanto riguarda la caccia … geneticamente … provengo da famiglia di cacciatori dal nonno a mio papà che cacciavano quaglie selvatiche con la kurzhaar Diana. Ho trascorso la fase infantile in affido allo zio prete (anche lui cacciatore) e mi ritengo fortunato poiché ho vissuto un periodo della mia vita a stretto contatto con la natura, un’epoca a dir poco entusiasmante Già nel 1958 all’età di sette anni utilizzavo la Diana 23, ho imparato a fare lacci, posizionare gli archetti sotto la neve e usare il vischio per la cattura di uccelli. A primavera con lo zio si andava nei boschi a nidi di merli arrivando ad allevarne una cinquantina in una stagione. Imparando che: il nido alla prima covata il merlo lo posiziona a terra mentre nella seconda su piante a due metri di altezza…ect..

Don Giuseppe era parroco della parrocchia di San Siro una frazione di S.Benedetto Po del basso Mantovano. Paesino stupendo di circa 200 anime, circondato dai fiumi Po e Secchia, e attraversato da due grossi canali la Bonifica Vecchia e la Bonifica nuova.

Quel periodo fantastico mi ha permesso di conoscere nei dettagli la vita di campagna.

Con gli inseparabili amici Uber, Volmer, Gigi, Tony, Lodovico, Claudio e Iener ho imparato a fare il fieno, caricarlo sul carro trainato dall’asino e scaricalo sul fienile.

Mungere mucche e capre, pulire la stalla, potare vigna e piante da frutto. Mietere a mano il grano, pigiare l’uva con i piedi, suonare le campane, servire messa e riscaldarsi con il calore delle mucche durante i rigidi inverni nella stalla di Claudio.

Noi ragazzi durante le vacanze estive pescavamo carpe, pesci gatti anguille, tinche e lucci nella Bonifica con canne fisse di bambù con filo del 0,40 mm. Ero soprannominato il “piccolo re del pesce”.

L’arte di arrangiarsi mi faceva vendere pesce e anche barattolini di vermi da terra (non da letamaio) che erano ricercatissimi per il pesce gatto e l’anguilla soprattutto dai pescatori Forestieri che arrivavano la domenica.

Hai avuto maestri nell’ars venandi?

Si. Ho avuto tre importanti maestri per la caccia al beccaccino: Salvatore Gorini stoccatore infallibile, Pasquale Galimberti beccaccinista nato e Carlo Bianchi cinofilo Kurzhaarista e grande beccaccinista.

Cacciatori veri che parlavano poco e che incontravi spesso nelle risaie della Lomellina.

Non potevi fare domande, dovevi rubare l’arte nel selezionare i terreni e nel valutare i giovani soggetti che dimostravano predisposizione per questa caccia.

Quali sono stati i loro principali insegnamenti?

Il rispetto per questo selvatico che per loro significava sparare solo sotto ferma.
Rispettarlo, evitando di cacciarlo quando il terreno era ghiacciato.

Quando e perché ti sei appassionato al beccaccino? (prima il gusto di una bella fucilata o il lavoro del cane?)

Senza dubbio a 20 anni si è attratti dalle cose irraggiungibili e se ami le sfide, il gusto della fucilata difficile, è la prima cosa che ti attrae.

L’amico Salvatore Gorini grande stoccatore ha contribuito non poco in questa sfida. Quando si cacciava insieme era impossibile non essere attratti dalla sua velocità e precisione.

Salvatore mi ha fatto scoprire questo tipo di caccia, la mattina del 3 Novembre del 1973 nelle risaie di S.Giorgio Lomellina.

Quelle con un pioppo nel mezzo tra due risaie davanti alla Chiesetta. Aveva la Kurzhaar “Kira” che fermò tre beccaccini che diventarono presto preda della sua bravura.

Poter osservare la sua rapidità e la sua freddezza mi faceva impazzire poiché non riuscivo mai ad anticiparlo.

Erano i tempi in cui la Bolea era tutta una palude naturale dove potevi incontrare beccaccini che partivano lontanissimi o dietro le spalle e garganelli che s’involavano più veloci dei beccaccini stessi.

C’erano risaie popolate di quaglie selvatiche anche il mese di novembre e poi…. c’era il Brambilla che con la sua tesa temporanea alle anatre passava informazioni sulle rimesse, in cambio di recupero feriti.

Quali sono le emozioni che ti fanno preferire il beccaccino?

Perché preferisco il beccaccino? … semplice … riesce a trasmettermi quei brividi che nessun altro selvatico … riesce a farmi provare.
Tutti sappiamo che Le Emozioni sono reazioni emotive … ecco perché non si riescono a spiegare.

Cosa dire quando ti sorprende partendoti in mezzo ai piedi (naturalmente su trascuro del cane ) e ti passa la sensazione che nasca dal terreno?

Lui è il “Re” del padule e può permettersi tutto!

A beccaccini con che cane? Perché? Sono decenni che vengono scritte pagine sulla diatriba caccia al beccaccino con cane… o senza… .

Sono due caccie che passano emozioni troppo diverse tra loro… per essere paragonate..

Sicuramente un ottimo conoscitore dei terreni che sia un grande camminatore e un ottimo fucile riesce a fare un maggior carniere, rispetto a qualsiasi appassionato che si dedichi a questa caccia con il cane da ferma.

Foto di Roberto Scorta

Perché la caccia a beccaccini con il cane? La passione con il passare degli anni ti entra nel sangue al punto da diventare una sfida.. e in una delle domande precedenti dicevo che si inizia per il gusto (l’emozione) della fucilata difficile …. e sfido chiunque al primo beccaccino colpito a non aver gioito.

Quando ti rendi conto che la fucilata non è più un problema insormontabile… cerchi nuove emozioni e non più legate alla tua bravura ma unite ad un compagno che possa insieme a te sorprendere con intelligenza e olfatto il Re dell’acquitrino.

Perché ….semplice…. perché è difficile trovare un cane che tratti e cerchi l’emanazione del beccaccino. Quando dico emanazione parlo del selvatico come uccello … poiché di cani che fermano la calda o le fatte del beccaccino senza discernerne l’uccello ne ho visti a decine.

Per questo tipo di caccia, ausiliari che rimangono in ferma per minuti sul nulla, incapaci di risolvere anche se spronati a continuare l’azione sono più deleteri che utili.

Ti spoetizzano la giornata, obbligandoti a fare chilometri con il dubbio che il più delle volte diventa certezza che quando vai a servirli il beccaccino non si sia! Sono soggetti che per questo tipo di selvatico non vanno bene.

Siamo ormai nel 2012 ed il fatto di continuare a fare voli pindarici scrivendo favole, su come il cane dovrebbe trattare l’effluvio del beccaccino, ci manterrà lontani dalla realtà.

Troppo spesso tornando a casa dalla giornata di caccia ci ricordiamo esclusivamente delle due bellissime ferme dimenticandoci degli otto sfrulli su uccelli buoni e di passo.

Quando ci si innamora troppo del proprio cane, si tende a giustificarne gli errori, attivando un meccanismo di confusione mentale che alla lunga autoconvince anche noi stessi.

L’esperienza mi ha però insegnato che la cosa più importante è mantenere i piedi per terra: ”Positività e Concretezza è il motto che un cane beccaccinista dovrebbe avere”.

Amici ormai scomparsi come Gorini, Galimberti, Bianchi mi hanno insegnato che per trattare la selvaggina vera (Beccaccini, Beccacce, Starne, Galli, Cotorne, Bianche e Fagiani “giusti”) e diventare uno specialista un Cane deve dimostrare di essere prima di tutto un Cane!

Ho letto articoli di personaggi che affermavano di cani in grado di fermare i beccaccini a 30-40-50 metri.

Personaggi illustri che non ho però mai incontrato in risaia, dimostrando che dietro ad una scrivania con una penna in mano un metro vale l’altro!

Dalla mia piccola esperienza di 37 anni dedicati a questa caccia, vorrei sfatare la credenza popolare che il cane da beccaccini deve avere un super-mega naso.

Lo specialista per questa caccia, una cosa eccelsa sicuramente la deve avere ed è il grande “Discernimento”.

Per quanto riguarda la potenza olfattiva un discreto/buon naso è più che sufficiente.

Chi pratica questo tipo di caccia in stoppie di riso (e non prato bagnato, marcite, padule o maree) sa benissimo che dopo aver avvertito ed accostato, il cane che ferma il beccaccino tra i 10 e 15 metri è sicuramente un supercane.

La più bella giornata a beccaccini?

Tantissime … ma una su tutte, la gioia del primo beccaccino fermato con grande determinazione dal mio Kurzhaar Erick all’età di sette mesi e bruciato con stoccata ad un metro da terra.

Feci il percorso da Mortara a Milano con la testa fuori dal finestrino cantando la mia felicità.

Era il 1981 e Erick (detto Full) fu il mio primo specialista.

Il primo beccaccino che ti viene in mente? Cosa lo fa primeggiare?

Il fatto risale a circa 25 anni fa, quando Adelio Ponce de Leon, Riccardo Zanetti ed io andammo in Normandia a verificare come si svolgevano le gare a beccaccini con sparo e riporto. Cinque minuti dopo avere sganciato Eric andò a fermare con prepotenza un beccaccino ad ottima distanza nella Marrée di S.George.

Lo sparatore ed io, ci avvicinammo a Full e alla partenza del beccaccino lo sparatore con doppietta cani esterni e canne lunghissime imbracciando per prendere la mira non si decideva mai a sparare …… (centesimi di secondi che in quei momenti ti sembrano mesi).

Quel beccaccino non lo dimenticherò mai perché ebbi tutto il tempo di osservarne il volo e quando sentii la fucilata lo vidi cadere sul tetto di un piccolo Cassero di campagna, con grossa sorpresa del giudice e spettatori. Ricordo che per questo episodio il riporto fu fatto a freddo.

Cosa lo fa primeggiare? Ogni beccaccino è sempre il primo perché ogni beccaccino è diverso ed imprevedibile.

Cambia umore, comportamento e atteggiamento a secondo delle condizioni atmosferiche e sa sfidarti per rapidità e fantasia!

Tratto da : Il Gazzettino del Beccaccino Organo di stampa ufficiale del “Club del Beccaccino”  N° 10 – ottobre 2012