CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

tratto da: IL POINTER – Stefano Vitale Brovarone – Editoriale Olimpia

Congo

Franco Grassi è un personaggio assolutamente originale nel panorama degli appassionati della razza, un uomo che ha raggiunto risultati di assoluto rilievo continentale portando i suoi pointer a vincere ovunque e a conquistare titoli importanti quanto strameritati. Occorre districarsi un po’ tra le molteplici attività che la cinofilia offre ai suoi appassionati per riuscire a capire fino in fondo chi è davvero Grassi: penso che, alla fine di questo ritratto che tenterò di fare, un’idea di cosa in realtà sia una così poliedrica personalità sarà possibile ricavarla, ma, sono sicuro, altri tratti — anche diversi e persino contrastanti — potrebbe fornire chiunque lo conosca.

Franco Grassi nasce a Tortona nel 1923 e, compiuti gli studi superiori, si iscrive alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pavia. Qui, per caso, succede una cosa che lo condizionerà, o meglio che segnerà tutta la sua esistenza: spesso, durante la sua vita di studente non sempre chiuso tra le mura dell’ateneo, vedeva passare un signore in bicicletta che recava, in una cassetta, un cane da caccia. Serve sapere che Franco Grassi è stato sempre — e già lo era allora — un grande cacciatore, di quelli veri, che inseguiva, insieme coi cani (la più amata forse è stata Didi, una figlia di Florent) e con gli amici le starne di tutta quella porzione collinosa, e poi più aspra e quasi montagnosa, che sta alla destra della provincia alessandrina verso quella di Genova e fino al piacentino: non stupisce quindi la sua curiosità al veder passare quel signore, che signore era anche solo a vederlo passare, con la sua bici e con il suo cane.

Un bel giorno, dunque, il giovane Grassi affronta il signore in bicicletta chiedendogli da che parte stesse andando a caccia. La risposta fu inaspettata: il signore non andava a caccia ma a dressare il cane. Poi un invito inaspettato: «Vuol venire a vedere?». Una semplice occasione, una domanda comunque dovuta alla curiosità che distingue sempre le persone intelligenti si rivelerà una specie di folgorazione capace di modificare l’indirizzo di una vita. Grassi comincia a seguire quel signore, che era Giacomo Griziotti, e ad imparare tutte le cose che servono per riuscire a far esprimere ad un cane da caccia il meglio delle sue qualità. Certo il Maestro casualmente incontrato era probabilmente il migliore del tempo, ma sicuramente se la passione venatoria fu quella che causò l’incontro, il carattere perfezionista ed anche agonistico di Grassi furono un importante viatico nella missione sportiva di preparare un cane per le prove. Anzi, non «un cane per le prove» ma «un pointer per la grande cerca»! L’incontro con Griziotti strappò come un velo nella conoscenza dei cani che fino ad allora Grassi aveva: capì di colpo che nelle prove — e quindi nella seria valutazione tecnica di un cane — non importa se ti fa ammazzare due o sei starne alla fine della giornata; conta, invece, il tasso qualitativo che il medesimo può esprimere in ogni momento del turno e che determina di conseguenza il suo valore zootecnico.

Occorre anche tener conto che, per Grassi, il «valore zootecnico» è qualcosa di molto simile alla «probabilità di vincere»! Io credo che l’ambizione sportiva che ha sempre mosso «il dottore» sia stata quella di saper riconoscere in un cucciolone ancora allo stato grezzo quelle indispensabili doti che, debitamente lavorate, avrebbero potuto consentire la formazione di un trialer capace di capire la necessità di correre nell’ambito della «nota del concorso» disegnata dal regolamento. La conseguenza fu l’abbandono della prospettiva di svolgere la sua professione di medico nella sua casa di cura di Tortona per dedicare tutte le energie che gli provenivano dalla sua divorante passione alla preparazione di pointer che corressero la grande nota. Griziotti gli aveva insegnato i criteri di base e Grassi li aveva perfettamente digeriti, aggiungendo di suo la straordinaria capacità di capire al volo le potenzialità di un giovane cane e un’assoluta capacità di preparare, senza mai mortificare, un giovane pointer. Si dice che sia stato lui ad imporre il modello francese negli anni Sessanta: non è vero, lui non ha mai avuto nessunissima voglia di imporre niente, aveva «solo» capito che, in quegli anni, i cani migliori stavano al di là delle Alpi. E in Francia andava anche ad allenare, in tempi in cui non usavano gli alberghi confortevoli o i furgoni superlusso ma ci si accontentava della casa di qualche contadino, neanche troppo riscaldata. Arrivava tre o quattro giorni prima delle prove, scioglieva i cani, che avevano così modo di assuefarsi ai terreni, al tipo di vento, alle emanazioni ed al comportamento dei selvatici. O nella sua riserva, quella della cascina Marinona da cui prese nome il suo affisso, peraltro gestito principalmente dal fratello Ezio: grandi spazi, ottime starne e… mai il fucile e solo i cani. Mai Grassi cercò di portare avanti pointer solo perché recavano il suo nome, la sua unica preoccupazione è sempre stata la ricerca della qualità come base della scelta ed un dressag-gio accuratissimo: ma anche la vera e propria conduzione del cane durante il turno è sempre stata, per certi versi, una sua specialità, e in campo c’erano sempre due individui, uno a due ed uno a quattro zampe!

Io non credo che mai si sia informato, di fronte ad un soggetto nel quale intravedeva doti esaltanti, di chi fosse figlio quel pointer: in effetti, non ha mai considerato la selezione come una sua occupazione primaria. Ma certo con l’acutezza delle sue scelte ha fornito ad altri, a molti altri, la possibilità di allevare con approfondita e sicura conoscenza delle doti indispensabili per effettuare una seria selezione. Magari non lo ha fatto apposta, forse (o anche probabilmente) questo non è stato un suo obiettivo primario, e tuttavia i pointer-man — dagli anni Sessanta in poi — onestamente debbono moltissimo a quest’uomo. Che ha avuto anche la fortuna di trovare una moglie, Maruska, che sempre lo ha assecondato e seguito con un’analoga smisurata passione, anche aiutandolo negli inevitabili momenti del dubbio, incitandolo a proseguire anche quando cominciavano a perdersi le speranze. Marusca Grassi è sempre stata, da quando lasciò la natia Cecina, così vicina a Bolgheri e alle sue starne, sui campi di allenamento e delle prove: lei e la moglie di Gino Botto debbono essere considerate due grandi personaggi della nostra cinofilia agonistica. Grassi allenava anche in Istria, nella riserva di Dignano che lì aveva col fratello Ezio, sempre senza nessun aiutante: solo qualche amico (Gugliada, Tranquilli, Dassi o Elio Cantone, per esempio) poteva presenziare a patto che… non dicesse nulla. E se per esempio cominciava a nevicare… via a cercare un altro posto, magari in Belgio.

La scelta dei cani da preparare è sempre avvenuta dapprima sulla qualità del galoppo, che è la prima cosa che vedi tu e anche il giudice; e poi le altre cose che servono alla completa valutazione. Nel dressaggio è sempre stato severo senza essere duro: ha sempre cercato di anticipare il cane evitandogli l’errore piuttosto che cercare di farlo sbagliare per correggerlo.  Attento a tutto, sempre. ha cercato di dare ad ogni pointer che ha avuto per le mani ogni possibilità di fare esperienza, di non dimenticare ciò che già aveva avuto modo di conoscere. Per fare un esempio, se un cane non riusciva ad incontrare per due giorni, era condotto col guinzaglio lungo su una di quelle coppie che, girando in macchina, vedi al limite di un fosso, vicino ad uno sporco o cose del genere. Grassi non ha mai abusato in addestramento di incontri non utili, cercando solo ciò che era sufficiente: turni di dieci minuti e via. Solo per le correzioni ha usato a volte selvaggina messa. Tutta una serie di accorgimenti, premure, richieste perentorie che riuscivano a forgiare il trialer, che comunque doveva rispondere al suo conduttore… che non a caso così si chiama! Credo che abbia sempre portato cani di sua proprietà e, se ben ricordo, l’unica eccezione fu Koch della Cisa, del fratello Ezio, che fu presentato da Girandola marcando una Ris. Cac: ma successe perché Grassi, operato di cistifellea, non ce la faceva e, comunque, subito dopo se lo riprese.

Così sono saltati fuori i sedici trialer campioni di Franco Grassi, sedici pointer che hanno fatto epoca e che, da lui scoperti, preparati, presentati e segnalati, tanto bene hanno fatto alla rinascita postbellica del pointer italiano. Una delle critiche fatte, sottovoce, a Grassi è stata quella di avere a disposizione molto tempo e… non pochi soldi. Una sola considerazione basta per questa che altro non è che una risibile maldicenza: quanti pointermen si conoscono con sufficiente capacità economica, ed anche di tempo, per soddisfare la propria passione? Certo non pochi. E quanti hanno laureato ben sedici campioni in grande cerca? A ognuno il suo: una cosa è svolgere la pur importante funzione di proprietario e un’altra è essere capace di cogliere al volo se un cane ha possibilità, capire com’è fatto di carattere e saperne cavare il meglio del meglio facendo anche un’improba fatica tra stoppie assolate o gelide della prima neve, tra speranze e delusioni, cercando la chiave per arrivare al risultato. Certo Grassi lo ha fatto volentieri e con grande passione, presentando da gentleman come il migliore dei professionisti, essendo in fondo l’unico esempio del genere — se si esclude Mario Marchesi — nella grande cinofilia del secondo dopoguerra.

Ma forse la sua più grande qualità è stata quella del talent scout cinofilo, capace di scovare il campione quando campione ancora non era per nessuno, dimostrando in questo una sensibilità vorrei dire assolutamente unica. E di questo, come già detto, tutti hanno beneficiato. Ma nel frattempo Franco Grassi era già sulle tracce di un altro futuro grandissimo pointer! Questo faceva perché la cosa lo divertiva e in questo è stato davvero imbattibile: un formidabile intuito assistito da grandissima capacità di interpretare il pointer prescelto. Resta da dire di tutto il rispetto e la riconoscenza che la nostra cinofilia deve a Franco Grassi, un uomo imparagonabile ad altri, perché altri con le sue caratteristiche non ce ne sono stati. Presidente del Pointer Club d’Italia, e poi presidente onorario, ha rincorso, trovato e segnalato la qualità, in questo sempre ascoltato da noi e negli altri Paesi. Vivace, intelligente, tenace preparatore, abilissimo conduttore e istintivamente ineguagliabile nel riconoscere la qualità. E anche simpatico

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1 Comment

  1. Ho conosciuto il dr. Grassi a Pavullo dove giudicava. Mi ha volentieri consentito di accompagnarlo sul campo per filmare le prove per scrivere i miei articoli. Ho immediatamente capito il valore dell’uomo e del cinofilo dalle sue considerazioni. Ho avuto cani del suo sangue che mi hanno convinto e aiutato a crescere nella mia passione cinofila e di beccaccia io. Cani infaticabili,sempre sull’incontro. Passione e competenze un vero Unicum. Era uno nato al tempo dei giganti….

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