nero-della-trabaltana-di-giancarlo-bravaccini

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« Chi mi darà la voce e le parole » ond’io possa degnamente parlare della Beccaccia? I retorici “fiumi d’inchiostro, troverebbero qui praticissima applicazione; perocchè se consideriamo quanto di questo uccello si scrisse, nullo parrebbe il lavoro; mentre se ogni cacciatore volesse dire quanto diletto egli trovi nella sua caccia, quali impressioni ne riporti, quali consigli, figli dell’esperienza, egli crederebbe poter dare ai confratelli, e tutto quanto insomma della Beccaccia e della sua caccia si potrebbe dire, si potrebbero apprestare tanti volumi, da colmare la lacuna, fatta dall’ignorante barbarie del Califfo Oman alla famosa biblioteca d’Alessandria !

Regina del bosco fu detta, ma non solo del bosco, sibbene di tutta la selvaggina io la direi sovrana. Nessun nome d’uccello fa battere il cuore del cacciatore quanto questo. La Beccaccia! basta questo magico nome, ad elettrizzare il meno convinto dei seguaci di Sant’Uberto; basta l’annunzio dell’arrivo di questo uccello a fare abbandonare qualunque altra caccia, a far lasciare qualsiasi altra selvaggina, di essa tenuta meno degna delle cure del cacciatore.

Una Beccaccia sola mantiene il fuoco sacro validamente acceso nel petto del cacciatore, per giornate intere: una Beccaccia sola, mette in orgasmo una dozzina di cacciatori i quali tutti si dedicheranno alla sua ricerca, dai primi albori fino a notte, e forse torneranno stanchi, affamati e col carniere vuoto, ma felici d’ aver visto volare il simpatico pennuto ! Il più bel volo di, pernici, inseguito per parecchie ore, lascia spesso il cacciatore stanco e disilluso, senza neppur essere perseguitato fino a sera. Per una Beccaccia il cacciatore andrebbe in capo al mondo ! Per una pernice sola, non si metterebbe neppure il fucile ad armacollo ! E d’onde tanta simpatia, o meglio, d’onde tanto accanimento per la Beccaccia ? Facile sarebbe la risposta, se il cacciatore potesse pel tramite della penna affidare alla carta, quanto per la strapotente passione per la caccia egli sente in sè.

Certe cose si sentono, ma non si esprimono ! Non basterebbero gli attuali mezzi di comunicazione verbale o scritta, addottati dagli uomini per intendersi fra di loro, a poter spiegare certi moti del cuore, certe intime gioie, certe speranze e spesso certe disillusioni dell’intimo del cacciatore ! Nessuna penna sarebbe capace di descriverli, e se anco ciò fosse nessuno sarebbe da tanto da intenderli, se non fosse da molto iniziato nei profondi misteri del tempio d’Efeso. È la Beccaccia l’estrinsecazione di tutte le aspirazioni del cacciatore; lo scopo di tutti i suoi pensieri, la stella polare di tutti i suoi sogni ad occhi aperti. Esaù, cacciatore, vendette la primogenitura per una scodella di lenticchie; per una Beccaccia avrebbe data la vita ! Il cacciatore d’oggidì, che per una Starna, sfida intemperie, stanchezza e fame, per una Beccaccia sfiderebbe la morte! Nessuno dei molti uccelli ai quali l’uomo dà la caccia, nessuno dico, riceve dal cacciatore tante dimostrazioni di affetto quanto la Beccaccia.

Strano affetto, se volete, affetto espresso in buone fucilate, ma pur sempre affetto. Pel cacciatore la Beccaccia è quello che per l’innamorato può esser la donna amata! Basta vederla per scordare il mondo intero. Se egli è cacciatore, per la Beccaccia, il maestro dimenticherà gli scolari: il medico, gli ammalati ; il banchiere, gli affari ; il prete, la messa ! e per quanto possa parere esagerato il fanatismo, che invade il cacciatore, quando trattasi della Beccaccia, è però sempre scusabile. Pei suoi costumi semisegreti; per le sue abitudini seminotturne, pel brevissimo tempo nel quale essa ci delizia della sua presenza, per le difficoltà che la sua caccia presenta, per la sua rarità, ed infine per la squisitezza della sua carne, la Beccaccia merita davvero che di essa tanto si interessi, chi nella caccia trova il più sublime dei divertimenti, la più forte delle passioni.