CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

Mese: Dicembre 2015 Page 1 of 3

IL CANE DA CACCIA IN CASA E IN CAMPAGNA di ENRICO FENOALTEA

15218491_1182811778467293_506235276_nII cane da caccia manifesta la sua personalità poliedrica, con comportamenti diversi in casa, in città e a caccia. II cucciolone, separato dalla madre e dai fratelli, riceve dalla famiglia di accoglienza, protezione, compagnia, socialità, cibo, gerarchia, territorio sicuro, contatti rassicuranti. Poiché queste sono le stesse cose che riceveva dalla madre e dai fratelli, e portato ad identificare la nuova famiglia con la madre, la casa con il territorio, il padrone con iI capo-branco, i familiari con i fratelli, e cosi l’istinto gli fa assumere in casa gli stessi atteggiamenti che già avevano assicurato l’affetto della madre.

Poiché l’attenzione della famiglia continuano per tutta la vita, il cane in casa manterrà questa condotta anche da adulto.

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IL VENTO E IL CANE GIOVANE A cura di Rodolfo Grassi

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Jack di Mirco Peli -2013-

Il grande silenzio dei cani ci consola delle futili parole degli uomini“. Chaumont.

Gli antichi li chiamavano magici figli del sole perché nascono dalle perturbazioni provocate dal suo calore. Ed anche i loro nomi sono a volte bizzarri. Ci sono gli Alisei ed i Polari, gli occidentali persistenti ed i costanti, le brezze ed i monsoni che cambiano la forza dello spirare ma mantengono una direzione costante, i pulsanti cosiddetti perché intermittenti ed a direzione costante. Eppoi i venti locali che sono sempre dominanti. Per ogni loro comportamento c’è un vocabolo ed una spiegazione: si alzano, spirano, soffiano, mutano direzione sibilano, si placano, cadono. E possono essere caldi, gelidi, umidi, secchi, a folate, a raffiche.

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NATALE COI FIOCCHI di Federico Gallo

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Mi aveva levato di sentimento. Lui che cacciava beccaccini con la sua kurzhaar Nanà, nelle piane di Neto, voleva venire a beccacce sui monti della mia Sila. Era troppo amico per dirgli di no ma sapevo anzi indovinavo che non aveva la stoffa del beccacciaio. Almeno, ancora non l’aveva. Beccacciai, per la maggior parte, ci si nasce. Non si può diventare beccacciai solo perchè si ha una doppietta che spara un cane che forse le trova e delle cartucce che forse le fermano. L’arte della caccia alla beccaccia è altra cosa. E’ sentimento nell‘estraniarsi dal mondo,tensione nel seguire il campano del cane,sintonia col bosco e i suoi ospiti,ritmo nello sparare. Comunque dovetti acconsentire.

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BECCACCIA, AMORE MIO! (da una confidenza di Stefano Mentoni) Il grillo saggio tratto da “il tiro”

Houtsnip-04(imprevedibilità della beccaccia e relative “leggende metropolitane”)

Nei primi anni ’80, poco più che ventenne e senza precedenti in famiglia, iniziai a dare sfogo alla mia grande passione per la Caccia. Dopo aver divorato tutto quel poco che allora c’era di pubblicato in materia venatoria ed essermi abbonato a “Diana – La Rivista del Cacciatore”, con tanta confusione in testa in materia di vita, migrazione, luoghi di pastura, di soggiorno e di modalità di caccia dell’arciera, mi ritrovai di sera ad ascoltare, nel circolo cacciatori del paese dove mi ero da poco trasferito, i racconti più strani e i motti correnti sugli incontri con la Regina del bosco. Ascoltavo defilato, ma con molta attenzione gli anziani ed i loro aneddoti di caccia cercando di selezionare un filo logico per approcciare quel selvatico tanto agognato!

Un detto su tutti, mi aveva colpito: “Nel terreno coperto da falasco non pascolano neanche i somari, figuriamoci la beccaccia!”; infatti, come noto, essa predilige terreno senza fogliame, con qualche cespuglio rado, non gradisce il bosco molto folto e sporco e cose del genere…

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Il trialer beccacciaio: valutare il cane da caccia su beccaccia da redazione Caccia Passione

Help della Trabaltana

E’ possibile dare la caccia alla regina dei boschi in compagnia di un trialer proclamato o meno? Una delle risposte possibili a questa domanda, forse la più giusta e semplice sarebbe: “non solo si può, ma di deve”. In tanti parlano di trialer e in pochi sono in grado di descrivere una creatura tanto bella e tanto complessa. Che sia proclamato o meno, il trialer, quello vero, lo riconosci esclusivamente sul campo di gioco, e quando si parla di caccia e beccacce il campo di gioco è inevitabilmente il bosco. Non tutti lo fanno, ma sarebbe buona cosa, piuttosto fruttifera per il cacciatore, associare all’idea di bosco, di caccia e di beccaccia quella di trialer.

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Cosi è il TRIALER….se vi pare !! di Giuseppe Coti Zelati allevamento Marzale’s

 

Mirca di G. Castellani in ferma su coturnici

Mirca di G. Castellani in ferma su coturnici

Sbagliando s’impara, recita un ‘antica sentenza. Nel personale e nello specifico : sbagliando s’impara ….a conoscere il trialer. Almeno credo. Di certo mi rimane l’errore ed in canile il mio primo e forse unico trialer al quale ho tolto ogni possibilità di esprimersi, da tale. Oggi però posso dire che :…”la strada dell’eccesso conduce alle porte della perfezione…..” (Bob Dylan). Cosi infatti mi piace dipingere il trialer : l’eccesso. E ancora.”…la mia normalità è l’eccesso….”(Ornella Vanoni). A suffragio.

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Cacciare la beccaccia: l’approccio al bosco di David Stocchi

Help della Trabaltana

Help della Trabaltana

La Beccaccia, è una creatura affascinante, il suo mistero, l’ambiente in cui vive e non per ultimo la sua morfologia, hanno da sempre attirato numerosi appassionati.

La sua caccia è tra le più belle ed impegnative ed è proprio per questo che porta, chi si accinge a praticarla con una certa costanza a specializzarsi, infatti, è solo con la specializzazione che si riescono ad ottenere buoni risultati coronati dall’esaltante emozione provata nel momento in cui stringeremo tra le mani la nostra amata Regina.

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IL SETTER INGLESE “TRIALLER” in Italia. Scritto da Cristoforo Concini Setteringlese.com

Crocedomini a caccia

Tanto si è scritto e molto ancora, per fortuna, si scriverà.

Questo breve cenno storico, frutto di mie appassionate ricerche e basato solamente (purtroppo non ho avuto esperienza alcuna di “vita cinofila”, nè diretta nè indiretta) su dati ufficiali rilevati dal Libro delle Origini e da alcune Riviste specializzate, è semplicemente un modo per fissare, nella mia memoria, le “tappe” fondamentali che questo Trialler ha percorso nel nostro Paese.

Mi auguro che possa essere apprezzato anche da Voi tutti e risultare spunto per considerazioni, commenti, critiche e tutto quello che, sulla base di un confronto civile, può servire per accrescere, in me sicuramente ma anche in tutti coloro che lo desiderassero, la consapevolezza del valore “sostanziale” della Razza in argomento.

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Autunno 1997 di Mirco Peli

2013 (451)Quest’anno ho cacciato da solo. Mario ha avuto dei problemi familiari e ha rinunciato alla caccia. I cacciatori che incontro, sostengono che non trovano beccacce, al contrario io non mi posso lamentare, non né incontro tantissime però Astro qualcosa trova sempre. Inoltre riesco a tenere una buona media nel tiro, grazie al fatto che ammazzo anche alcune beccacce con colpi fortunati. Va bene l’esperienza nel tiro al folto, ma a volte, è fortuna sfacciata, in ogni modo il carniere lo rimedio. Non ho ancora ben capito cosa scatta in me quando caccio da solo. Forse più o meno inconsciamente voglio dimostrare a chi non è venuto che a beccacce non bisogna mai mollare, oppure mi sento in dovere di battere anche il terreno che avremmo battuto in due. Il risultato è che faccio delle camminate pazzesche, ma che a volte ripagano con grosse soddisfazioni.

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L’inteligenza dei cani di Rodolfo Grassi

_DSC3915Il primo a porsi il problema sull’intelligenza dei cani fu Aristotele dicendosi convinto che differissero dagli uomini solo nel grado di possesso delle doti mentali e quindi di fatto ammettendone l’intelligenza. Dopo di lui altri filosofi e scienziati affrontarono il problema ma mai alcuno riuscì a dimostrare che i cani non fossero intelligenti.

Charles Darwin in “Origine dell’uomo” scrive: “i sensi e le intuizioni, le varie emozioni e facoltà delle quali l’uomo va fiero, come amore, memoria, attenzione, curiosità, imitazione, ragione, eccetera, possono essere riscontrate in una fase incipiente o talora persino sviluppate negli animali inferiori”. Ed Enrico Oddo vicepresidente dell’Ente nazionale della cinofilia italiana scomparso nel 1980. “Su di un substrato di carattere dolce e riflessivo come quello del Laverack l’intelligenza è qualità suscettibile di agevole esaltazione. A ciò a mio avviso molto si deve del successo del Laverack come ausiliare da caccia”. L’autore, che fu uno dei giudici internazionali fra i più stimati si dice poi convinto che è profondamente sbagliato ritenere che nella caccia siano sufficienti le doti atletiche, il buon naso e la ferma solida.

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