CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

Mese: Luglio 2017

LA “NOTA” STONATA – di Cesare Bonasegale

coturnici_albania-8Il significato della “nota del concorso” è esclusivamente in funzione della cerca e del tipo di selvaggina oggetto della caccia. I frequenti equivoci rispetto allo “stile di razza”.

Intendo la “nota del concorso” a cui recentemente sono state dedicate alcune spiegazioni con il lodevole intento di portare chiarezza. Se però il risultato è di maggior confusione, di lodevole restan solo le intenzioni. Innanzitutto sgombriamo il campo da un frequente equivoco: non c’è nesso alcuno fra “nota del concorso” e “stile”, perché: • la “nota del concorso” riguarda le modalità della cerca in funzione del tipo di selvaggina oggetto della caccia; • lo “stile” invece è l’espressione della tipicità di razza con cui viene svolta la funzione. Il trotto del Bracco italiano ed il galoppo pres-de-terre del Setter devono essere tipici (cioè in stile) su qualsiasi terreno indipendentemente che si caccino le starne o le beccacce o i fagiani.

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La caccia nel paese delle aquile come questione politica…

942BE322DB524F30BEC13ECFBDFCAD7DDopo tre anni di moratoria sulla caccia in Albania tramite l’amico Bledar Flaga abbiamo il quadro dell’attuale situazione.

Per analizzare la moratoria sulla caccia imposta in Albania dal 2014, prima si dovrà fare una breve retrospettiva sul personaggio chiave nella ideazione e applicazione di tale idea, mai esperimentata in Europa. Questo personaggio si chiama Edvin Rama ed è l’attuale primo ministro del Albania.

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IL NASO …. E COS’ALTRO? – di Cesare Bonasegale

Un’analisi delle condizioni in cui viene esercitata la funzione olfattiva del cane da ferma e le variabili che la influenzano. Lo schema genetico di trasmissione della potenza olfattiva. I dubbi sull’ esistenza di altre capacità sensoriali sconosciute .

IMG_2552Nello svolgimento della funzione olfattiva, il cane da ferma ha un comportamento finalizzato alla percezione delle molecole di odore sospese nell’aria (*), che il vento trasporta da una fonte più o meno lontana. Il suo sviluppato apparato olfattivo gli consente di avvertire tracce d’odore che la distanza da cui provengono ha reso rarefatte. Volendo fare un parallelo con la funzione visiva, il buon naso del cane da ferma è l’equivalente di una lente d’ingrandimento. Se il selvatico, fermato dal cane, si sottrae a piedi, le particelle d’odore presenti nell’aria diventano più rarefatte perché la loro fonte si è allontanata; il cane allora si muove per ricollocarsi dove l’aria contiene ancora un’intensità di odore tale da dargli certezza della presenza del selvatico. Questa azione – ovvero “la guidata” – viene svolta autonomamente come diretta conseguenza della percezione olfattiva del cane ed è assurdo esigerla a comando, come alcuni pretenderebbero.

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IL FISCHIO, QUANDO E COME – di Cesare Bonasegale

Le modalità dell’utilizzo del fischio nella conduzione del cane da ferma

Ferme ricordo (38)La capacità di orientare e gestire efficacemente la cerca del proprio ausiliare è una prerogativa irrinunciabile per chi si dedica alla caccia col cane da ferma. Su questo tema ho già intrattenuto i lettori in altre occasioni, ma l’importanza dell’argomento (e la frequente constatazione dell’impreparazione dei cacciatori cinofili in materia) mi inducono a riproporre l’argomento, spiegando i meccanismi comportamentali del cane che determinano la cerca. La cerca è espressione dell’istinto predatorio, che il cane ha ereditato dal lupo e – come tutti i comportamenti provenienti dal suo antenato – è un carattere geneticamente dominante.

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A PAROLE SON TUTTI “GRANDI CANI” – di Giacomo Ronconi –

La necessità di confrontarsi in gare su selvatici autentici quale unico mezzo per la verifica delle reali qualità dei nostri ausiliari.

Non ho mai decantato troppo le doti dei miei cani e le poche volte che mi è capitato di descriverne un bella azione a qualche cacciatore, mi è sempre parso di riscontrare in lui quasi un senso di diffidenza, come a dire:  “vabbè diamogli un taglio!”. Del resto, come dargli torto? In armeria siamo talmente abituati ad ascoltare racconti leggendari sui cani dei vari avventori (soprattutto dopo la loro morte) che diviene inevitabile essere prevenuti. In verità, se tutti avessero i cani che credono di avere (o meglio, che raccontano di avere) allora non faremmo fatica a scegliere stalloni e fattrici per la trasmissione di quelle grandi qualità che, viceversa, solo in pochi possiedono.

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