Il 12 febbraio 2019 ci ha lasciato Fabio Perco, uno dei tre “Perco” della mia vita! Si perché da quando ho cominciato ad interessarmi con un po’ di serietà di gestione faunistica, in un momento o nell’altro ci si doveva rivolgere ad uno di loro. Il padre avv.Dino, fa parte a sé perché, conosciuto come bravo pittore di fauna selvatica sulla rivista “ Diana “, è stato particolarmente apprezzato come autore, in collaborazione con il figlio Franco, di un agile, ma meraviglioso libretto “Valutare il capriolo” (1970), illustrato di suo pugno in maniera sublime (non posso non citare la tavola riassuntiva del ciclo annuale del Capriolo con tutte le sfumature di colorazione in 9 strisce nei periodi da aprile al marzo seguente). Ebbi occasione di frequentare più volte Franco (laurea in Scienze naturali e Legge) in convegni relativi alla gestione faunistica degli Ungulati, ai Parchi….avendone apprezzato la preparazione, ma anche l’inconfondibile, unico direi, modo di porsi e spiegare le situazioni …oltre alla comune passione per la Caccia.
Mese: Febbraio 2019 Page 1 of 2
Il vecchio guardacaccia Bista aveva con sé anche un canuccio chiamato Moschino. Era un cane povero, mezzo intignato, uno di quei cani che i barrocciai toscani portano in cima ai loro carichi a far la guardia quando di notte se ne vanno ai mercati lontani, dormendo su un mucchio di fieno, assai più di quanto comportino i regolamenti stradali.
Una bestiola umile, anzi un po’ ripugnante per un occhio bianco opaco (era stato un pallino di rimbalzo di una fucilata a una lepre), che gli dava un che di sinistro. L’avvocatino (i due giovani, mi si disse, erano laureati da poco, uno in legge e l’altro in medicina) fece una smorfia e domandò a cosa doveva servire quello scarto di cane. Ma non insistè nelle sue poco cortesi osservazioni quando il guardia gli disse che era un ottimo cercatore specialmente adatto per la macchia.
Sabato 16 febbraio 2019 su Midi Libre è stato pubblicato l’annuncio della scomparsa del prof. Charles Fadat noto a tutti coloro che in Europa hanno appena approfondito delle problematiche della caccia alla Beccaccia e della sua gestione. Praticamente mio coetaneo, avevo cominciato a interessarmi alle sue ricerche negli anni ‘70: naturalista di campo e cacciatore, già prima interessato a questi studi nell’ambito del Club National des Bécassiers, nel 1976 divenne responsabile della Section Bécasse dell’Office National de la Chasse, creato in seno al Ministero dell’ambiente per rendere operativo il programma del Groupe de Recherches sur la bécasse, avviando studi su riproduzione, migrazione e svernamento della specie.
LO SPINONE
Alto sessanta centimetri, circa, al garrese; pesante: oltre i trenta, maschio o femmina, indifferentemente. Solido, rustico, forte. Docile, paziente, socievole. Ama il padrone, cacciatore o non, come “un cane “ : senza ambizione di ricompense, senza timore di castighi.
Quindici ottobre 1952; mi son segnato la data perché è stata per me molto importante. Il tempo era splendido, un sole quasi settembrino. Erano le sei del pomeriggio. Uscito dall’università. giravo per Milano, felice dei miei vent’anni, guardando in giro come un cane da caccia.
Domanda storica e ad oggi insoluta anche se assai dibattuta, almeno quanto alla Beccaccia eurasiatica, per quella americana la risposta sembra certa : una sola!
Nell’ autunno 2018 l’alta percentuale di giovani nell’altrettanto elevato numero di beccacce arrivate e prelevate nell’Europa occidentale – d’altra parte preannunciata dai ricercatori Russi che negli inanellamenti di settembre avevano rilevato un alto successo riproduttivo a fronte di quello molto basso della stagione precedente (2017/18) cui era seguito un basso ritorno di soggetti nei conteggi alla croule – ha indotto qualche curioso della specie a pensare che questa rapida ripresa, da un anno all’altro, potesse esser legata proprio alla possibilità di una doppia deposizione e allevamento successivo di due nidiate (ovviamente grazie a condizioni climatiche particolarmente favorevoli alla schiusa e sopravvivenza di giovani).
Molti scrittori/cacciatori hanno scritto del pointer. Sintetizzo in poche righe il loro pensiero su questo “signore del vento”.
Giulio Colombo. Da “Il cane da ferma”. — Il pointer e le due razze di setters, l’inglese e l’irlandese sono i cani della brughiera, dei risi, della montagna a rada vegetazione, dove c’è da far strada se si vuole scovare e risparmiare tempo e passi; …. Io impiego il pointer anche a beccaccini e me ne trova, soddisfatto e non condivido affatto l’opinione di chi li piange come sacrificati.
Comunicato Wilderness – AIW
E intanto le autorità, tanto per essere geniali, stanno organizzando un nuovo convegno con le autorità! Ora temono sempre di più che qualche aggressione a persone li precipiti nel baratro delle polemiche, magari anche col rischio di qualche apertura di fascicolo d’inchiesta su tanti fatti del passato silenziati o fatto presto dimenticare (anche con l’aiuto dei media e di tanti sigle “autorevoli” ambientaliste, non nascondiamocelo). Certamente finiranno col dire che è dovuto ai cambiamenti climatici (ormai, tutti spiegano tutto con questo fenomeno: utile per sgravarsi di ogni responsabilità!).
Jean-Louis Cazenave della Commissione meteorologica del Club National des Bécassiers ha descritto molto chiaramente l’andamento climatologico relativo alla appena trascorsa stagione migratoria autunnale sul n. 289 de “La Mordorée”, Rivista Ufficiale di quel Club.Sinteticamente ne traduco i passi principali. (Silvio Spanò)
Nell’ambiente venatorio e dei fields i più esigenti in fatto di stile sono, notoriamente, i setterman. Li si riconoscono a distanza perché raccontano del proprio cane agitando le braccia a stantuffo con la testa incassata fra le spalle, come chi si aspetta una legnata sulla schiena, mimando interminabili gattonate che finiscono, sempre, con uno spalancar di braccia a ventaglio, le dita delle mani tese ed un estasiato “brrrr…le starne !”.