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Giancarlo Bravaccini un beccacciaio

Tell sia munito di bùbbolo, perchè dovendo esso lavorare quasi costantemente al folto e necessitando di distanziarsi’ fuori vista, sia consentito a voi sapere sempre approssimativamente dove staziona l’ausiliare e da qual parte attendere l’ovattato sfarfallar della beccaccia che si sottrae dal bosco.

Distanziarsi?

Intendiamoci: se c’è collaboratore dal quale dovete pretendere il più stretto collegamento, quello è proprio il cane beccacciaio, gli è lecito però allontanarsi anche a grande distanza, durante l’esplorazione quando voi state appostato in basso all’imbocco della valletta di ontani o di castani a castello folto; allora il cane ha il compito preciso di risalire la valletta fino in cima, evitando a voi di avventurarvi nel folto;

né deve inerpicandosi trascurare alcun recesso sui lati delle sponde limitrofe; il bùbbolo vi avverte dei progressi affievolendosi, quando tace segno è di cane in ferma, quindi: ferma categorica, costante, su presenza reale; se persiste immobile e siete a portata d’udito, date la raganella, non perché forzi intendiamoci, ma perché riprenda la cerca se con selvatico assente, avvertendovi col suono del bùbbolo.

Zeus con Mauro Zolin

Per abituarlo a seguire la pista fategli annusare le fatte biancocenerine, col fagiol nero nel mezzo, grandi, ovali, spesse, vischiose, e le tracce del foro delle beccate e le impronte e… il sentore lo riconosce lui, e cane specialista non necessita di gran naso, ma fiuto analitico che lo porti a rimontare lentamente districando gli andirivieni, selezionando le tappe recenti dalle vecchie stazioni ormai neglette dalla beccaccia, quelle rafferme, dicono costi; sia guidato il filatore dalla emanazione direttamente alla fonte, naso per terra se gli fa comodo e non importa un fico, è l’unica caccia nella quale l’esperienza insegna di tollerare tale necessità, negativa ad altre cacce; il naso del cane ha da servire per reperire, non per eleganze; se serve strofinarlo per terra è elegante a quel modo, in rapporto al reddito. O preferite naso al vento e beccaccia che vi guarda mentre la sorpassate, lei mimetizzata nelle frasche?

Il cane beccacciaio non rincorra mai la beccaccia che gli frulla davanti, rischiando di prolungare una rimessa che di solito è quasi sempre immediata, nei paraggi, col sette, ossia ritorno sfiancando della beccaccia a posarsi poco discosto, restia ad abbandonare il pascolo.

Riporto: immediato.

Consenso: sempre a qualunque caccia il consenso è essenziale, ma soprattutto quando nel folto non vi è possibile imporlo perché non a cognizione colla vista del mancato rispetto.

L’ideale: un sol cane, due cacciatori.

Meglio: soli, cane e fucile.
Tutta l’astuzia, tutto l’incanto, tutta l’arte della caccia alla beccaccia in montagna è compendiata nella progressione descritta, senza altri ghirigori; meravigliosa cooperazione di due passioni, di due malizie, di due intelligenze, la più perfetta delle associazioni.

Uccidere beccacce senza cane è tal quale andare al concerto non avendo orecchio per la musica; peggio… ma non insisto.

Il beccacciaio da montagna è ausiliare specializzato con qualifica brevettata, inconfondibile, perché in montagna la beccaccia è regina, in pianura l’ancella e non richiede particolari malizie di cane e cacciatore, e non starò a parlarne.

Ungete i piedi del vostro ausiliare di buon sego; i vecchi cacciatori non scordavano mai nel sacco un paio di candele da intiepidire e strofinarne a forza di pollice il corame delle suole di Tell, la sera, di ritorno alla baita. Tale unto mantiene le suole morbide ed elastiche, atte a reagire al contatto aspro delle sassaie; durante il riposo notturno le ferite e le screpolature si rimarginano alla bell’e meglio, meglio però che se lasciate asciutte.