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Emilio Pedrazzini, allevatore di mitici Spinoni, è mancato il 5 febbraio di Cesare Bonasegale

Era il 1972 o il 1973, non ricordo, dovrei spulciare i libretti di lavoro dei miei cani d’allora. Eravamo a Castelletto Cervo, in baragia, ad una prova di fine agosto e fu una giornata che non potrò mai dimenticare per due fatti: un mio Bracco fermò un volo di colini imbroccati su di una robinia -cosa che non mi capiterà mai più in tutta la vita – e conobbi Emilio Pedrazzini, che anche lui partecipava alla prova con tre Spinoni.

Emilio aveva una meritata reputazione da cacciatore di beccaccini ed era noto per le trasferte in capo al mondo a caccia di starne, cosa che facevo anch’io. Ed infatti ci intendemmo subito: eravamo coetanei, avevamo in comune la passione dei cani ed eravamo tutte e due degli inguaribili giramondo. Organizzammo così una trasferta in Kossovo, dove io non ero mai stato ed invece lui ci aveva già cacciato una volta. Caricammo in macchina due miei Bracchi italiani – Lord e Smit- ed un suo Spinone, il mitico Trebbio detto Tuono. Strada facendo ci fermammo ad Umago per una prova. A quei tempi si correva in coppia e Lord venne sorteggiato con Carina, una gran cagna condotta da Bottani, il quale aveva sperato nel sorteggio con un’altra femmina perché Catina era in calore e mi disse quindi che doveva ritirarla. lo invece lo tranquillizzai assicurandogli che nel turno Lord l’avrebbe ignorata. E cosi fu, tanto che Lord vinse il cartellino. Le buone lingue presenti dissero subito che era perché Lord non montava e per tutta risposta chiesi a Caranti – il padrone di Catina che assisteva alla prova se voleva che facessimo l’accoppiamento. Alla sua risposta affermativa Lord copri la cagna seduta stante, li in mezzo a tutti gli spettatori. Emilio Pedrazzini era con me, lui pure alli-bito dal comportamento di Lord, che considerò sempre come un fenomeno irripetibile. Da quell’accoppiamento nacque Umago, un grande campione battezzato cosi proprio perché concepito in quella città. Riprendemmo il viaggio ed arrivammo a Pec, dove cacciammo quattro giorni sotto una pioggia torrenziale. A quei tempi le starne costavano un dollaro l’una (la moneta americana all’epoca valeva suppergiù 650 lire) ma in effetti ci addebitavano si e no la metà dei capi effettivamente presi. Cacciammo separati, io alternando Lord a Smit ed Emilio da mattina a sera col Tuono, che non sprecava un passo in virtù di un’impressionante abilità nell’ottimizzare il percorso in relazione al terreno ed al vento.

Emilio era il miglior fucile che io avessi mai visto: con il suo micidiale automatico Breda, da un volo riusciva a metta giù cinque starne con cinque colpi; la coppiola a beccaccini era per lui normale amministrazione! Fatto sta che quella volta alla fine dei quattro giorni le mie starne erano un numero a tre cifre, ma lui ne aveva fatte più del doppio. L’anno dopo scoprimmo la Polonia e fummo fra i primi ad andarci, proprio al confine con la Russia, dove i terreni erano magri e le patate fanno una vegetazione alta una spanna. Là le starne si comportavano… da starne e c’erano anche un sacco di lepri per correggere i cani. Insomma un paradiso! Poi venne Chernobyl e scomparve tutto. lo avevo sempre molti cani da lavorare, quindi un solo furgone per tutti e due non bastava; così ci dividemmo, magari frequentando gli stessi posti, ma separatamente. E dopo aver guidato anche 36 ore di fila ci incontravamo nei posti più impensabili ed era sempre una gran festa. Continuammo a vederci ed a sentirci per più di vent’anni. Emilio Pedranini -che per noi della vecchia guardia era “Migliéto” – è stato un grande cinofilo perché è stato un grande cacciatore e sia chiaro che – per i cani da caccia – l’una cosa senza l’altra è impossibile. Chi sostiene il contrario non ha capito niente! Ci sono in giro personaggi che se la tirano da grandi allevatori e cinotecnici delle razze da ferma, magari sono anche giudici (poveri noi!) e che se li vedi a caccia sono un disastro. Ma credete a me: sono un disastro anche come cinofili! Il grande cacciatore non si accontenta del mero cane, vuole il meglio, è estremamente esigente, nessuno meglio di lui sa valutare se un cane è veramente bravo, lui vuole arrosto, non fumo, perché la vera selezione è fatta dalla caccia, non dagli estenuanti turni di allenamento nelle mani di prezzolati dresseur o dalle astruse valutazioni di un giudice senza fucile e che a caccia fa pena. Il cane migliore è quello che ti fa sparare di più nella caccia vera, non nelle addomesticate farse su selvaggina imbalsamata. Tutto questo Migliéto sapeva benissimo ed ha sempre messo in pratica meglio di chiunque altro. Come ho detto, era un fucile eccezionale, ma non l’ho mai visto cacciare senza cane, anzi senza un suo cane. A volte siamo stati invitati a sparare all’aspetto delle anitre, ma lui ha sempre rifiutato. La fucilata in sé non gli bastava, era solo la conclusione di una felice collaborazione fra la sua eccezionale esperienza di cacciatore ed un cane superlativo (e se un cane non era superlativo, a casa sua non resisteva molto!). Tuono è stato il suo più grande Spinone. Ricordo che una volta in Montenegro passava dai beccaccini nei prati marci, alle beccacce il giorno dopo ed alle coturnici il giorno dopo ancora. Il tutto come il più consumato specialista. E Migliéto dietro di lui a riempire il carniere. Tuono però non riusciva a dargli figli del livello che voleva lui. Pedrazzini comprò allora una sorella piena del Tuono, la Teresa, e la portammo in Kossovo a starne. Era una eccellente stilista, ma non aveva la presa di terreno dello starnista (o se preferite del beccacinista, o ancora del cane da montagna). Nel viaggio di ritorno mi fece un sacco di domande sulla genetica del pelo e su cosa succede se si fa un incrocio tra un cane a pelo raso ed uno a pelo forte. Gli spiegai che il pelo forte è dominante e che quindi i figli avrebbero certamente avuto il pelo duro, tant’è vero che il libro gemalogico del Drahthaar era rimasto aperto fino a pochi anni prima per consentire l’immissione dei Kurzhaar. Che però la lunghezza del pelo duro era un fattore quantitativo. quindi un poligenico senza dominanza; in altre parole poteva capitare di avere anche dei soggetti con poco pelo e scarse difese.

Quando fummo quasi a casa mi chiese se poteva far coprire la Teresa dal mio Lord ed io dissi che il mio cane era nel canile di Puttini e che facesse un po’ quel che voleva. Nacque il Trebbio 2°, che mi pare fu campione assoluto, e una femmina bianco arancio, la Tea che era ancor meglio. Da quel ceppo arrivano tutti gli Spinoni più famosi degli ultimi vent’anni. Trebbio e Tea erano in Istria con Puttini quando non avevano ancora un anno ed io ero là con loro. Trebbio fu subito molto positivo, mentre Tea dopo le prime ferme, Si mise ad andare come una saetta e di fermare non voleva saperne. D’autunno andammo in Polonia e Migliéto  legò la Tea alla sua cintura con una corda lunga almeno dieci metri e tutte le volte che partiva un volo di starne gliene metteva giù un paio. Nel giro di qualche giorno Tea si mise a fermare e divenne un fenomeno. Tutti i cani di Pedranini furono degli ottimi trottatori, semplicemente perché quella era l’unica andatura che consentiva ai suoi cani di cacciare da mattina a sera per una settimana di seguito. Perché con Pedrazzini quello era l’andazzo. Perché è la funzione che fa il tipo!. Poi la salute gli venne meno, ebbe problemi di cuore e poi altri ancora. Dopo che Puttini si era ritirato dai campi di prove, passò i cani a Tognolo, ma non era più il Migliéto dei bei tempi. Era già l’inizio della fine. Adesso ha lasciato in noi tanti bei ricordi ed un gran vuoto nel cuore.