CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

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Articolo del 1983 A beccaccini oggi di Adelio Ponce de Leon

Emma foto di Mirco Peli

Nonostante gli inquinamenti delle acque e dei terreni, i diserbanti e l’intensa coltivazione di pioppi e di granoturco, nella valle Padana ne passano ancora parecchi.  La caccia è ancora possibile ed i carnieri possono fare invidia a quelli di venti o trenta anni fa. 

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RITRATTO PSICOLOGICO DEL VERO CACCIATORE di Adelio Ponce de Leon

La caccia è una passione, una forte passione. Ma cosa è la passione? E desiderio energico e durevole, radicato in una profonda impressione di qualsiasi natura. Ora, esaminare l’influenza della passione per la caccia, di questo mottis animi in un animo normale, ben equilibrato, costituisce la “psicologia del cacciatore”. Il campo di azione della caccia è funestamente ricco di soggetti patologici; ciò si spiega facilmente ponendo in risalto la debolezza della psiche e la gagliardia e violenza della passione venatoria.

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LE FOLLIE DELL’AMORE di Adelio Ponce De Leon

Beccaccino

Beccaccino

Le evoluzioni del beccaccino nella stagione degli amori secondo le osservazioni di illustri ornitologi e naturalisti.

Su questo argomento hanno scritto quasi tutti gli ornitologi e trattatisti che hanno parlato del beccaccino. Quelli italiani hanno riportato quasi integralmente le parole usate dagli scrittori nordici che sono i soli che hanno potuto vedere le sue evoluzioni durante la fase amorosa, osservare i nidi, controllare le uova, le nascite ed il comportamento dei piccoli.

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Finita! di Adelio Ponce de Leon

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C’è un momento triste nei tuoi giorni in cui ti dici… Ho superato i novant’anni e comincio a sentirmi vecchio. Una notte nel letto, prima di chiudere gli occhi, mi sono detto: “È finita!”. Mi sono sempre ritenuto un cacciatore secondo a nessuno. Ma ora ho superato i novant’anni e improvvisamente mi sono sentito vecchio. Al Palazzo di giustizia, durante una delle ultime arringhe, mentre stavo difendendo un imputato avevo tra le mani il codice e mi accingevo a leggere una di quelle massime della Cassazione scritte in corpo piccolissimo in calce agli articoli.

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Le memorie di Adelio Ponce de Leon. Parte terza e ultima

                                   CopertinaGli anni d’oro

Nel gennaio del 1931 veniva approvato il primo Testo Unico della caccia, che regolava l’esercizio dell’attività venatoria in tutta Italia. L’apertura e l’esercizio venivano comunicati con un manifesto nazionale valido per tutte le province. Con la sola licenza di caccia si poteva sparare dalle Alpi alla Calabria, alla Sicilia, alla Sardegna in piena libertà senza balzelli ad animali che venivano designati in due categorie: selvaggina nobile stanziale e migratoria con l’aggiunta dei nocivi. Andavano fieri i cacciatori che si dedicavano alla stanziale vantandosi eletti, distinti, elevati, nobili nei confronti degli uccellinai, dei vaganti, dei roccolai, dei capannisti, dei becchipiatti, dei migratoristi, considerati i paria della grande passione. Il nuovo Testo Unico creava anche la Zona Alpi, di difficile gestione tra le pretese dei montanari, gelosi del loro ambiente e della loro fauna, e quelle dei cittadini, che pretendevano uguaglianza di diritti.

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Le memorie di Adelio Ponce de Leon – “Parte seconda di tre”

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La giovinezza

Avevo ancora i pantaloni corti e già seguivo nelle battute di cacciatori locali.

Facevo lo schiavetto al Turin Balum (Ettore il pallonaio), uccellatore con la civetta sul paletto, alla metà del quale era infissa una gabbietta circolare con un foro centrale da richiamo per i primi catturati della giornata. Turin portava la sacca con le panie. Lo aiutavo a tirar fuori dalla panie le bacchette, smaliziato nel rotearle e nel rendere uniforme la patina di vischio. Sapevo che bisognava bagnare con la saliva le dita prima di toccare le bacchette per impedire l’appiccicamento del vischio.

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Le memorie di Adelio Ponce de Leon “Parte prima di tre”

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Dalla giovinezza alla vecchiaia

Superata la soglia dei novant’anni, non mi resta che rivivere la mia lunga avventura cacciatoresca nei ricordi che ripercorrono tanti cambiamenti, dalla caccia libera ovunque al susseguirsi dei divieti sempre più severi contro la nostra passione, alla fauna stanziale autoctona che è mutata nella quantità vicina all’estinzione o in novità di specie, in un panorama di esercizio tanto mutato durante un secolo.

All’inizio del Novecento, la caccia era praticata in massima parte da contadini, operai, impiegati, benestanti, gente del popolo che godeva della tranquillità della vita del Paese, paga della quantità di selvaggina abbondante nelle campagne, in pianura, nei boschi, in collina e in montagna, ove era possibile cacciare in ogni parte d’Italia con la sola licenza di caccia.

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Biografia Avv. Adelio Ponce De Leon -di Romano Pesenti-

Nasce a Gavirate nel 1915, sulle sponde del lago di Varese ed è discendente da una nobile famiglia spagnola che vanta un Vicerè di Napoli, Don Antonino (1642), un Governatore di Milano, Don Luis(1662) ed un “Conquistador”, Don Juan, che nel 1555, in cerca della “fontana della giovinezza”, scoprì in America la Florida.

E’ vissuto a lungo a Milano e, laureato in Scienze politiche e in Giurisprudenza, verrà poi da tutti conosciuto come l’”Avucàt”.

Assiduo frequentatore della Procura e del Palazzo di Giustizia per professione, dedica parte del suo tempo per scrivere articoli di caccia, roso da un’atavica passione di famiglia, che lo coinvolge già giovinetto in maniera quasi maniacale.

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Beccaccini fuori porta di Adelio Ponce de Leon

Beccaccino

Beccaccino

Nel nostro Paese stanno ormai scomparendo marcite e altri terreni idonei, gli appassionati sono quindi costretti a espatriare per poter fare carnieri I beccaccinisti non trovano più in Italia lo spazio sufficiente per esercitare la loro attività. Oggi le marcite, dimora preferita dai “becchi lunghi” che, tra le tenere erbe con acque tiepide, quando tutto il paesaggio attorno era attanagliato dal gelo trovavano qui ampie pasture di vertebrati e invertebrati, sono scomparse. Ecco allora i nostri cacciatori superare le frontiere, solcare i mari e gli oceani per poter cacciare in libertà. Ma dove vanno?

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Ponce de Leon – Un grande scrittore tra passato e futuro-

Roberto Lemmi

Dal filo dei ricordi di un nostalgico cacciatore scaturisce un appello al buonsenso per il bene della natura

Sono tornato davanti all’antico camino nel salone della vecchia casa del paese affrontato da pensieri e speranze. Ma varrà la pena di rinnovare la licenza dopo ottant’anni di attività venatoria? Non è che mi spaventi, perché il corpo e la mira hanno conservato la validità degli anni migliori, ma mi opprime il pensiero di una caccia ormai troppo moderna. Ricordo i calendari di tanti anni fa. Erano grandi come quelli di oggi, ma i caratteri erano enormi per poche e chiare regole. Apertura e chiusura e brevi nozioni di carattere generale.

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