Come enunciato dal titolo del Convegno, il tema riguarda la preparazione venatoria non di una qualunque razza da ferma, ma dello Spinone. Quindi per prima cosa dobbiamo capire chi è lo Spinone. Ovviamente non mi riferisco alla sua morfologia (che fra l’altro è stata illustrata tanto efficacemente poco fa proprio su questo palco dai giudici del Raduno) e neppure alle caratteristiche previste dallo standard di lavoro che – se siete appassionati di questa razza – certamente conoscete come e meglio di me. Mi riferisco invece al carattere dello Spinone che bisogna capire e correttamente interpretare. E qui è necessario fare una piccola parentesi. La capacità di apprendimento del cane si basa sulle esperienze che riesce ad accumulare che gli fanno associare determinati comportamenti alle relative conseguenze; in pratica cioè se comportandosi in un certo modo ottiene un premio…. oppure un rimprovero.
Categoria: Club dello spinone
La grande espressività del lavoro dello Spinone ci consente di interpretare chiaramente ogni suo atteggiamento in caccia.
Tutte le razze da ferma hanno comportamenti propri che, se fossero tutti eguali, farebbero venir meno la ragion d’essere delle varie razze. E l’insieme di questi comportamenti si chiama “stile di razza”, trasmesso da un codice genetico di generazione in generazione, che gli allevatori devono conservare e fissare mediante oculata selezione. Questo è almeno ciò che dovrebbe succedere ma che purtroppo non sempre accade, forse per inesperienza di chi alleva o forse perché alcuni si preoccupano solo di far nascere cuccioli e venderli. Però non ne vale la pena, perché coi costi odierni ad allevar cani – e per quel che mi riguarda, ad allevar Spinoni – non ci si arricchisce di certo.
Lo spinone in attività che ne utilizzano le doti venatorie per il monitoraggio di specie selvatiche che popolano le Alpi.
Emilio Pedrazzini, allevatore di mitici Spinoni, è mancato il 5 febbraio di Cesare Bonasegale
Era il 1972 o il 1973, non ricordo, dovrei spulciare i libretti di lavoro dei miei cani d’allora. Eravamo a Castelletto Cervo, in baragia, ad una prova di fine agosto e fu una giornata che non potrò mai dimenticare per due fatti: un mio Bracco fermò un volo di colini imbroccati su di una robinia -cosa che non mi capiterà mai più in tutta la vita – e conobbi Emilio Pedrazzini, che anche lui partecipava alla prova con tre Spinoni.