CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

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L’OLFATTO DEL CANE DA FERMA di Enrico Fenoaltea

Dal 1953 allevo e addestro per pura passione cani da ferma e considero la pratica venatoria un insostituibile laboratorio per sperimentazioni, verifiche e riscontri.

Il mio interesse per il cane in tutte le sue manifestazioni è stato sempre assiduo e alla fine sono giunto alla conclusione che la sua vera natura presenti ancora dei lati oscuri.

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Pressione selettiva e picco evolutivo di Enrico Fenoaltea

Foto di Angelo Lasagna

Alla conclusione, dovuta all’anagrafe, della mia esperienza di allevatore e addestratore di cani da ferma (utilizzati a caccia), iniziata nel 1953, per pura passione, ho maturato alcune opinioni frutto di un’esperienza individuale. Ho cacciato prevalentemente starne nelle sterminate pianure dell’Est Europa che, a mio avviso, restano per il cinofilo allevatore l’unico vero laboratorio per i confronti e le verifiche dei suoi esperimenti, ed ho potuto osservare che fino a 20/25 anni or sono, gli effetti della pressione selettiva sui cani si potevano osservare già dopo due o tre generazioni, mentre da allora gli sforzi tesi ad ottenere miglioramenti genetici risultano sostanzialmente sterili.

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I CUCCIOLI OGGI SONO PRONTA CACCIA DI Enrico Fenoaltea

Basco (della Trabaltana) di G. Bravaccini a 45 gg

Basco (della Trabaltana) di G. Bravaccini a 45 gg

E’ diffusa tra i cacciatori l’opinione che la bravura di un cane da ferma dipenda soprattutto dalla dotazione genetica e dalle sue esperienze di caccia pratica.

Anticipando le conclusioni di queste note io penso che in questi ultimi decenni, a seguito di un’accorta pressione selettiva sulla dotazione genetica, il rapporto del cane da caccia con il padrone-cacciatore sia divenuto un coefficiente di grande importanza (che si aggiunge a quelli tradizionali) per la bravura del cane adulto.

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INIZIAZIONE ALLA CACCIA E ISTINTO di Enrico Fenoaltea

Bartolomeo Cavaglià e i suoi cuccioloni in addestramento

Il dressaggio del cane è un argomento per specialisti (i dres­seurs in Italia sono numerosi e preparati), io non ho nè titoli nè presun­zione dí dire cose nuove: posso parlare solo dell’iniziazione alla caccia del cucciolone.

Come cacciatore cinofilo ho ormai 60 anni di esperienza e quindi ho maturato alcune opinioni anche perché negli ultimi 30 anni, ho avuto il privilegio di cacciare in riserve esclusive, le starne nella Voivodina, in Polonia, i coturnici nella Bosnia Erzegovina e ancora starne in Ucraina (estensioni sconfinate, selvaggina scaltra e naturale).

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COLLEGAMENTO E ISTINTO di ENRICO FENOALTEA

Foto di Mario Salomone

Il “collegamento” con il cacciatore ormai non è più un grande problema perché in genere i cani di buon sangue sono docili (la pressione selettiva ha dato suoi frutti) e istintivamente sono portati a non allontanarsi troppo dal padrone. E sufficiente soltanto qualche modesto esercizio di richiamo con qualche premio (mai in aperta campagna, ma solo in un luogo recintato) per insegnare un mi­nimo di obbedienza al richiamo. E’ essenziale che il padrone riesca ad imporre al cane la sua “dominanza”, alla quale l’istinto gregario del cane si assoggetta facilmente, stabilendo un riferi­mento definitivo con il padrone.

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CANE DA FERMA E ISTINTO di ENRICO FENOALTEA

Foto di Mario Salomone

Foto di Mario Salomone

Il comportamento di tutti gli animali è guidato dall’istinto, cioè da un corredo di azioni e reazioni automatiche, geneticamente fissate, finalizzate all’autoconservazione. Il meccanismo piacere-dolore garantisce la reazione utile e dissuade da quella pericolosa: ripetere ciò che giova alla sopravvivenza provoca benessere, mentre un impulso inibitorio (dolore, paura) dissuade dal compimento di atti potenzialmente pericolosi.

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LA CACCIA E LE CONCLUSIONI DI ENRICO FENOALTEA- 6/6 –

foto di Mario Salomone

(Le affermazioni degli anticaccia vanno esaminate una per una)

Dopo aver tratteggiato cosa la caccia “non è”, viene la parte più difficile: spiegare in che consiste.

Nella caccia l’attività materiale visibile dall’esterno non aiuta a capire, perché è solo il veicolo che innesca nell’animo del cacciatore quella partecipazione coin­volgente ed emotiva che è l’essenza dell’attività venatoria.

La caccia appare essere una serie coordinata di atti materiali tutti funzio­nalmente connessi, e perciò singolarmente privi dì autonomia e di significato: ma l’e­mozione finale che prova il cacciatore, è la metabolizzazione delle singole fasi com­portamentali assorbite da una dimensione rituale, nella quale i simboli sostituiscono la realtà.

L’attività venatoria è evocazione metaforica e liturgica (accessibile solo agii iniziati, e inaccessibile ai profani), di un universo occulto antropologicamente connaturato alla natura urbana.

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LA STORIA DELL’UMANITA’ E LA CACCIA DI ENRICO FENOALTEA -5/6

Foto di Mario Salomone

La peculiarità della caccia è di avere solo protagonisti (a differenza di altri sport che hanno anche spettatori), ed essi stessi hanno difficoltà  a darne una definizione.

infatti, se ad un cacciatore si chiede perché va a caccia, la risposta sarà: “perché mi diverte”.

Una risposta che non dice nulla, ed è analoga a quella che potrebbero da­re i praticanti di tutte le attività ludiche, come il gioco e lo sport dilettantistico.

Queste attività umane non sono praticate per conseguire utilità pratiche, ma sono svolte se si vuole, quando si vuole e per il tempo che si vuole (con sacrificio di tempo, di energia e spesso anche di denaro).

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CACCIA E UCCISIONE DI ANIMALI DI ENRICO FENOALTEA-4/6-

Romano Pesenti

Nella storia dell’umanità la sensibilità verso la privazione della vita degli animali è stata oggetto di continue variazioni in relazione ai tempi, all’ambiente, agli usi, alle necessità alimentari, alle convinzioni etiche, filosofiche, religiose, e all’ethos proprio di ogni società. Per millenni l’uomo non ha avuto alcun dubbio sul potere di disporre sen­za limite dell’uso e della vita degli animali sia selvatici che domestici. Da pochi decenni, ed esclusivamente nelle comunità urbane (nelle quali l’uomo, ha contatto solo con gli animali di compagnia e ne antropomorfizza il rapporto) sono sorte correnti “animaliste” che tendono a riconoscere agli animali un diritto alla vita e alla libertà pari a quello dell’uomo: esse si richiamano impropriamente alla legislazione vigente, che invece vieta di infliggere “sofferenze inutili” agli animali, considerate “offesa” a quel senso di pietà verso la sofferenza che è comune a tutti gli uomini (la legge esclude la macellazione alimentare, quella rituale degli ebrei e dei musulmani, la caccia, la pesca e la vivisezione scientifica).

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EQUILIBRIO ECOLOGICO – BIODIVERSITA’ DI ENRICO FENOALTEA -3/6-

foto di Mario Salomone

In generale non si può negare che un prelievo venatorio incontrollato può causare l’estinzione di una specie ma in Italia negli ultimi quaranta anni si è verifica­to un fatto nuovo, diverso dalla pressione venatoria, che ha provocato l’estinzione definitiva e irreversibile di molte specie faunistiche alcune delle quali mai cacciate.

La estinzione in Italia della selvaggina nobile stanziale non può essere imputata alla pressione venatoria, per le seguenti ragioni: a) sono in via dì estinzione anche alcune specie faunistiche mai cacciate o cacciabili (rapaci, rondini, passera­cei, pipistrelli, cuculi, usignoli ecc.); b) !a scomparsa delle specie faunistiche è avve­nuta anche nelle aree che non hanno mai conosciuto il fucile, perché la caccia vi è da sempre vietata (oasi, parchi, zone di ripopolamento, zone di rispetto, ecc.);

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