La luna, alta sull’orizzonte, spandeva una luce dubbia sulla foresta che si risvegliava alla misteriosa vita della notte… ma nuvoli enormi dagli aspetti strani correvano per il cielo incalzati da un vento tempestoso.

Le lepri pasturavano vicine più che potessero alla selva, pronte a rifugiarsi nelle macchie folte al primo accenno di temporale.

Sullo spianato del trifoglio se ne erano raccolte una trentina, rossicce, nere, bigerognole.

Gennaiotte, di sei sette libbre, colla pancia color latte macchiato, dai grandi orecchi mobili, adolescenti, gaie e chiassone che si rincorrevano e si ruzzolavano freneticamente per fermarsi poi, di schianto, con un orecchio alto e uno basso, i piccoli occhi rossi intenti nel buio, lucenti come due rubini, e il naso agitato da un movimento febbrile e continuo; vecchie lepri ammmalizzite, colle gambe deretane lunghe come quelle d’un cane, coi baffi grandi, l’occhio sospettoso, spelacchiate, fulminee nei balzi prodigiosi, imponenti nella immediata immobilità dell’attenzione; leprottini grandi come la mano che procedevano, qua e là per il prato, a salti simili a quelli del ranocchio, fermandosi ogni tantino a mordicchiare un ramoscello di verzura.

Verso la metà della notte lo spianato limitrofo al bosco formicolava di lepri d’ogni dimensione e colore.

Allora un vecchio leprone cui un’orecchia mozzata, certo in qualche pericolosa avventura di caccia, conferiva un’aria d’innegabile autorità, emise un suono stridulo e strano, una specie di sommesso belato.

Ed ecco muoversi verso di lui a salti lenti, guardandosi ad ogni balzo alle spalle, le madri ancor pesanti per le mammelle pregne di latte, e i leprotti della penultima covata e i leprottini teneri come bianchi conigli.

Assiso gravemente sulle zampe deretane, coll’orecchia buona abbassata sur un occhio e con quella mozza rigida sulla testa appuntita, con le zampe anteriori raccolte sul petto, muovendo avanti e indietro, velocissimo, le labbra irrequiete, il leprone cercava con occhio veggente pur nel buio fitto, le usate compagne e contava il branco,via via che gli sfilava davanti…

Contemporaneamente, dal fitto del bosco, Foffo, un vecchio cacciatore del paese, a passo cauto, perché si era in tempo di divieto di caccia e, rannicchiato nel macchione si preparava un balzello  in piena regola..

Ferdinando Paolieri  – Scopino e le sue bestie  – Edit. Bemporad e Figlio, Firenze, 1922

(N.d.r. R…Bellissimo !)