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La presa di punto :
Gli attimi che la precedono, il modo con cui viene eseguita, l’espressione e la sua conclusione, sono i comportamenti che con maggior chiarezza, ci permettono di verificare le identità. Tutte le rimanenti fasi del lavoro che sono in dipendenza di questo fine, se osservate con attenzione : “ l’avidità, il modo di impostare la cerca, la concentrazione, il tipo di galoppo, il portamento di testa “, possono farci intuire, quali saranno poi a contatto d’emanazione, gli atteggiamenti che verranno presi per il suo realizzo. Purtroppo non è sempre così, spesso una caratteristica è più marcata delle altre, oppure una dote dell’intero corredo, è meno significativa delle rimanenti .


Che senso avrebbe, per un setter dotato di particolare costruzione che lo predispone a galoppo radente, se a contatto di selvaggina, la tipica cautela non gli suggerisse di gattonare e la sua ferma invece di essere flessa, fosse eretta, come certi monumenti alla memoria ?
Parimenti un pointer con galoppo impetuoso, dominatore del vento, che in presenza di selvatico, si faccia sospettoso e vada in ferma a terra, non dà certamente dimostrazione di temperamento e immediatezza di reazioni. In entrambi i casi, si tratta di comportamenti non in armonia, con il restante complesso di doti, conseguenza evidente, di qualche inadeguatezza del carattere. Chiaramente, la cosa ottimale si realizza, quando tutte le caratteristiche sono presenti in giusta misura e ben miscelate. Siccome questa condizione non è molto frequente, e moltissimi soggetti pur essendo validi, rivelano lievi imperfezioni, proviamo ad analizzare le varie fasi del lavoro per individuare quelle che rappresentano la verifica più sicura delle qualità stilistiche e quelle che invece garantiscono la concretezza venatoria. Anche se dello stile, non dovremmo avere a mio avviso, un esclusivo concetto estetico, per non rischiare di limitare il nostro godimento a fronzoli sterili e superficiali, ma un’opinione che oltre alla netta e chiara identità di razza, sia di pratica utilità in funzione di quel rendimento, che con lo stile, (espressione di conformazione e psiche ), si ottiene nel modo più naturale e vantaggioso .

Non a caso, ho trattato per prima, la presa di punto, infatti la ritengo il momento più importante per la verifica di quei comportamenti, che più dell’individualità, rispecchiano e ne sono garanzia il marchio di fabbrica, ( ovvero la tipicità di razza ).
L’avidità, l’olfatto, il fondo, sono doti comuni e necessarie a tutti i cani da caccia, la cerca, la filata, la ferma, la guidata, l’accostata, il consenso, sono i ferri del mestiere che ogni razza, utilizza con modalità che per predisposizioni, temperamento e caratteristiche, si differenziano tra di loro, pur servendo allo stesso scopo. Volutamente non ho ricordato l’intelligenza, qualità purtroppo rara anche negli uomini, e per quanto riguarda i cani, mi bastano l’esperienza, il mestiere, la sagacia .
La filata, è l’azione più utile e vantaggiosa che, con l’interruzione del lacet e la risalita di quel tenue effluvio ancor lontano, permette di accertarsi della presenza del selvatico . E’ un momento molto delicato, emozionante e di una bellezza particolare che hanno in comune tutti i cani da ferma, per meglio insidiare la selvaggina. Ogni razza ha proprie modalità d’eseguirla con atteggiamenti e comportamenti, che la caratterizzano, deve comunque portare ad una conclusione positiva. Una filata che non porti ad alcun risultato può anche impreziosire il lavoro, a condizione sia sicura, senza tentennamenti e con ripresa decisa della cerca. Quando diventano troppe, oltre al dubbio sulla dolcezza del naso, costringeranno il cane non potendo ritornare tutte le volte sui suoi passi, a trascurare terreno .

La ferma, per quanto espressiva e di bella postura, proprio per la sua staticità, non può trasmettere le stesse emozioni, della filata e della guidata, che per la consapevolezza del momento particolarmente impegnativo ed eccitante, hanno la possibilità sviluppandosi in movimento, di manifestare una più ampia varietà di atteggiamenti : testa alta, tartufo al vento, strappate controllate, gattonate con flessioni e scapole evidenti, collo proteso, occhi ardenti, massima tensione, ecc .
La ferma presa istantaneamente, senza il minimo segnale che la preannunci, può provocare una forte ed improvvisa emozione, ma quella preceduta da filata decisa ed espressiva, del tipo “ giù il carrello e allacciate le cinture di sicurezza “ ti fa trattenere il respiro e ti prepara ad un godimento non meno intenso e sicuramente più lungo.

La guidata, riproduce all’incirca gli stessi atteggiamenti della filata ed è giustificata dalla necessità di mantenere il contatto con la selvaggina che di pedina tenta di sottrarsi. Nella realtà, in prova per evitare errori, viene eseguita a comando in presenza del conduttore, ma così perde la sua naturale funzione, l’espressione e la spontaneità.

L’accostata, dovrebbe essere eseguita sempre in presenza e per volontà del cacciatore, è l’atto conclusivo, compiuto per accorciare la distanza dal selvatico bloccato a terra, termina con un ulteriore definitiva ferma più ravvicinata, per costringerlo senza forzarlo all’involo.

Il consenso è indispensabile sia spontaneo e non a comando, è una dimostrazione di rispetto e collaborazione col compagno di coppia, diventa molto utile, essendo preferibile in questa circostanza di massima attenzione, essere tutti concentrati sul cane in ferma, per non allarmare e far volare anzitempo la selvaggina. Per analogia di comportamento, dal modo con cui viene eseguito, si possono intuire l’indole , il carattere e gli atteggiamenti che in altre occasioni verranno assunti. Il setter lo può far precedere da breve scivolata, il pointer scattare con decisione, ma in entrambi i casi, non deve mai mancare la massima espressività. Alcuni soggetti consentono, con grande espressione e sono talmente appagati da questo momento da fare continui riferimenti al compagno di coppia durante la cerca, nella speranza di vederlo fermare. Chiaramente la colpa non è del consenso, ne fossero sprovvisti per l’invidia, andrebbero addirittura a disturbare. Il difetto è ben più grave e consiste nella mancanza di personalità, di autonomia, nell’essere succube dell’altro .
Del galoppo, non si debbono considerare esclusivamente la funzionalità, e la correttezza della meccanica, elementi fondamentali a garantirne l’efficacia, ma l’aderenza allo Standard di razza. Il temperamento che traspare in tutte le azioni che il cane compie durante il lavoro, anche in questo caso è chiaramente visibile. Il setter non è radente solo per costruzione, ma è la sua conformazione che si è adattata ad una psiche che per la prudenza e per meglio celarsi, gli impone l’atteggiamento felino, che con morbida souplesse, ne condiziona il galoppo. Il pointer spinto dal suo ardore, anche nelle fasi più delicate, ha comportamenti che non sono come quelli del setter dettati dalla prudenza, ma dalla massima audacia: ferma scattando, fila a colpi di spada, guida strappando, di conseguenza la sua struttura è adeguata a sostenere un temperamento che esprima galoppo impetuoso, rabbioso, potente.

Chi cerca trova e chi meglio cerca, trova di più. Partendo da questo concetto, appare evidente la grande importanza della cerca, che dal modo con cui viene impostata, può rivelare le più sostanziali diversità caratteriali. Terreno, selvaggina, fenomeni atmosferici e in particolare il vento, sono i fattori che maggiormente la determinano e condizionano. L’incrocio, indispensabile negli ampi spazi, per una esplorazione che riduca le possibilità di trascuro, diventa superfluo, addirittura ridicolo e controproducente, in ambiti ristretti, dove una semplice passata è sufficiente a percepire la presenza del selvatico. In risaia, nel bosco, o in alta montagna, la cerca deve essere improntata dal mestiere e dalla specifica esperienza maturata dal costante impiego in queste particolari cacce. Qui non serve l’incrocio, l’ispezione dell’ambiente, è rivolta a privilegiare quelle zone, che la pratica suggerisce essere più facilmente frequentate dalla selvaggina. In classica invece, per la natura del terreno ampio e pianeggiante e per la ridotta emanazione delle quaglie, è necessario, per consentire una esplorazione meticolosa ed ordinata, che il percorso sia a lacets ampi e compatti. Questa prova si caratterizza, per la perfezione del lavoro e l’evidenziazione dello stile, la cerca più che di fantasia e sagacia, è frutto del dressaggio.

Grande cerca: L’aggettivo qualificativo grande che la precede, viene pronunciato con enfasi a conferma dell’interesse che questo tipo di prova suscita. Le grandi estensioni, le starne, le colture inframmezzate da ampi arati che non possono interrompere la continuità della cerca, ma vanno affrontati con la stessa determinazione che si ha nei campi più agevoli, esigono massima avidità e coraggio. L’ampiezza dei lacets, può essere migliorata dall’addestramento, ma spesso si accompagna ad eccessiva compattezza, espressione di temperamento, non spiccatamente Trialer.

L’ addestrabilità, la bravura dei dresseurs e l’aiuto di sofisticati mezzi tecnologici, riescono a far rientrare in questa difficile nota cani che per loro indole, Trialer non lo sono, ma la differenza con l’autentico Trialer, è talmente marcata, da apparire evidente e di facile individuazione. Il carattere e la passione divorante, sono le sue doti indispensabili ed imprescindibili, ragion per cui non può assoggettarsi ad una cerca,( seppur ampia ), metodica ed ordinata, ma per il coraggio e la sicurezza dei propri mezzi, deve azzardare quelle esplorazioni, suggerite dalla conoscenza e dalla voglia irrefrenabile di incontrare le starne.
( Volli sempre volli, fortissimamente volli)