Bianca foto di Lucio Scaramuzza

Va da subito asserito che le cacce specialistiche rappresentano oggi, in un contesto globale di decadenza ambientale e faunistica, le uniche cacce vere. Nelle varie specialità, la caccia alla beccaccia è indubbiamente quella più praticata, quella che  purtroppo, ha imboccato la via del “turismo venatorio”, dove in molti Paesi vengono consentiti  indiscriminate “mattanze”. Questo è un punto su cui va combattuta, per quanto possibile, una ferma opposizione.

Oggi sono tutti beccacciai, anche i cani, basta scorrere le innumerevoli pubblicità su ogni rivista o sito. Questo certifica, a mio avviso, una parola che nel mondo venatorio non dovrebbe esistere: “la moda”.

Questi convegni, scientifici e tecnici, certificano il grande mondo che avvolge questo speciale selvatico, il suo fascino dettato da morfologia, comportamenti, ed habitat naturale. Definita la regina del bosco, una regina che vede il suo grande interesse naturale e scientifico in questa grande Associazione. Una regina però, che come suesposto è sotto attacco indiscriminato.

Ma torniamo al tema funzionale: cane da beccaccia.

Da cacciatore, allevatore, giudice di prove e presidente di società specializzata mi preme innanzitutto fare una dovuta precisazione: “Non vi è ombra di dubbio che nessuna razza può travalicare un’altra, ergendosi con oggettive qualità e doti di superiorità”. Si può casomai affrontare il tema sullo stato di una razza – e di riflesso al tipo di selezione che viene effettuato – sull’utilizzo che vien fatto nel Paese di origine; ma la versatilità, la maggiore o minore predisposizione ad un tipo di ambiente o di caccia sono da riferire all’individuo e non ad una generica predisposizione dell’intera razza.

Se ci ponessimo poi i limiti dei fondamentali per cui sono state create le razze, saremmo costretti ingiustamente a relegare le “inglesi” nelle estese pianure e le “continentali”, (Spinoni e Bracchi in particolare) negli anfratti palustri o nei terreni rotti di montagna. Solo l’apparato ufficiale di selezione zootecnica continua a praticare nelle prove delle singole razze su terreni e selvatico atti alla verifica tecnicamente più valida, anche se per la massa degli utilizzatori è richiesta per tutte una capacità di adattamento coerente con la nostra caccia quotidiana.

Le prove specialistiche per contro esigono per tutte le razze un’assoluta eguaglianza per terreni e selvatico e per “nota”. Detto ciò è evidente che sono in netta contrapposizione a chi esprime palesi posizioni radicali e di parte a favore di una o di un’altra razza. Ho cacciato con Setter, Pointer e Spinoni delle migliori genealogie, anche se poi è avvenuto per me quel che capita a tutti di soffermare la passione su altre razze, razze le cui caratteristiche di cerca e collegamento (e non ultimo anche l’aspetto estetico delle specifiche morfologie) appagano il modo di interpretare la funzione secondo un nostro ideale personale e soggettivo. Del resto è difficile razionalizzare perché alcuni preferiscono le bionde o sposano le more!

Tutti i cani, se opportunamente iniziati, cacciano le beccacce.

Premessa l’esistenza delle doti naturali di avidità nella cerca, fondo, coraggio, mentalità, ferma e riporto richieste in tutte le razze, lo specialista si forma con l’esercizio. È scontato che, fatto salvo il livello delle qualità naturali, l’esclusivo esercizio nella disciplina agevola la formazione dello specialista. Il mix di qualità naturali, a parità di preparazione ed esperienza sul campo, forgiano lo “specialista”. 

Come dire: non si può essere specialisti in tutto.

TinTin de Keranlouan, Epagneul Breton, primeggiava nelle prove su coppie di primavera nella Bouche, nelle prove a selvatico abbattuto ed anche in quelle su beccacce.

Al servizio del fucile, nella foresta della Kenecat si comportava da grande “specialista”. Questa si chiama polivalenza frutto di pura selezione. Ma c’è un metodo moderno di essere specialisti?? Credo che l’unica modernità sia il notevole miglioramento delle razze grazie ad una attenta e consapevole selezione che ci fa beneficiare nella maggior misura delle qualità naturali di cui tutte le razze devono essere dotate.

Se poi vogliamo essere obbiettivi e “suonare una nota stonata” l’emancipazione e la moltiplicazione degli specialisti è dovuta all’elettronica.

Si esibiscono specialisti che vanno a fermare una beccaccia a centinaia di metri dal cacciatore, che si accontenta di vedere qualche raro passaggio dell’ausiliare, sapendo che il “bip” è l’unico segnale che il cane è fermo e che ci consente di sparare a beccacce impossibili se si cacciasse senza l’ausilio elettronico.

Attribuire le doti di moderno specialista, a cani (di qualsiasi razza) che spaziano di vallata in vallata, vuol dire avvalersi di soggetti delle cui doti primarie di addestrabilità e collegamento dubito fortemente. È per me impossibile pensare al cacciatore che per sapere dov’è il suo ausiliare specialista deve continuamente consultare il quadro del GPS…………

Ho amici beccacciai che sono addirittura proprietari delle migliaia di ettari di bosco in cui cacciano la beccaccia, presso i quali spesso sono stato ospite, ma la regola vigente è “mai nulla oltre il campano”, e l’ascolto dei rintocchi esprime, nella sua modulazione ed intensità, il lavoro del cane.

Rispetto ogni libertà in generale, ma se volessimo rappresentare un popolo  eticamente inattaccabile dovremmo imporci anche delle limitazioni.

Relazione del Luglio 2011
TAVOLA ROTONDA IL CANE DA BECCACCE OGGI LA PROSPETTIVA MODERNA DEI COMPORTAMENTI DEL CANE SPECIALISTA