Setter di David Stocchi

Non si tratta di un semplice uccello: inconfondibile per il becco appuntito e il suo volo sfarfallante. Non è soltanto la “Regina del bosco”, epiteto devoto che resiste nel rito venatorio, nelle penne degli scrittori e nei sogni dei cinofili. E’ soprattutto un laboratorio. Anzi, la Beccaccia è il più importante “laboratorio alato” che abbiamo in Europa, a disposizione degli studiosi e degli stessi cacciatori per l’affermazione della Caccia Sostenibile: ovvero il consapevole esercizio venatorio basato su dati scientifici, che consenta l’equilibrio tra il prelievo e la conservazione delle specie. Visione moderna, unica e necessaria per conciliare la caccia e la tutela dell’ambiente. La Beccaccia (Scolopax rusticola) è specie cacciabile in tutta Europa. Raggiunge la nostra penisola fin dai primi di ottobre, per svernare. Un flusso migratorio ancestrale che lega i destini dell’avifauna europea all’interno del cosiddetto Paleartico Occidentale: il grande quadrilatero naturale che ha come confini il Circolo polare Artico, i monti Urali, il Magreb e le isole Azzorre.

Autunno: una passeggiata nei boschi. Basta guardarsi intorno, scrutare il cielo ed ascoltare. Sono i giorni della migrazione. A stormi, a gruppi, a ciocche, solitari o in pattuglia, centinaia di specie puntualmente arrivano e si distribuiscono sugli habitat italiani. Milioni di uccelli. La Beccaccia ci arriva dalla Russia, dai siti di nidificazione che si estendono da Mosca fino alla catena dei monti Urali. Segue una direttrice Nord-Est/Sud-Ovest per puntare dritta sull’Italia, al bacino del Mediterraneo, spinta dall’avvicinarsi del gelo che riesce a captare 48 ore prima del suo manifestarsi, agitata inoltre da sottili meccanismi tiroidei e dal mistero della volta celeste. I corpi celesti, infatti, il loro allineamento, le fasi lunari e la visibilità notturna danno loro il “Via!”. La beccaccia attraversa l’Europa orientale con tappe massime di 300 km. Il suo non è un volo alto e imponente come quello delle oche, capaci spesso di un unico grande balzo migratorio. Non la vedi in cielo, non sta in gruppo, appare all’improvviso. Col becco pieno di dati, e sulle piume la carta d’identità. Non se la prendano gli studiosi e gli appassionati di altra fauna, ma la Beccaccia è veramente la specie più importante che abbiamo. C’è un motivo concreto. E’ l’unica specie non riproducibile in cattività. Non è quindi allevabile, tantomeno detenibile. Chiusa e circoscritta muore. Un inno alla Natura, alla rusticità, all’unicità. Come l’Albatros di Baudelaire è metafora di libertà. Libertà e dignità che l’uomo-cacciatore di oggi deve cogliere in pieno e rispettare. Il cacciatore di beccacce è comunemente chiamato beccacciaio e segue il motto d’oltralpe “cacciare il più possibile uccidendo il meno possibile” (Pierre Malbec). Ne uccide una per salvarne cento mettendosi al servizio della ricerca scientifica.

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Il beccacciaio si pone infatti come primo mattone della ricerca applicata alla specie. Ogni anno ne controlla a campione il sangue e il fegato. La Beccaccia porta nel becco i residui di tanti terreni bucati alla ricerca di lombrichi. Ha bucato la tundra della Carelia russa, le foreste di betulle e le zone umide continentali. Le sponde dei placidi fiumi spesso inquinati. Ha messo il naso in scenari meravigliosi quanto pericolosi. Foreste umiliate dall’uranio impoverito, piccoli boschi vicini a discariche tossiche. Ad ogni sua sosta la beccaccia raccoglie la storia di società complesse e di antropizzazioni selvagge: spesso storia di guerre e di disastri che ancora si annidano nel sottosuolo. Il destino della beccaccia è nel suo nome scientifico che Linnaeus le diede nel 1758: scolopax come l’arma appuntita dei soldati romani in riferimento al becco, rusticola perché frequenta la terra (rus), la campagna. La beccaccia infatti non si appollaia mai, non trova mai rifugio sulle chiome. Sta in terra, buca la terra, dipende dalla terra. E il volo dipende dal destino di quella terra. Alluvioni, siccità, crisi ambientali, è possibile leggerle sulle sue penne e sulle sue piume. Prima di iniziare la migrazione la Beccaccia blocca la mutazione delle sue piume.

Le piume sono sempre in costante mutazione. Da piccole, sbiadite e sottili (piume giovanili) si trasformano in grandi, ben definite nella forma e nei colori (piume adulte). Questo processo si blocca nel periodo di migrazione e ci consente di studiare l’ala come fosse un mazzo di carte aperto. La lettura dell’ala destra di beccaccia è oggi un grande strumento di monitoraggio della specie. Ci consente effettivamente di tracciare l’identikit della beccaccia transitante e svernante in Italia. I colori, la forma, l’usura di piume Remiganti e di Grandi Copritrici ci consente di classificare l’età della beccaccia. Di poter distinguere fra giovani e adulti. E’ con questo metodo, il Metodo Boidot di lettura, concepito e perfezionato dal suo autore il dott. Jean Paul Boidot del Club National Bécassiers e attuale presidente della Federazione Europea che racchiude tutte le associazioni di Beccacciai, che in Italia abbiamo fatto passi da gigante. I cacciatori prelevano l’ala dal soggetto e dopo un breve periodo di essiccazione la infilano in un’ apposita busta raccoglitore dove annotano altri dati biometrici quali il sesso e il peso, e quelli essenziali dei luoghi di prelievo, compreso le annotazioni sul degrado degli habitat, altitudine e condizioni meteo. In questi ultimi 5 anni grazie alla lettura delle ali abbiamo scoperto che sono le femmine adulte (riprodottisi una o più volte) a migrare per prime. A novembre seguono i loro figli, in maggioranza soggetti di circa 6-8 mesi. I maschi riproduttori seguiranno alla metà di dicembre, sospinti dalle ondate più decise di freddo. Siamo riusciti a stabilire che il corretto prelievo è quello che incide al 70 % sui soggetti giovani (Age Ratio, ovvero la percentuale dei giovani rispetto agli adulti) e che il rapporto ideale dal punto di vista sessuale è quello del 40-50% (Sex Ratio, ovvero la percentuale dei maschi rispetto alle femmine).

La beccaccia ci dice tante cose: che le femmine adulte che presentano tutte piume nuove e di tipo adulte (ACO) testimoniano una buona riproduzione primaverile. Quando rinveniamo un alto tasso di piume non mutate, quindi di tipo giovane, sottili e sbiadite nei colori, significa che ci sono stati problemi di riproduzione e perdita di nidi. Lo abbiamo verificato con le alluvioni nel Nord Europa di qualche anno fa, così come nei periodi di nevicate tardive Maggio-Giugno in Russia, o purtroppo per la siccità e gli incendi che stanno colpendo con maggior frequenza i territori di riproduzione. Il clima impazzito è quindi facilmente riscontrabile sulle piume della beccaccia. La beccaccia ci parla, a suo modo. Ci racconta della sua delicatezza, confermata dal Piano Europeo di gestione della Beccaccia ordinato dalla Commissione europea. Ce lo diciamo da tanto tempo perché i beccacciai sono cacciatori in punta di piedi, attenti e rispettosi conoscitori degli habitat. La beccaccia frequenta gli angoli più belli del bosco. Si muove di notte, in spazi aperti, e rientra la mattina prima dell’alba nel bosco. Si nasconde e si difende da noi beccacciai. Noi che cerchiamo solo lei, il nostro Moby Dick Volante, e non spariamo a nessun altro animale per specializzare i nostri cani. Che non sono cani da recinto trattati con noncuranza. Sono veri animali d’affezione, seguiti e amati come protagonisti di una vera trinità laica: la beccaccia, il cane e il beccacciaio. Quest’ultimo legato ai cicli della Natura da rispettare rigorosamente, che nei periodi di gelo e di difficoltà esce senza fucile, usa più la macchina fotografica e le schede tecniche, della voglia di carniere. Sostantivo ormai desueto, poiché si sta affermando in tutta Europa il cosiddetto PMA Prelievo massimo autorizzato, di 20 capi a testa per tutta la stagione venatoria. Un numero che ha bisogno di comportamenti leali, ricerca e collaborazione. Un numero relativo al quale va accompagnata una nuova politica di cura e miglioramento degli habitat sofferenti di scarsità di sorgenti, di incendi, di tagli boschivi troppo aggressivi, dei campi magnetici creati dalle antenne di telefonia, dei bracconieri che sparano alla Beccaccia mentre passa la sera e al mattino, fucilandola ignobilmente in barba alla Legge e alla sua delicata eleganza.

La beccaccia ci chiede uno sforzo che noi volentieri assolviamo e in modo del tutto volontario. Siamo contrari ai safari beccacciai che vendono paradisi all’Est per facili carnieri. La Beccaccia è quella che la migrazione stagionale conduce al tuo bosco, del quale tu sei custode e ricercatore. Un notevole cambiamento culturale che inizia a dare i suoi frutti, smontando definitivamente la contrapposizione caccia e ambiente, aprendo la strada al cittadino-cacciatore pienamente coinvolto nella tutela e nella gestione degli habitat. La Caccia non è uno sport. E’ una passione da esercitarsi nel rispetto delle norme e di un monitoraggio continuo della fauna, degli habitat e dei cambiamenti climatici. Oggi la Caccia può essere esercitata solo in chiave di Sostenibilità, e così accettata e condivisa. Uscite di casa, prendete un sentiero, salite su di una collina e ascoltate il ticchettio del pettirosso, è lui che annuncia il cambiamento, non avrete bisogno di calendari e orologi. Il freddo sulle guance, i colori pastello, i suoni ritmati. E’ la voce della Natura che prepara l’arrivo della Regina. E se un cacciatore silenzioso si aggira con il suo cane al rintocco del campano che scandisce il galoppo, non vi spaventate, non vi arrabbiate. E’ lì anche per voi, per tutti: prelevarne una per salvarne cento, cacciare il più possibile ammazzando il meno possibile….