Credo sia stato il Prof Musumeci a dire, non ricordo se a me direttamente, che scrivere, leggere e parlare di caccia aiuta a rivivere i momenti più piacevoli della nostra vita.

La caccia, le nostre passioni, quelle che possiamo vivere anche da soli restano una costante per tutta la vita, ci “infettiamo” da giovani e le possiamo vivere per tutta la vita cambiando stile e assecondando i cambiamenti del nostro fisico.

In questo, mi sembra, la caccia supera anche il rapporto col partner che spesso non conoscevamo quando vivevamo I primi impulsi e col quale, pur rimanendo l’amore di fondo, si instaura nel tempo una eccessiva abituninarietà, o almeno così è stato per me.

Ogni giornata di caccia è simile ma assolutamente differente da tutte le altre già vissute o ancora da vivere.

Spesso la pratica dell’attività venatoria non soddisfa più appieno I nostri desideri ma, quando è autunno, ci ritroviamo prima dell’alba in campagna sperando di riuscire a vedere il volo di qualche germano o addirittura di un gruppetto di alzavole e, quando ci si vede abbastanza, si libera il cane tesi nella ricerca di un fagiano o di qualche beccaccino. Parlo per me, naturalmente.

Se la pratica non soddisfa del tutto ci sono varie possibili alternative: il mio amico Gipo si rintana nella sua biblioteca a leggere o a tradurre libri di caccia o cerca in internet libri, quadri o altre opere d’arte (scrupolosamente a tema venatorio) in attesa di quella settimana che si concede per cacciare ungulati nel centro Europa (scrupolosamente all’interno dei confini dell’impero austro-ungarico); altri si dedicano alla cinofilia venatoria o a cercare caprioli dove un tempo avrebbero cercato starne, beccacce e lepri.

Se la sorte ci ha fatto nascere nella Pianura Lombarda, e si fatica a pagare vari ambiti, la nascita degli ATC costringe da anni a frequentare solo certi territori sia che la stagione sia propizia sia che non lo sia.

L’habitat nel corso degli ultimi lustri è cambiato tantissimo!

Illudersi di trovare fagiani e lepri nati nelle nostre campagne è un’illusione!

La stanziale che abbiamo a disposizione è quella che è stata liberata, forse in primavera, più spesso pochi giorni prima dell’apertura o qualche venerdì in mezzo alla stagione venatoria.

La selvaggina migratoria perseguibile con un cane da ferma è costituita dai beccaccini se settembre ed ottobre ci hanno portato piogge “normali” (e sono alcuni anni che non succede), qualche quaglia novembrina capitata in risaia per qualche inspiegabile anomalia, e le beccacce che si possono trovare nei pochi boschi residui, nei pioppeti o lungo le rive.

La caccia da noi è diventata una finzione! Se ci pensiamo bene possiamo paragonarla alle banconote del Monopoli: ci possiamo sentire ricchi solo con tanta fantasia!

Come possiamo sperare di avere cani che lavorino come Dio comanda se non hanno palestre in cui fare esperienza? Chi può va in Serbia due tre settimane all’anno ad allenare con selvaggina vera; altri si organizzano con viaggi di caccia in giro per il mondo: chicas in Sudamerica, starne, cotorne e forcelli in Asia, tetraonidi in Lapponia o beccacce in Scozia.

Cose per me irraggiungibili: le ho sognate da giovane ma se non sono riuscito a migrare finora come posso illudermi di farlo nei prossimi anni?

Già quarant’anni fa un amico mi ha insegnato che non si poteva più cercare soddisfazione venatoria nel carniere! Era ed è l’estetica di un buon cane, di uno schioppo di cui siamo innamorati, che ci può dare soddisfazione!

Esistono ancora regioni o zone in Italia, o almeno credo, dove si può cacciare bene col proprio cane: le Alpi, per esempio, possono ancora regalare grandi emozioni coi forcelli, le coturnici o le bianche. Nel centro sud si possono fare buoni carnieri di quaglie e beccacce. Non sono I numeri dei nostri padri o nonni ma otto o dieci quagliette o tre quattro beccacce involate in un giorno sono sempre un lusso. Parlo sempre di incontri, non di carniere.

Qui da noi le pratiche agronomiche, la giusta necessità di meccanizzazione agricola unite alla scarsa redditività del lavoro agricolo hanno obbligato a sfruttare al limite ogni fazzoletto di terra.

Se le cose stanno così come possiamo sperare di avere riproduzione naturale di selvaggina stanziale?

Se la coltivazione del riso oggi prevede un utilizzo di acqua così inferiore a quello del passato e le camere risicole vengono livellate col laser come possiamo sperare di avere territori sufficientemente paludosi adatti alla sosta dei beccaccini e degli altri uccelli limicoli?

Forse la situazione riguardante l’uso di pesticidi e altre sostanze tossiche è migliorata: con l’allagamento primaverile delle risaie (quando e dove viene ancora fatto) compaiono pivieri, corrieri e cavalieri d’Italia, in ogni riso allagato vediamo qualche coppia di anatre.

Vedo un quantitativo di rapaci che non ricordo negli anni della mia gioventù ma forse sono io più attento!

Dalla finestra di casa in queste notti primaverili sento il verso di almeno due rapaci notturni e mi godo il canto simile a un sonar dell’assiolo.

Quando ero giovane e incosciente tutte le estati allenavo il mio cane sulle pernici sarde (in bandita) oggi la bandita è diventata Parco, la vegetazione è cresciuta a dismisura e le pernici sono state sostituite da cinghiali e daini. Non ho più le gambe per inerpicarmi ed ho giustamente timore di incontrare le guardie, che fanno solo il loro lavoro, ma, soprattutto, non ho più stimoli per salire: il rischio di uno scontro col cinghiale o di una seguita sul daino è troppo elevato per I cani considerando anche per la convinzione di non trovare pernici!

Sempre in gioventù quasi ogni fine settimana vagavo per il Parco del Ticino. C’erano fagiani veri e potevo assistere a ferme e guidate. Per inciso: non ricordo nemmeno un’occasione in cui il cane sia riuscito a prendere un fagiano.

Era, quello di allora, un cane che mi ha dato enormi soddisfazioni venatorie. I due cani di oggi sono inferiori?

Di sicuro sono meno redditizi ma forse hanno qualità naturali pari o superiori: gli è mancata la possibilità di fare esperienza.

Il mio amico Paolo, il mitico DottorG, avrà sempre cani superiori ai miei: in primis perché lui è più bravo di me (se non lo dico si offende) poi perché I suoi cani fra viaggi all’estero, cacce in Aziende Faunistico Venatorie ed il tempo che cacciano in terreno libero nel primo anno di vita possono vedere quanto I miei in tutta la vita!

Perché ho scritto tutto questo?

Forse per uno sfogo ma soprattutto per dire che se non vogliamo continuare ad essere ricchi con le banconote di Monopoli dobbiamo cercare, dobbiamo pretendere da chi governa la caccia, di lavorare per ricreare habitat in cui gli animali di nostro interesse, e con loro tutti gli altri, possano riprodursi in modo naturale o I migratori possano trovare giuste soste durante il loro viaggio.

Non so dire esattamente cosa possa essere necessario.

Di sicuro l’allagamento delle camere risicole dopo, subito dopo, il taglio può essere un primo passo per la “nostra” migratoria: il Piano di Sviluppo Rurale della Lombardia lo prevede con incentivi per chi lo fa. Quanti agricoltori lo sanno? I consorzi mettono l’acqua a disposizione?

Tali allagamenti non dovrebbero essere fatti solo in campagne in cui si può cacciare, anzi! Se il 50% fosse fatto in zone di divieto potrebbero costituire un serbatoio aspettando il momento in cui le piogge renderanno “abitabile” la campagna circostante e potrebbero (illusione) essere palestre d’addestramento per I cani beccaccinisti.

Per la stanziale potrei rifarmi ad un vecchio libro in tre volumi “Starne, lepri e fagiani” in cui si suggeriva di sottrarre le uova alla femmina in cova sostituendole con palline della stessa forma e misura; fatti nascere I pulcini in incubatrice e tenuti alcuni giorni in situazione controllata per diminuire la mortalità si procede al lavoro contrario: via le palline sostituite dai pulcini.

Con l’imprintig la madre trasferisce ai piccoli quanto ha imparato ed è necessario per la loro sopravvivenza. Ogni animale selvatico impara dei “trucchi” che trasmette alla discendenza.

Fagianotti che seguono una femmina ben ambientata avranno una capacità nettamente superiore di sopravvivere e saranno più furbi rispetto ad altri lanciati da soli, anche se mollati ben più grandi.

Questi fagiani (starne, lepri, pernici) sarebbero una ottima palestra per I nostri cani ed il prenderne anche solo uno una grande soddisfazione per un vero Cacciatore (d’obbligo la C maiuscola).

In questo modo di sicuro il cacciatore potrebbe sentirsi come se avesse in tasca 100€ VERI e non 100.000€ del Monopoli!

Di sicuro una gestione dell’ambiente e della fauna come l’immagino può avere costi economici importanti. Costi o investimenti?

Sono investimenti se pensiamo al futuro della nostra terra, alla possibilità di creare veri posti di lavoro, alla riduzione dei rischi e dei veri costi legati agli incendi probabili nei boschi non gestiti, alle opportunità economiche che può dare una natura ben utilizzata senza speculazioni.

In altri paesi europei le foreste sono opportunità economiche con la vendita del legname, dei frutti di bosco (funghi compresi) più o meno lavorati, alla vendita dei diritti di abbattimento della selvaggina e delle carni ricavate.

Uno Stato serio dovrebbe pensare soprattutto a conservare ed a utilizzare le proprie ricchezze che siano monumenti costruiti dall’uomo o creati direttamente dal buon Dio.