Setter della Trabaltana

L’altra sera, come succede una volta all’anno da cinque anni, ho sentito una relazione di Giorgio Ferrato sul cane beccaccinista.

Interessante come al solito.

Giorgio è un ottimo oratore e prepara relazioni ricche di filmati con i quali mostra, commenta e critica azioni dei suoi cani. È un ottimo osservatore e anni di esperienza gli permettono giudizi sempre interessanti sulle azioni cui assiste.

Con Giorgio ho solo un paio di punti di disaccordo: dichiara di “affezionarsi” solo ai cani per cui vale la pena e ha una visione poco “scientifica” del rapporto cane-selvatico. Sul primo punto il mio disaccordo con lui è legato a una mia visione, forse, poco razionale del cane. I miei cani vivono in casa, entrano cuccioli ed escono morti. Probabilmente per 300 giorni all’anno fanno i cani da divano. Mi piace osservarli in tutte le loro manifestazioni, mi piace che vengano a cercare una carezza, che appoggino la testa sulle mie gambe, che mi guardino adoranti mentre mangio. Non so se poi lo sguardo adorante è per me o per quello che mangio ma … non importa! A caccia alcuni mi hanno dato grandi soddisfazioni, altri sono stati inutili o dannosi ma li amo lo stesso come si ama un figlio un po’ “pirla”!

Torniamo alla sostanza di questi miei pensieri. Sono veterinario e tanti anni fa ho fatto una tesi di laurea di etologia. L’etologia, il rapporto fra animale e uomo, i rapporti fra soggetti di una stessa specie o di specie diverse mi affascina ed incuriosisce sempre. Nel campo dell’allevamento del bovino e del suino il rapporto fra animali e uomo assume sempre più importanza soprattutto perché riguarda non “solo” un discorso di benessere (argomento per far riempire la bocca a chiunque) ma perché tale benessere si traduce in produzioni migliori e più abbondanti e, quindi, in argomento economico.

Giorgio parla di “distanza” a cui un buon cane può fermare i beccaccini. La sua è una visione umana, ipolfattiva, di quello che succede: misura con gli occhi ed il metro un rapporto (cane-beccaccino) che si basa su odori legati alla paura e alla voglia di salvarsi da parte del beccaccino e dall’altra sull’astuzia per ottenere i migliori risultati predatori. Intanto invito i Cinofili del Club del Beccaccino e pure gli altri, se vogliono, a dare risposta ad un quesito che forse pare una questione di “lana caprina” (tanto per non parlare di sega mentale) ma la cui risposta, se condivisa, probabilmente può chiarire alcuni malintesi: cosa intendiamo dicendo che “il cane ha fermato un selvatico”?

Ci sono a mio parere due interpretazioni altrettanto logiche: 

Il cane si ferma quando avverte l’odore di un selvatico 

Il cane ferma (il corsivo è per distinguere) il selvatico dove fermare può equivalere a tenere, costringere, dominare… Nel primo caso il cane avverte che più o meno davanti a lui c’è un selvatico e aspetta che il suo “collaboratore” o capo branco armato si avvicini per abbattere il selvatico.

Nel secondo caso il cane “impedisce” con la sua presenza e la sua dominanza al selvatico di muoversi. Il comportamento del primo caso può essere utile: un selvatico leggero si mostrerà all’arrivo del cacciatore facendosi sparare, un selvatico più terricolo come la quaglia o il fagiano si allontanerà camminando e seguirà forse una lunga ed emozionante guidata del cane al termine della quale trovando un ostacolo che impedisca di proseguire la fuga alla chetichella si mostrerà oppure riuscirà a dileguarsi e non vedremo niente.

Nel secondo caso la ferma sarà sempre utile! Un cane che ferma potrebbe dare meno emozioni: con lui sembrerà sempre che trovi selvatici facili, che non sanno difendersi a terra, probabilmente il tiro sarà anche più facile.

Sono convinto che i messaggi olfattivi emanati da un selvatico cambino non solo in base alla stagione, all’alimentazione o ad altri parametri “facili” da immaginare; lo stress maggiore o minore, la paura o la tranquillità, il piacere o il disgusto possono influenzare in modo significativo l’odore di un animale. I grandi amatori, dicono, percepiscono la “disponibilità” di una donna e agiscono di conseguenza con risultati impensabili per i comuni mortali. Il grande cane riuscirà ad avvicinare il selvatico fino al limite estremo e lo fermerà. La distanza sarà valutabile in metri ma sarà anche una valutazione inutile! Sarebbe invece utile poter misurare a che distanza il cane percepisce il primo leggero odore di selvatico. Il suo atteggiamento unito allo “stato d’animo” del selvatico determinerà la corretta distanza della ferma. Sono convinto che l’atteggiamento spavaldo e “aggressivo” di un pointer lo costringa a fermare più lontano di quanto può fare un setter.

Non credo che fra i due esista una significativa differenza di potenza olfattiva ma che se il pointer provasse a fermare alla stessa “distanza” del setter provocherebbe lo sfrullo e che, al contrario, nella stessa identica situazione, il setter fermasse alla distanza del pointer non “terrebbe” il selvatico.

Tratto da Gazzettino del Beccaccino www.club del beccaccino