gallinucci2C…con grande meraviglia, la ferita sulla punta del petto “tappata” con una sorta di fanghiglia solidificata di misto terra, piume e piccolissimi frammenti di sterpaglie.

Al sarago piace il grotto così come alla beccaccia piace la macchia. Dirò di più il grotto sta alla macchia. Cacciare la beccaccia dentro la macchia mediterranea costituita da mirti, lentischi o biancospini inframezzati da roverelle è come cacciare i saraghi nei meandri del coralligeno. La difficoltà di esplorazione mette il cacciatore duramente alla prova, un lavoro di ricerca certosino e raffinato. All’interno delle distese di grotto/coralligeno è più facile trovare saraghi in ambiti adiacenti a zone di sabbia intercluse, così come la beccaccia si trova in zone dove all’interno della macchia fitta vi sono aperture o piccole radure di pastura. Su distese di macchia o di bosco fitti, circoscritte all’interno di distese pulite e radure, è più facile trovare le beccacce ai bordi, piuttosto che profondamente addentrate. Per il sarago avviene lo stesso. All’interno di zone di grotto circoscritte in ampie zone di sabbia è facile trovare lo sparide sui bordi, se poi all’interno della zona di grotto, addentrandoci, c’è una buona fenditura nel fondo essi saranno anche li. Anche la beccaccia sarà reperibile in una “fenditura”/raduretta presente all’interno della zona di macchia.

Spesso mi è capitato, alla partenza di un sarago d’entrata dalla propria tana, prima ancora di aver guadagnato il fondo, di vederlo partire sparato verso largo. Utilizzando lo stratagemma di sparare a vuoto in direzione del pesce molto spesso esso si riappoggia sul fondo nelle immediate vicinanze. Questo fenomeno è facilmente riscontrabile con situazione di acqua limpida che ci fornisce contezza della situazione. Allo stesso modo capita con la beccaccia d’entrata. Quando questa parte ad ali spiegate sotto la ferma del cane, prima ancora che noi abbiamo potuto piazzarci per bene per servirlo, se si riesce ad intravederla uso spesso “lasciare una botta” in direzione ed ho constatato che diverse volte la beccaccia si riappoggia. A volte sembra quasi che tu l’abbia colpita tanto è immediata la caduta verso il basso dell’animale, quando invece non è minimamente stata “toccata”.

Una volta terminato il passo, alcuni esemplari di beccaccia diventano stanziali, prendono totale possesso delle proprie rimesse ed estrema conoscenza delle migliori vie di fuga e sono capaci di eludere i migliori cani e i migliori cacciatori involandosi prima del loro arrivo. Lo stesso capita con i saraghi stanziali che hanno preso possesso di una determinata tana, spesso sono esemplari grossi ed isolati i quali avvertono l’arrivo sulla verticale del cacciatore subacqueo e si intanano irrimediabilmente prima ancora dell’apnea. A noi rimane solo di constatare, ad apnea effettuata, i segni evidenti di una furba dipartita.

Parlo del grotto perché è il fondale caratteristico del litorale laziale così come la macchia mediterranea è caratteristica delle mie zone abituali di caccia laziali in prossimità del mare. Naturalmente il sarago vive su ogni tipo di fondale a seconda dei posti, delle regioni ma mai dove non possa trovare riparo per nascondersi e zone di pastura, e così la beccaccia. Può capitare di trovare saraghi appena risaliti dalle profondità marine, sostare insicuri sulla sabbia, bianchi come il latte, così come mi è capitato di trovare beccacce sui prati appena sciolto il cane, anch’essi selvatici appena entrati. Questa ultima stagione passata, era fine Novembre, faccio scendere per il primo turno una setter femmina. Appena sciolta compio i normali “rituali magici”: adorazione del meraviglioso paesaggio autunnale, caricamento dell’arma da poggiare regolarmente sul primo cespuglio disponibile e messa in sicura, inspirazione profonda e “minzione di ardimento”.

Inizia a suonare il beeper della cagna in ferma. Immagino che anche lei stia espletando le sue funzioni fisiologiche ed invece il beeper continua a suonare a fermo. Rimetto tutto in ordine e mi dirigo verso il suono a cercare la cagna che continua a rimanere ferma. La intravvedo bloccata in bellissima espressione su un prato a cento metri da me. La raggiungo e, quando sono a pochi metri da lei, penso che stia ferma su di una lepre o su di una quaglia “tardiva” ma non faccio in tempo a realizzare, che dal totale pulito parte come un missile un beccaccione di tutto rispetto. Inutile descrivere la padella clamorosa dopo soli 5 minuti di caccia.

La molteplice presenza di saraghi, così come quella delle beccacce, può essere annullata in un solo colpo dal rimescolamento delle carte: dal repentino cambio della condizione meteorologica, del tempo, delle correnti marine e dei venti. Gli animali presenti il giorno prima, il giorno dopo, si saranno dileguati. Insomma potrei continuare all’infinito l’analisi del comportamento del sarago accumunandolo a quello della beccaccia. Quando sono a caccia di saraghi ho l’impressione di essere a caccia di beccacce e viceversa.

Nel 2007, durante la convalescenza a seguito del brutto incidente ai campionati assoluti di Cinisi (PA), mi volli cimentare, ancora claudicante, ma sforzandomi di rimettermi in movimento, in una passeggiata nella macchia insieme agli amici Maurizio e Carlo, beccacciari di vecchia data. Essi utilizzano da sempre bracchi tedeschi. Ricordo ancora quel giorno di fine Ottobre perchè riuscii a buttare giù due beccacce sotto la ferma dei loro cani. Ecco in quel momento nacque un forte interesse verso questo animale. Nacque un amore fulmineo, istintivo. Anni prima invece avevo avuto la fortuna di vedere al lavoro la setter femmina dell’amico Franco, discendente diretta di un importante rappresentante di razza. Rimasi stupefatto dalla mole di lavoro che era capace di produrre un tale cane, dalla brillantezza dell’azione e dalla impegnata continuità in totale concentrazione.

Poi passarono tanti anni in cui a caccia non andai più (ero stato un cacciatore terrestre generico un “cellettaro” per usare un eufemismo) per dedicarmi anima e corpo alla pesca/caccia subacquea agonistica che iniziava a darmi importanti soddisfazioni. Sta di fatto che tornato a casa dopo quel fine Ottobre del 2007, pienamente soddisfatto delle mie due catture, iniziai a riflettere sull’accaduto e cominciai a ragionare su quale potesse essere il modo migliore per ottenere il massimo da quel tipo di caccia.

Avevo visto i bracchi tedeschi al lavoro che però, memore delle azioni della cagna di Franco vissute anni prima, non mi avevano soddisfatto ne dal punto di vista della quantità e della qualità del lavoro. Oh naturalmente ogni cane ha le sue caratteristiche ed evidentemente quei due soggetti a mio modestissimo giudizio prendevano poco terreno se pur con la massima redditività. Sotto il profilo del “carniere” sicuramente non potevano essere messi in discussione. Bisognava assolutamente munirsi di un cane all’altezza che avesse potuto battere più terreno possibile un cane che, come me in acqua, avesse avuto le doti per “spazzolare lo spazzolabile”. Badate bene non avevo nozione alcuna di cinofilia o conoscenza di genetiche di cani da caccia solo mi era rimasto il ricordo di quel cane dell’amico Franco ben stampato nella mente. Non c’era Facebook o siti dedicati al setter ed alla beccaccia, o forse già c’erano ma insomma non li conoscevo, tra l’altro in quel periodo ancora non ero un fruitore di internet.

Applicai semplicemente lo stesso tipo di ragionamento che utilizzavo per la pesca (pardon caccia). Per i saraghi ci vogliono gambe e fiuto, per la beccaccia ci vuole il setter. Naturalmente della similitudine sarago/beccaccia ne ero ancora totalmente all’oscuro. La cagna di Franco nel frattempo si era fatta anziana ma lui volle farla accoppiare lo stesso per regalarmi come promesso un cucciolo. Nacque Nina. Mentre cresceva in casa ed aveva due tre mesi, me ne andavo da solo per macchie alla rinfusa a “preparare il campo gara” nello stesso modo in cui avevo sempre fatto per mare con le gare. Mi ricordo bene di pomeriggi in solitaria di Luglio e di Agosto a battere a piedi una zona che mi rimase particolarmente impressa per la sua conformazione, per la vegetazione e per la particolarità del terreno. Istintivamente ed inconsapevolmente applicavo lo stesso metodo che applicavo a mare per cercare saraghi, ignorando assolutamente questa similitudine che mi sarebbe stata rivelata di li a qualche mese. E fu proprio così che il 17 Novembre 2008 riuscii con l’aiuto della giovanissima Nina ad incernierare la prima beccaccia. Un animale appena entrato in quel preciso posto che avevo già deciso di battere qualche mese prima da totale inesperto. Proprio quel giorno ero in compagnia dell’amico Franco. La stessa zona ancora oggi è teatro delle mie azioni di caccia.

Mi ricordo che durante la battuta ero talmente in attenzione e tensione venatoria che…