Beccaccino

Beccaccino

Le evoluzioni del beccaccino nella stagione degli amori secondo le osservazioni di illustri ornitologi e naturalisti.

Su questo argomento hanno scritto quasi tutti gli ornitologi e trattatisti che hanno parlato del beccaccino. Quelli italiani hanno riportato quasi integralmente le parole usate dagli scrittori nordici che sono i soli che hanno potuto vedere le sue evoluzioni durante la fase amorosa, osservare i nidi, controllare le uova, le nascite ed il comportamento dei piccoli.

In Italia la nidificazione è talmente rara che si può dire senza ombra di dubbio che pochissimi cacciatori nostrani abbiano potuto osservare le così minute descrizioni del comportamento del beccaccino durante la fase prematrimoniale e matrimoniale. Nel periodo di amori i beccaccini si levano spesso in volo portandosi molto in alto a giri concentrici ed emettendo un suono che si può esprimere con un ti-ik, ti-ik; quando planano fanno con le vibrazioni delle timoniere un suono belante paragonabile al verso della capretta, da cui il nome latino “capella gallinago” (“capella” in latino sta per capretta), dovuto appunto al suono belante durante le parate amorose. Riporto integralmente le parole del Brehm, il grande naturalista tedesco che nei suoi viaggi nella Lapponia e nella Siberia ha avuto modo di fare numerosi controlli personali.

“I due coniugi si amano assai e sono straordinariamente affezionati ai loro piccini; del resto non si preoccupano affatto degli altri animali, purché siano innocui. Nelle paludi adatte ai loro bisogni le singole coppie di beccaccini nidificano le une accanto alle altre. I trastulli amorosi continuano molto prima che la femmina deponga le uova. Il maschio si leva nell’aria dal verde padule nativo con la rapidità di una freccia; da principio sale obliquamente verso il cielo, poi descrive una grande linea a spirale; se il tempo è bello si innalza ad altezze così grandi che l’occhio più acuto stenta a riconoscerlo per un uccello. Giunto all’altezza voluta, ondeggia circolarmente nell’aria, poi allunga le ali e cessa di muoverle, precipitandosi in basso in direzione verticale; quindi descrive un arco, scende e sale con grande sviluppo di forza e con movimento oscillatorio delle remiganti, che produce un ronzio particolare simile al belato delle capre; questo rumore speciale procaccia al beccaccino il nome di capra celeste. Intanto con questa rapida corsa ad arco, il nostro uccello ha raggiunto l’altezza primitiva; torna a girare per qualche istante ondeggiando, come se volesse riprendere forza, quindi precipita di nuovo in basso descrivendo un altro arco e facendo udire nuovamente il noto belato. Questi movimenti alternati si succedono per un quarto d’ora e talora persino mezz’ora; i belati non durano isolatamente più di 5 o 6 secondi; più tardi, quando l’uccello comincia ad essere stanco, si succedono soltanto ogni 20 o 25 secondi. Il belato del beccaccino consta di un rapidissimo “dududududududu”. Siccome il maschio compie queste meravigliose evoluzioni non soltanto durante il crepuscolo mattutino o serale, ma anche di giorno, soprattutto se il cielo è completamente sereno, chi ha buona vista riesce a distinguere talvolta il movimento oscillatorio delle punte delle remiganti che ha luogo nel veloce salire e scendere dell’uccello.”

Gli osservatori più recenti non attribuiscono il belato del beccaccino al movimento delle remiganti, ma piuttosto a quello delle timoniere. Del resto l’incitamento amoroso ha una tale influenza sul maschio da indurlo a modificare tutte le sue abitudini ordinarie: così durante il periodi degli amori, questo uccello, generalmente così cauto, si posa allo scoperto sulla punta dei rami e svolazza qua e là con movimento oscillatorio. Nella stagione degli amori si preoccupa inoltre degli altri individui della propria specie, ma sempre con intenzioni tutt’altro che amichevoli. Ad ogni modo tutti i maschi giocano e si trastullano individualmente per proprio conto svolazzando circolarmente; quando entra in campo la gelosia si accapigliano a vicenda e spesso lottano con qualche serietà. Ai lunghi volteggi eseguiti nell’aria, tien dietro il secondo atto della giostra amorosa. Quando il maschio si è stancato abbastanza in questo esercizio, ode con delizia il richiamo della sua bella, la quale lo invita a recarsi nell’umido nascondiglio prescelto. Appena ha inteso il sospirato invito, il beccaccino pone fine ai suoi giochi, raccoglie le ali, piomba verticalmente dall’alto come un sasso, producendo lo stesso rumore e si pone accanto alla femmina. Le fitte fronde degli alberi circostanti impediscono all’osservatore di vedere il terzo ed ultimo atto della rappresentazione. L’invito amoroso della femmina è un fischio acuto e sonoro che si può riprodurre abbastanza bene con le parole “ticup” e “diep”. Il nido si trova generalmente nei luoghi dai quali i maschi si innalzano a volo nell’aria per compiervi i loro trastulli amorosi; è nascosto dai giunchi della palude sopra un piccolo rilievo del terreno, consta di una semplice depressione dell’erba stessa rivestita di poche foglie secche e di steli. Quando l’erba che lo circonda cresce, ne cela completamente la presenza. Da metà di aprile alla fine di maggio il nido del beccaccino contiene 4 uova che hanno un diametro trasversale di mm 27-30 e longitudinale di mm. 36-42; il peso è di circa gr. 17; il loro guscio è liscio, opaco, sparso di finissime granulazioni ed è abbastanza resistente; ha una tinta fondamentale grigio olivastra verdognola, sparso di macchie grigie punteggiate a loro volta di verdastro, rossiccio, bruno nero. Le uova del beccaccino sono covate dalla sola femmina per 17 giorni; i piccini vengono allevati in comune dai genitori. Appena sgusciano dall’uovo, il padre cessa di trastullarsi e di svolazzare per l’aria. All’età di 8 o 10 giorni i beccaccini smettono il loro variopinto abito di piumino per indossare il solito dei giovani. In capo a due o tre settimane incominciano a svolazzare e qualche giorno dopo sono già indipendenti. I piccini sono gravemente minacciati dal falco di palude o falco cappuccino. Il repentino gonfiarsi delle acque distrugge talvolta a centinaia le covate. Sulle nidificazioni in Italia i pareri sono contrastanti ed hanno motivato varie contestazioni mosse da voci influenti come il Savi, il Cornalia, il Catullo, l’Althammor e l’Arrigoni degli Oddo.

Sul belato o verso del beccaccino in amore, Achille Sevesi, sul Cacciatore Italiano del 15 marzo 1947, così scrive: “Le osservazioni sul verso della beccaccia e i suoi richiami a speciali vibrazioni delle penne caudali mi inducono a tornare su un argomento che ho già trattato su questa rivista (1 gennaio e 1 aprile 1946), voglio dire del canto dell’affine beccaccino. La cosa deve aver destato interesse perché dopo di me, ne parlano il Prof. Marinari ed il Sig. Marcello Colliva il quale, riferendo di osservazioni compiute il 10 marzo 1946 a nord di Bologna, così scrive: Ho avuto la ventura di udire per otto, nove volte questo belato che secondo me sarei tentato di definire con dzzee dzzee lanciato da beccaccini isolati a grande altezza (60-70 metri) e quindi nella possibilità di vedere se la coda si apriva a ventaglio o in altro modo. Nel momento del suono mi sembrò che il selvatico rallentasse il volo. Sull’argomento è tornato il prof. Marinari (Il Cacciatore Italiano 1 giugno 1946) per confermare di aver potuto udire il canto del beccaccino durante il volo ascendente; circostanza del massimo interesse che getta un’ombra sul già enigmatico problema perché infirma la maggioranza delle opinioni degli ornitologi, essere il suono prodotto dalle vibrazioni delle penne caudali sotto l’urto dell’aria durante la veloce discesa che l’uccello compie e lascia perplesso e insoddisfatto il naturalista desideroso di conoscere la vera causa dello strano belato. A rendere ancora più fitto il mistero è venuto l’Avv. Bozzi di Brescia il quale gentilmente mi ha comunicato il 2 maggio 1946: Verso i primi di aprile del corrente anno, alle 14 circa, stavo cacciando in una marcita denominata Lunghe appartenente alla tenuta Vittorie in Comune di Villachiara quando alla distanza di una quarantina di metri, partì davanti a me un beccaccino il quale, mentre prendeva quota per sorpassare una ripa di alti fusti che si trovava oltre una sessantina di metri, emise dei suoni secchi e continuati, non molto forti, ma chiaramente percepibili, come di asticciole di legno che fossero percosse l’una contro l’altra. La velocità del beccaccino era moderata ed il volo non era a zig zag. Non vidi né prima né dopo alzarsi altri beccaccini. Non notai che la coda si fosse aperta a ventaglio, anzi mi sembrerebbe di poterlo escludere. I curiosi suoni mi dettero l’impressione di provenire dal movimento delle ali. Data la distanza non sparai al volatile che perdetti di vista poi che ebbe sorpassato la ripa. Mai prima di quel giorno mi è accaduto (e sono quasi quarant’anni che vado a caccia di beccaccini) di udire dei suoni uguali o simili. Ha ragione l’Avv. Bozzi quando soggiunge: Temo che questa mia relazione renda il beccaccino anche più enigmatico. In verità, dopo tanto, c’è da dubitare che il problema debba essere studiato ex novo. L’Avv. Bozzi pensa di poter escludere che la coda si aprisse a ventaglio ed opina anzi che il suono provenisse dal movimento delle ali. C’è un fatto però che lascia dubitare che il suono da lui percepito non fosse l’autentico belato; egli infatti parla di suoni secchi e continuati non molto forti, ma chiaramente percepibili, come asticciole di legno che fossero percosse l’una contro l’altra. Ora tale descrizione non si addice al belato. Trattandosi però di suoni straordinari (l’Avv. Bozzi dice di averli uditi per la prima volta nell’aprile 1946 in circa quarant’anni di caccia ai beccaccini) c’è da pensare che essi fossero prodotti dalle ali; e se così fosse, si dovrebbe concludere che hanno ugualmente ragione quelli che dicono che il beccaccino canta con le ali, sia pure emettendo suoni diversi. Comunque in base alle osservazioni compiute in Germania, io ritengo che il tipico canto d’amore sia quello eseguito con la coda.

Cosa ne dobbiamo concludere? Dare credito alle notizie del Brehm che riporta le parole del Nauman, a sua volta riportate da tutti coloro che hanno scritto del “capella gallinago”, oppure essere scettici come la maggior parte dei beccaccinisti italiani?. (Mi pare però che sia ragionevole anche lo scetticismo circa le affermazioni di un signore che – se caccia i beccaccini da oltre quarant’anni – probabilmente ne ha più di sessanta e che osservando un beccaccino tanto distante da non potergli sparare perché fuori tiro, afferma dipoter escludere che nel volo avesse la coda aperta a ventaglio, ed asserisce che i suoni, non molto forti ma chiaramente percettibili malgrado la distanza, erano emessi dalle ali!. L’avv. Bozzi aveva vista ed udito veramente invidiabili per un sessantenne.) È certo che nel periodo degli amori gli uccelli si comportano, spesso, in modo inconsueto e nulla vieta che il beccaccino, prima dell’estasi amorosa, si libri nell’aria sbattendo le ali o le penne caudali. Anche l’allodola si ferma in cielo, a primavera, sbattendo freneticamente le ali. Così fa la numerosa famiglia dei falchi. Nulla vieta che anche il beccaccino abbia particolare modo di comportarsi, che produce un dato rumore forse causato dalla conformazione, dalla forza, dalla grossezza delle ali o della coda. È noto a tutti lo strano comportarsi del gallo cedrone e del gallo forcello durante l’estasi che precede l’accoppiamento con la femmina. È certo che la dovizia dei particolari resi noti dagli autori tedeschi e francesi non mettono in dubbio che il beccaccino, tanto furbo e schivo tutto l’anno, nella stagione degli amori, che tra l’altro avviene in periodo di caccia chiusa, eseguisca particolari evoluzioni. Dopo tutto anche per lui diremo: Ah, l’amore che fa fare!