Su iniziativa dell’Ing. Piero Regazzoni, sono stati raccolti alcuni racconti fantasiosi di cinofili-cacciatori, che hanno portato alla stampa di un libro (Passioni 3 – La bugia del Cacciatore – Amici si raccontano) con la scopo di raccogliere fondi per un orfanatrofio del Kenia dove vengono accuditi bambini ammalati di AIDS. Troverete di seguito il racconto che io ho inviato per la stesura del Volume. Spero possiate dare una mano a questa iniziativa benefica. I libri possono essere richiesti telefonando direttamente all’Ing. Piero Regazzoni di Bergamo +39 3480073498
La pozza tonda (la pozza della galinassa – la pozza del nano)
Probabilmente non ci credeva più neppure lui o non ci aveva mai creduto, ma le minuziose descrizioni dell’accaduto, ogni volta ripetute con dovizie di particolari, e la storia molte volte sollecitata da amici diversi, lo avevano costretto a mantenere intatta quella incredibile avventura che gli era capitata alla II licenza di caccia, a 17 anni sul Monte Baldo.
Nano faceva il fornaio nel negozio di famiglia; si alzava ogni mattina alle 2 per preparare il pane ed era divorato da una incontenibile passione per la caccia che lo portava a chiudere il panificio, con le scuse più stupide, per arrivare, ancora a notte fonda, in montagna, ad aspettare l’alba per sentire cantare i cotorni e, quindi, programmare il percorso di caccia.
A 17 anni, appunto, ai primi di Ottobre, salendo ansimante per portarsi nella zona dove i cotorni avevano cantato, passò vicino alla pozza tonda, una naturale depressione del terreno, quasi perfettamente circolare, ricolma d’acqua fino a stagione inoltrata, a 2000 metri di altezza, vicina ad un baito diroccato, dove i pastori, negli anni passati, soggiornavano nelle notti estive.
L’alba dipingeva l’acqua di colori autunnali ed, improvvisamente, dal bordo di fango che circondava la pozza, sfarfallò nel cielo una beccaccia, una bella, grande beccaccia che rubò a Nano due frettolose fucilate e fece scattare il suo giovane setter in una lunga rincorsa.
Nano cercava i cotorni, ma questa stupida beccaccia, la prima di quella stagione, che si era involata verso la cima e che non ritrovò più, gli creò un misto di ansia e di rabbia che lo fece tornare per tutto l’anno, tutte le volte che andò in montagna, a rivisitare la pozza tonda, per vedere se la beccaccia era tornata.
Venne la neve, il ghiaccio e le giornate corte e grigie. A dicembre poco prima della chiusura, poco prima di Natale, tornò di nuovo alla pozza tonda, pur sapendo che tutto era finito e che la beccaccia, già da diversi giorni, era sicuramente partita verso i caldi litorali del sud.
Il cane gli ciondolava tra i piedi, stanco e distratto. Affacciandosi al dosso che apriva la vista sulla pozza tonda, gli sembrò di vedere la beccaccia ai bordi del ghiaccio che ricopriva la pozza, immobile con il becco conficcato nel ghiaccio. Si avvicinò incredulo e guardingo. La beccaccia era lì, magra e sciupata, impaurita dal cane che la guardava imbarazzato, con gli occhi umidi e roteanti, a cercare una via di fuga. Il becco era piantato nel ghiaccio, e pur forzando sulla gambe, non riusciva a toglierlo da quella morsa.
Nano, dopo il momento di stupore, si avvicinò cauto, la prese fra le mani e ruotandola come per stappare una bottiglia, le liberò il becco dal terribile morso.
La beccaccia lo guardava impaurita, ruotando la testa ed allungando il collo esile per riprendersi da quel terribile momento.
Nano si commosse, l’accarezzò delicatamente, e senza pensarci, con gli occhi umidi per l’emozione, la liberò nell’aria grigia e la guardò sparire, al di là del dosso, mentre un forte sentimento gli stringeva il torace.
Tornando contento come chi sa di aver fatto una buona azione, raccontò dell’accaduto ai cacciatori che si scaldavano attorno ad una stufa, nella vecchia osteria del paese.
Fu così convincente che tutti credettero alla sua storia così strana, così vera, così profondamente umana.
Negli anni a seguire, ogni volta che Nano entrava nell’osteria dei cacciatori gli veniva richiesta, di nuovo, la storia della beccaccia della pozza tonda, col becco inchiodato nel ghiaccio.
Tutto veniva ripreso sin dall’inizio, ed, ogni volta, la storia si arricchiva di qualche particolare nuovo e così la pozza, che ancora oggi vediamo salendo verso la cima, divenne la pozza della galinassa, la pozza del Nano.
Qualche anno fa, Nano venne in ospedale con un piccolo disturbo, un piccolo grande problema.
Durante le fasi post-operatorie, mentre l’anestesia dolcemente lo lasciava, con gli occhi socchiusi e la voce impastata mi disse: “Gian, ho fatto un sogno, ho sognato una beccaccia con il becco imprigionato nel ghiaccio, a dicembre, in montagna. Era bella, dolce, era la beccaccia di Natale. Vorrei rivederla. Forse la rivedrò.”
Di lì a pochi mesi Nano ritornò in cielo e sicuramente ritrovò la sua beccaccia.
GianGaetano Delaini
Massimo Soria
Questi racconti di narrativa venatoria sono stupendi . Ne leggerei a centinaia . Grazie a Voi