Roberto Lemmi

Dal filo dei ricordi di un nostalgico cacciatore scaturisce un appello al buonsenso per il bene della natura

Sono tornato davanti all’antico camino nel salone della vecchia casa del paese affrontato da pensieri e speranze. Ma varrà la pena di rinnovare la licenza dopo ottant’anni di attività venatoria? Non è che mi spaventi, perché il corpo e la mira hanno conservato la validità degli anni migliori, ma mi opprime il pensiero di una caccia ormai troppo moderna. Ricordo i calendari di tanti anni fa. Erano grandi come quelli di oggi, ma i caratteri erano enormi per poche e chiare regole. Apertura e chiusura e brevi nozioni di carattere generale. Oggi i calendari hanno lo stesso formato. Ma i caratteri sono piccolissimi e ci vogliono le lenti per leggerli e ci vuole un esperto per le interpretazioni numerose e sibilline. Nell’antico camino crepitano e scoppiettano tronchi e arbusti. Ormai la fiamma brilla e la pipa tra le labbra, gli occhi socchiusi, in previsione dell’annata prossima, ricordo, ripenso e progetto. Quando praticavo l’aucupio con le panie vaganti con la civetta non avevo ancora quindici anni. Portavo al collo almeno venti fischietti e non vi era canto di uccelletto che non imitassi alla perfezione. Codibugnoli, cince, pettirossi erano le prede preferite. Durante il passo ce n’erano in quantità luogo le siepi e agli orli dei boschi. Non siamo stati noi a ridurre le specie, tanto più che il divieto è di oltre cinquanta anni fa. Perché non incolpare il Ddt che ha sterminato varie specie di zanzare e insetti, togliendo cibo e vita agli uccelli dal becco gentile? Tornavo a casa con il bastone a mezzo del quale era infilata la gabbietta piena di richiami. L’aucupio è stato vietato e non si può allevare una civetta che tanto si affeziona al cacciatore.

Non ne abbiamo fatto una tragedia consci della giustezza del provvedimento. Quando vagavo con il calibro 28 attorno al paese a caccia di passeracei, poi di peppole e di allodole, poi di merli e di storni. Oggi tutta la serie dei piccoli, dai verzellini, ai montani, ai cardellini, ai verdoni è vietata. Provvedimenti giusti per allietare di bellezza e di canti armoniosi gli amanti della natura e della vita all’aperto. Quando, ottenuta la licenza, mio padre associò me e mio fratello alla Riserva di Tradate, ricca di starne e di lepri. Non passavamo una giornata di battuta, giovedì e domenica, che insieme, con mio padre e mio fratello, non facessimo la quota che era di tre starne e due lepri a testa. II fagiano colorato e pollaiolo non aveva ancora ratio la sua comparsa Sui terreni di caccia. Tante erano le starne come i gelsi che le proteggevano con le fronde ricche di foglie. I primi a rendersi conto della necessita di salvaguardare la natura di fronte alle mutate condizioni ambientali dei centri urbani, aI proliferare di autostrade, circonvallazioni, ponti, viadotti, rotonde sono stati i cacciatori. A loro si devono le giuste restrizioni. Accanto ai 4 principali Parchi nazionali sono sorti parchi lungo il corso di grandi fiumi, le coste di laghi, le zone alpine e degli Appennini più ricche di fauna e flora da salvaguardare con limitazioni e divieti importanti.

Norme studiate dai dirigenti venatori del tempo, maestri di tecnica e scienza cinegetica tratti dal’istituto di ecologia applicata alla caccia dalla Università di Bologna. Purtroppo fanno sempre presa sulle masse, con la compiacenza della stampa di ogni genere e delle tv più disparate, notizie, ingiurie, calunnie, falsità e proposte da associazioni e persone che si autodefiniscono ecologiste senza esserlo, ad eccezione di rari studiosi della nuova scienza ecologica. Nel vecchio Camino i ceppi e la brace si stanno tramutando in cenere. Mi auguro Che anche gli anticaccia siano uomini di buona volontà e si aggiornino, studino la scienza ecologica, rinuncino alle invettive, alle maledizioni, alle proposte sconsiderate e folli. Che pensino, anche loro uomini di buona volontà, di studiare assieme ai cacciatori norme giuste per un esercizio venatorio in giusto equilibrio con la natura. Saremo forse costretti negli anni venturi a potere incarnierare mezzo fagiano perché sarà la quota ad homincum? Sarà costretto a cacciare solo il giorno di sabato dalle 10 alle 15? Saranno consentile in una giornata solo cinque fucilate? Si dovrà forse caricare il fucile con cartucce a pallini contati?

I miei sogni continuano e si accavallano. Bando alla guerra, si uniscano le idee e si utilizzi la scienza e soprattutto imperi il buonsenso. Potremo essere assieme artefici di regole che tengano conto della salvaguardia delle specie padrone della natura, in una giusta selezione del numero e nelle quantità. II fuoco nel vecchio Camino e quasi spento. II sogno continua. Che divenga realtà per gli anni prossimi.

Adelio Ponce de Leon