Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dai ciliegi in fiore. In questi racconti scrivo di luoghi paesani, di ambienti naturali ancora vivibili, di quei meravigliosi insetti sociali che sono le api, ma anche di lavori antichi che lentamente e inesorabilmente stanno scomparendo. Almeno qui, nel mondo occidentale.

I miei brevi racconti non parlano di primavere silenziose, di alberi rinsecchiti, di morte per cancro, ma di cose che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare.

Mario Rigoni Stern

Si sentono sempre meno i loro allegri cinguettii, quel loro cicaleccio che rallegrava i cuori così adesso si rimpiangono anche i Passeri mentre non  si sentono assolutamente più i melodiosi canti degli Usignoli, dei Fringuelli, dei Cardellini, dei Verdoni, delle Capinere, delle Cannaiole, delle Balie, dei Pigliamosche, dei Beccafico, dei Codibugnolo, dei Rigogoli, dei Santimpalo, delle Sterpazzola, delle Magnanina, delle Allodola, delle Quaglie, delle Calandre, delle Upupe, delle varie Cince, delle Ballerine e di altri che evito di nominare per non allungare un elenco di uccelli che non possono più rispondere: “PRESENTE”!

E non possono più rispondere “presente” nemmeno: Gufi, Civette, Barbagianni, Alocchi e Assioli e rarissime sono le Poiane, mentre si continua a vedere qualche rara coppia di Gheppio, che la nostra gente definisce il “falchetto” e che l’ornitofilo riconosce per il suo tipico atteggiamento che assume una volta che ha scoperto una preda e, smette di volare rimanendo sul posto sopra di essa battendo le ali, per poi scendere “picchiando” velocemente sulla preda e ghermirla. Questo atteggiamento nella fantasia popolare viene definito: “lo Spirito Santo” così come viene descritto e illustrato quando questi, lo Spirito Santo “aleggia” e scende sugli Apostoli!

E’ pur vero che mancano anche i piccoli Mustelidi, che un tempo vivevano nel nostro ambiente, come la Donnola, la Martora, la Puzzola e la Faina, ma sono gli Uccelli, quelli hanno dovuto pagare il prezzo maggiore un prezzo che oggi si può riassumere almeno per quanto riguarda i nostri paesi di aperta campagna con una terribile parola che non vorremmo mai pronunciare: ESTINZIONE? Magari ancora no, ma siamo molto vicini!!

E allora la domanda che sorge spontanea è: perché è successo tutto ciò negli ultimi 30/40 anni? perché questo terribile e inarrestabile disastro non ha radici lontane, ma è proprio dei nostri giorni!

Grazie agli ornitologi dilettanti e professionisti di questo programma di citizen  science, sono stati identificati e contati gli uccelli in tutto il territorio. È stata così accertata una diminuzione nelle popolazioni di uccelli dal 1990 nelle aree rurali. Le specie caratteristiche di queste aree, come l’allodola, la sterpazzola o l’ortolano, hanno perso in media uno su tre esemplari in quindici anni. E i numeri mostrano che questo calo si è ulteriormente intensificato nel 2016 e nel 2017.

Spiegano gli scienziati francesi che questa massiccia scomparsa va messa in relazione con vari fattori e in primo luogo con l’intensificazione delle pratiche agricole negli ultimi 25 anni, in particolare dal 2008-2009. Un periodo che corrisponde, tra le altre cose, alla fine dei periodi di riposo imposti dalla politica agricola comune, all’aumento dei prezzi del grano e all’utilizzo dei pesticidi neonicotinoidi, pericolosi per le api e altri insetti.

Nei paesi del basso trevigiano di tutti gli uccelli sopra elencati a parte ancora qualche piccola “colonia” di passeri non ci sono più tracce. Fino a tre/quattro anni fa nella zona del laghetto Baioc dove scorre il Mignagola, che nasce a Varago in località Saltore (zona ricchissima di risorgive), in provincia di Treviso si poteva ascoltare il melodioso canto dell’ultimo usignolo, ora anche in questa zona vige il silenzio più “assordante” rotto ogni tanto dal CRA – CRA di Gazze e Conracchie, che arrogantemente la fanno da padrone e da usurpatrici. Indietro negli anni fino appunto a 30/40 anni le coppie di usignoli presenti a in quell’areale erano moltissime, così, come in tutta la campagna adiacente, non c’era siepe nel paese, considerando che ogni coppia aveva bisogno del suo “spazio vitale” che i maschi non comunicassero la loro presenza con il loro canto. Oggi questo piccolo insettivoro è del tutto scomparso come tutti i suoi confratelli appartenenti ad altre razze. Di passeri nei  nostri paesi di campagna un tempo se ne potevano contare centinaia di migliaia, oggi il tutto si esaurisce con qualche sporadica colonia di passaggio, che dopo pochi giorni non si vede più.

E così come le rondini, che ai primi giorni di settembre piegavano verso il basso i fili dell’energia elettrica sotto il loro peso prima di partire per la migrazione. Qualche giorno fa ne ho visto una coppia in piena campagna dove nella zona c’è una stalla, habitat ideale questo per questi uccelli, ma per quanta attenzione abbia prestato non sono riuscito a notare il loro nido nel sottotetto della stessa, ma si sa che le rondini si spostano anche per chilometri e chilometri per trovare del cibo per i loro pullus e quindi il loro nido potrebbero essere stato altrove.

Ho notato dopo anni anche un piccolo stormo di rondoni volteggiare intorno alla Chiesa del paese e al campanile come lo facevano un tempo, con la differenza che erano solamente in otto mentre nei tempi passati erano qualche centinaio a rallegrare con le loro “grida felici” e i loro voli, chi gli ammirava con passione ornitofila. 

Andare per campi e per nidi era il passatempo (non c’era altro) di tanti bambini e ragazzi e nella campagna si sentiva il canto di tanti uccelli e quello che mi piaceva di più era dell’Allodola, che di colpo si alzava verso l’alto (come fa un elicottero) in maniera verticale e non orizzontale come fanno tutti gli altri uccelli, con quel canto che man mano che si alzava nel cielo, allontanandosi dalla terra diminuiva di intensità. 

Ma era anche intorno alle case che si sprigionavano oltre agli odori pure i canti, CANTI, he adesso non si sentono più. Era tutto un cantare: di galline dopo aver deposto l’uovo, del gallo che non cantava solo all’alba per dare la sveglia, ma anche dopo ogni conquista amorosa e (beato lui), le occasioni durante il giorno erano tante e poi muggiti, nitriti, ragli, belati, grugniti, schiamazzi di oche e anatre. E poi cantava anche l’uomo  e non solo come si è soliti dire quando si tagliava la barba, ma lo faceva nei campi quando vendemmiava, spannocchiava o faceva mille altri lavori, e cantava sempre in compagnia, perché tutto veniva fatto con la forza delle braccia e il canto quasi ritmava il lavoro, e poi cantava quando sbozzolava o lavorava nella stalla e cantava ancora nelle osterie con gli amici e in ogni occasione di festa e dello stare insieme. Il suo, quello degli Uccelli, insieme a tutti i versi degli animali è forse ciò che manca maggiormente all’uomo di oggi e con esso l’espressione della vita, della gioia, dell’amore.               

Il canto oggi, è sostituito dal silenzio, un silenzio cupo, che opprime, privo di vita….. rotto d tanto in tanto dai maledetti “Cra – Cra – Cra e dalle imprecazioni contro questi Uccellacci ai quali si fatica e non poco ad abituarsi! Abituati come eravamo……

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