Orfeo di Crocedomini, sulla strada della beccaccia.

Una branca della neuroscienza, l’epigenetica, studiando la trasmissione dei caratteri tra le generazioni, ha accertato che oltre alla via genetica esiste la “via epigenetica” fino ad oggi poco conosciuta. Secondo questa scoperta le reazioni che un cane elabora e mette a punto a seguito degli stimoli dell’ambiente faunistico di riferimento (modo di cercare, tecnica venatoria, ecc.) possono essere trasmesse per via ereditaria ai suoi discendenti (che nessuna esperienza hanno fatto).

Ogni allevatore si rende conto che le implicazioni di questo principio importano un ripensamento dei criteri fino ad ora seguiti per la scelta dei riproduttori, perché al sistema attuale (accertamento preventivo dei caratteri geneticamente fissati che questi devono possedere, esame del pedigree, prova sul campo per vedere se i caratteri che si desiderano sono presenti nei consanguinei e, soprattutto, nei discendenti dei soggetti designati) occorre aggiungere l’accertamento della loro specifica tecnica venatoria (quella acquisita con l’esperienza) perché anch’essa è suscettibile di trasmissione ereditaria. Il tempo, la sperimentazione e gli studi forniranno una rappresentazione più precisa del fenomeno nei suoi ambiti di influenza, e faranno capire il rapporto che esiste tra la trasmissione genetica ed epigenetica dei caratteri, perché solo dopo sarà possibile seguire linee guida utili agli allevatori.

Tuttavia alcune considerazioni possono essere fatte in base al buon senso. Va ricordato che ogni volta che la scienza enuncia un principio nuovo, questo fornisce una inedita chiave di lettura agli operatori, per cui fatti e prassi prima ritenuti dipendenti da altre cause sono invece ad esso imputabili.

Due esempi possono chiarire il concetto. Gli allevatori orientati alla produzione di cani da gara, scelgono i riproduttori tra i campioni più titolati anche se il costo della monta è elevato (ma compensato dal maggior valore dei cuccioli), soprattutto perché l’esperienza ha loro dimostrato che i caratteri che hanno consentito al campione riproduttore di emergere nelle gare si ritroveranno nei discendenti. Questo fenomeno, prima era attribuito alla trasmissione genetica dei caratteri, ma ora deve essere riconsiderato come effetto anche della trasmissione epigenetica, in una misura certamente difficile da determinare. Analogamente gli allevatori amatoriali di cani da lavoro, che il costo elevato tiene lontani dalla monta dei campioni, scelgono i riproduttori tra i cani degli amici e dei conoscenti di cui hanno potuto constatare sul campo i caratteri e la tecnica venatoria.

La qualità mediamente alta dei cani da lavoro attuali, così empiricamente scelti, sembra fornire una conferma alla influenza dell’epigenetica. Secondo me si deve ormai prendere atto che l’epigenetica induce ad una rivalutazione dell’ambiente faunistico venatorio i cui stimoli sono decisivi per l’acquisizione della tecnica venatoria dei soggetti che in esso hanno fatto esperienza, e perché quest’ultima è oggetto di trasmissione epigenetica. Sul piano pratico è di tutta evidenza l’utilità di ottenere dei cuccioli già naturalmente predisposti al tipo di caccia che si vuole praticare, se si scelgono i riproduttori che tali caratteri hanno già sviluppato con l’esperienza. Mi auguro che queste nuove prospettive stimolino i cinofili allevatori ad arricchire la loro esperienza mettendola in comune.