CACCIATORI DI MONTAGNA, DI BECCACCE E BECCACCINI

Il più felice non è assolutamente chi ammazza di più ne tantomeno chi trova di più e neanche chi ha i cani migliori, il più felice è semplicemente colui che trae il maggior godimento e divertimento nel trascorrere il tempo nel bosco o in montagna dietro la coda del proprio cane inseguendo le prede desiderate…….."magari in solitaria nel più alto rispetto di chi e di cosa lo circonda"

RITRATTO PSICOLOGICO DEL VERO CACCIATORE di Adelio Ponce de Leon

La caccia è una passione, una forte passione. Ma cosa è la passione? E desiderio energico e durevole, radicato in una profonda impressione di qualsiasi natura. Ora, esaminare l’influenza della passione per la caccia, di questo mottis animi in un animo normale, ben equilibrato, costituisce la “psicologia del cacciatore”. Il campo di azione della caccia è funestamente ricco di soggetti patologici; ciò si spiega facilmente ponendo in risalto la debolezza della psiche e la gagliardia e violenza della passione venatoria.

Dovesi quindi ritenere sommamente interessante per la classe cacciatoresca uno studio dei soggetti patologici più facili a riscontrarsi. Non esiste l’uomo perfetto, tanto meno il cacciatore.

Vediamo come dovrebbe essere l’uomo venante degno dell’appellativo di “uomo di caccia”. Fra le diverse qualità che segnalano gli uomini fra loro molti non riconoscono al cacciatore che la pazienza. Non basta.

Il cacciatore deve essere anche fortunato perché la fortuna deve essere accompagnata da molte altre virtù come la vigilanza, prudenza, fortezza, temperanza, ferocia…

Soprattutto ferocia. Si vuole che il cacciatore sia feroce. Orione lo era. Guai a quel cacciatore che come il buon Lamartine si lascia prendere da crisi di coscienza sulla lepre uccisa o che si commuove per un tordo in frasca; sarebbe già sulla strada del pentitismo: feroce come Shakespeare fanciullo che nella tenuta di Charlecore, andava a caccia di frodo con il coltello a scannar le bestie e le squartava.

Ha da essere forte: grande, rozzo, robusto, largo di petto, aitante, snello il piede, agile la gamba, grosso di giunture, d’ingegno vivace, d’udito sottile, d’occhio perspicace, curioso nello spiare, accorto nel cercare, di naso fino, di spalle ampie, di reni grosse, cauto nell’inseguire, calmo nell’offendere, sagace nelle insidie, scaltro negli inganni, bramoso di preda, sciolto, celere, rapido, veloce, forsennato, di voce grossa e sonora.

Poi deve essere bugiardo: bugie da oscurare l’aria, bugie ardite, ingegnose, solenni: bugiardo come in una osteria dell’Oltrepo’, più bugiardo di Honoré de Balzac. Deve sapere raccontare con calma, lento nel cominciare, indifferente ai frizzi di chi l’ascolta, piuttosto grasso nelle espressioni, a scoppiare dalle risa se occorre, ad ammiccare a tempo, originale nella trovata. Una gamba a cavallo dell’altra, il bicchiere a portata di mano, il carniere vuoto egli racconta come una lepre suicida gli si sia parata davanti e non la uccise.

Perché? Forse perché non riuscì a colpirla o per via della cartuccia umida con polvere lenta?

No, non l’uccise perché dietro la lepre stava in agguato la volpe ed egli non uccise neppure la volpe perché dietro la volpe guatava il lupo. Tutto il dramma nel bosco era lì davanti a lui nella immagine dell’umile insidiato dall’ipocrita e l’ipocrita dal prepotente. Osservò la scena, aspettò che la volpe mangiasse la lepre, che il lupo inghiottisse la volpe, pensò a Sant’Uberto e colpì diritto.

Deve sapere fischiare non soltanto al proprio cane, ma anche agli uccelli che volano. Guai a quel cacciatore che sotto gli alberi in fiore non intende il sottile linguaggio degli uccelli e la loro passione, il richiamo d’amore. Appeso al collo con un piccolo spago porterà il fischietto: nei giorni di aprile vada per i campi risorti e impari dagli uccelli il linguaggio del cuore. Sappia dunque fischiare come il maschio alla femmina.

Soprattutto il cacciatore deve essere superstizioso: un cacciatore che dopo il “buona caccia” o un gatto nero che si profila davanti, si avventura ugualmente per la caccia, non conosce i rischi cui va incontro. Il mondo di notte è tutto affollato di spiriti vaganti, anime senza pace, morti senza preghiere, cadaveri senza sepoltura, misteriosi delitti, orribili visioni, lenzuoli bianchi e neri, il mondo è tutto pieno di spiriti vaganti. Shakespeare li vede ovunque perfino sul trono dei re. La campagna è tutta popolata di morti. Il cacciatore che torna senza avere preso un animale sappia almeno raccontare una vicenda d’oltre tomba e sia, come Dante, pallido e spaventi.

Ha anche da essere simpatico: di bell’aspetto, cortese, galante con le donne, perché in caso di pioggia grossa, di acqua vento e di buriana, riesce a trovare ovunque piacevole ospitalità per sé e ricetto per il cane. Soprattutto deve essere galante e di pochi scrupoli. Non per niente Giove volle che Diana sovrastasse alla caccia e, nel branco dei falsi e degli adulteri, scelse la vergine folle.

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1 Comment

  1. Romano P.

    Grande Adelio…amico di tanti anni. Guascone e burlesco…ma colto.

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