gallinucci4C…non appena la giovanissima Nina si avventurò in una sospetta filata con un timido accenno di ferma, partì da un roveto una “palletta nera” che buttai giù immediatamente d’istinto con un tiro stratosferico degno del miglior tiratore di skeet. La prima beccaccia. Non vi dico la soddisfazione. Da li fu tutto un crescendo. Nina crebbe e si fece molto brava poi, nel tempo, arrivarono altri cani a farci degna compagnia.

Insomma da quel 2008 la passione per la caccia subacquea andò via via affievolendosì forse perché ormai avevo scoperto tutto di essa e la cattura di un pesce era davvero diventata “una banale esecuzione”, riprendendo uno spunto riflessivo dell’amico Piero Malato. Si crearono spazio e tempo per la caccia terrestre che mi dava nuovi stimoli, facendomi pertecipe della conoscenza di un mondo totalmente nuovo ma che oggi, rendendomene conto, ho sempre conosciuto. Nel 2009 disputai la mia ultima gara congedandomi dall’agonismo con un bell’oro ai Campionati Italiani a squadre. La caccia subacquea naturalmente non potrei mai abbandonarla del tutto, l’acqua è sempre stato e sarà il mio elemento naturale fino a che mi sarà concesso di andare. Ho nuotato per ben 19 anni di cui 15 a livello agonistico. Alla fine tra nuoto e caccia subacquea ho alle spalle “soli” 33 anni di agonismo ad alti livelli. Vado a mare quando ne ho bisogno.

L’attività in campagna è più traumatica a livello muscolare di quella in acqua sebbene non si abbiano i grandi dispendi energetico – psicofisici e le modificazioni fisiologiche legate all’apnea profonda. Dopo un lungo periodo d’assenza dal mare, legato alla stagione delle beccacce, che affronto senza mai perdere un giorno, il mare diventa una necessità impellente soprattutto perché sono “assalito” da ogni forma di dolore muscolare che lenisco in acqua dove sono totalmente sospeso ed in assenza di gravità. Lo scioglimento muscolare ed il totale rilassamento fisico che io raggiungo in acqua, quella meravigliosa sensazione che si prova a fine pesca, dopo 4 o 5 ore continuative, in campagna non si apprezza. La mente vuota, lavata dall’acqua ed il fisico totalmente disteso. Tra l’altro la grande mole di lavoro aerobico che sviluppo in campagna durante l’inverno fa si che ritorni in acqua con una forma fisica perfetta, come se non avessi mai smesso di andarci.

Quello che invece apprezzo a caccia sulla terra ferma, è la riscoperta e rivisitazione di me stesso. Il riscontro e la conferma del mio talento istintivo del “senso del pesce” attraverso il “senso del selvatico” dei miei cani. Io che da molti anni sono “cane” in acqua, dando sfogo appunto al mio spiccato “senso del selvatico/pesce” ora mi godo l’esplicitazione del “senso del selvatico” dei miei cani durante le azioni di caccia. Identica cosa che avviene con le stesse identiche dinamiche.

Amo cacciare da solo in silenzio, ricercando le stesse condizioni di solitudine e silenzio che si apprezzano in acqua con la mente totalmente rivolta al fine: la cattura. Stessa identica tensione venatoria ed attenzione, la stessa dei miei cani, tanto che definirli “ausiliari” per me risulta assolutamente riduttivo. Potrei chiamarli collaboratori, aiutanti. Credo la migliore soluzione per me sia quella di definirci “unica entità venatoria”.
Essi avvertono fortemente la mia tensione venatoria, il mio senso del selvatico come io avverto la loro tensione venatoria, il loro senso del selvatico. Del resto studi recenti confermano le doti canine di psicotelepatia empatica, se mai ce ne fosse stato bisogno!! Il mio rapporto con loro è “pariteticamente paritario” consentitemi questo gioco di parole. Mi sono guadagnato il posto d’onore del capobranco che mi hanno tributato non per autorità ma per autorevolezza ed ho un rapporto con loro che va ben oltre il “semplice utilizzo”. Ci serviamo a vicenda. Quello che riesco ad ottenere da loro è davvero tanto ed è motivo di stupore continuo. Tra l’altro non percepisco affatto quel sottile distacco “cane/cacciatore” che invece riscontro in alcuni colleghi di caccia, semplicemente perché nel mio caso esso non esiste. Mi trovo sulla loro stessa linea d’onda.

Certo la caccia alla beccaccia in ambienti ostili come quelli mediterranei casalinghi eseguita in solitaria è davvero complicata ed impegnativa soprattutto perché difficilmente si riesce a coprire terreno in fase di esecuzione del tiro finale tanto che spesso, avviene che si è impossibilitati a portare a termine l’abbattimento.

L’ideale sarebbe cacciare in coppia con un altro essere umano, aumenterebbero senza dubbio le possibilità di esito positivo, ma la soddisfazione che ho nel costruire il limite del carniere stagionale da solo è davvero tanta e ciò mi spinge di continuo a ricercare strategie di caccia che portano a ragionamenti e intuizioni congiunte con i cani che spesso ci fanno “intuire” quale sia la strada migliore per la cattura, come in sostanza avviene in acqua.

Quando concludiamo in solitaria, io ed i miei cani, riusciamo a godere a pieno della “chiusura del cerchio” e questo con immensa soddisfazione reciproca. Purtroppo tutto questo va a discapito della condivisione con persone “terze” ma tant’è, è così come capita nella caccia in apnea, dove si è proverbialmente “soli”.

A tal proposito mi ritorna in mente ciò che accadde lo scorso anno in una “prova a beccacce” che volli effettuare in coppia con la mia Pinta, figlia di Nina. Ottimo turno, “di soli 15 minuti”, senza incontro per nessuno dei partecipanti, gli animali non c’erano. Alla fine di tutte le batterie volli sapere dal giudice amico Roberto Lucaioli cosa pensava del mio turno ed esso esordì precisamente così “tu vuoi sostituirti al cane!” è il cane che ha il naso, non tu, devi lasciarlo lavorare altrimenti pregiudichi la sua azione e influisci sulla sua iniziativa!!”. Da gran competente qual è, aveva fotografato perfettamente la situazione.

“lo so!, avrei voluto rispondergli, sono un cane da caccia anch’io e per ora, non riesco a fare altrimenti…..” Sono sicuro che mi avrebbe preso per matto e forse leggendo queste righe comprenderà la mia natura e lo stato d’animo di quel momento passato. Mi risulta inoltre assai facile “l’addestramento” che metto anch’esso tra virgolette perché concetto per me sostituibile con quello di iniziazione all’unità di intenti. Tutto avviene con estrema naturalezza e totale collaborazione da parte dei cani, sempre. Probabilmente fino ad ora o ho avuto in mano soggetti estremamente duttili o i famosi cani ingestibili o testardi non li ho mai ancora conosciuti…può darsi.

Salvo rare eccezioni il destino venatorio di un cane credo sia indissolubilmente legato al destino venatorio dell’essere umano con il quale opera in coppia. In ultimo sono convinto che uno specialista a pesce bianco, dotato di grande senso del pesce, possa diventare in relativo breve tempo un ottimo specialista nella caccia alle beccacce così come un ottimo cacciatore di beccacce possa tranquillamente diventare un ottimo cacciatore subacqueo superando naturalmente i limiti di apprendimento imposti dalla pratica dell’apnea e di tutto ciò che ne consegue. Ritroverebbe semplicemente se stesso e l’opera dei suoi cani. Comunque il corso di specializzazione ed affinamento non finisce mai e non si finisce mai d’imparare.

Questo è tutto quanto ho voluto condividere con voi. Capisco che forse il mio scritto è più sbilanciato verso la caccia piuttosto che verso la pesca (pardon caccia). Spero vogliate perdonarmi anche in considerazione del fatto che questa mia nuova passione la sto vivendo con l’entusiasmo di un adolescente. Per ultimo volevo riportare la citazione dell’amico e profondo conoscitore del setter inglese Gabriele di Giuseppe il quale è della convinzione che “i cani forti si debbano valutare con pochi selvatici ed in ambienti duri, dove il sacrificio della fatica seleziona uomini e cani”, ecco, in acqua opera la stessa identica selezione, effettuata però soltanto sugli uomini.

Sono grato dell’opportunità di divulgazione che mi avete dato e Vi ingrazio.
Viva la caccia e Viva la vita in natura.