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Ritengo questo, l’ambito più opportuno per rivolgermi ai cacciatori e in particolare, perché cacciatori lo siamo tutti, a quelli che nella caccia, sfogano la loro passione, senza partecipare attivamente al mondo della Cinofilia  agonistica. Chi frequenta le prove, senza per questo rinunciare alla sua identità venatoria, presta già attenzione all’ andatura dei cani. Sono certo che i cacciatori, non si accompagnano ad ausiliari che non siano utili e vantaggiosi al conseguimento del carniere e con tale indirizzo, la concretezza è assicurata, ma perché ci procuri la massima soddisfazione, teniamo un occhio, anzi due al loro movimento. L’andatura è il modo di andare, di camminare, di correre, può essere lenta, svelta, regolare, sostenuta, non va identificata con la velocità ma per quanto ci riguarda è in stretta connessione con la tipicità.

Il galoppo e il trotto sono due differenti tipi di andatura.

Quando nella relazione annotiamo: buona andatura, non ci riferiamo esclusivamente all’ armonia, alla facilità, all’eleganza, ma alla manifestazione di quelle caratteristiche psico-fisiche che la condizionano e la rendono per ogni razza, la più utile e idonea per cacciare in un determinato ambiente, un particolare selvatico. Mi piace, perché lo trovo illuminante, leggervi il seguente scritto sull’andatura, non mio, ma che ho inserito in alcuni miei articoli già pubblicati sulla Gazzetta. “ Si parla troppo poco di galoppo e spesso lo si fa a sproposito. Va di moda eludere l’argomento, anteponendogli ogni volta le qualità venatorie, la cui importanza dovrebbe essere talmente scontata in un cane da ferma, che non sarebbe neppure il caso di sottolinearla. Non si deve invece dimenticare che il Galoppo è il primo elemento distintivo delle razze ( e più del galoppo, mi piace osservare che il movimento è la sintesi della corretta andatura meccanica, animata dagli atteggiamenti).

Il movimento sta alla funzione, come l’espressione sta alla morfologia, se un cane possiede espressione di razza, avrà inevitabilmente e in misura più o meno marcata le caratteristiche fenotipiche che ne contraddistinguono la sua appartenenza. Se un setter si muove da setter e un pointer da pointer, state sicuri che ritroverete nel loro lavoro anche gli altri atteggiamenti che ne caratterizzano e differenziano le peculiarità “.

E’ opinione corrente, che assolutamente non condivido, identificare lo stile con il comportamento dei cani, a contatto d’emanazione. Sicuramente è un momento molto significativo, condizionato dalla psiche, ma può essere manifestato anche se sono presenti evidenti difetti di costruzione, la  presenza dei quali, non può invece consentire un buon galoppo. La  tipicità dell’andatura, è necessariamente,  espressione congiunta sia di psiche che di meccanica corretta. Vi assicuro che lo stile, non può prescindere dal galoppo o trascurarlo.  

Per rendere più chiari questi concetti, proverò ad esasperarli con alcuni esempi : un setter inglese radente, scorrevole e flessuoso con andatura elastica e veloce, ci fa intuire già dal suo movimento, quale sarà il campionario dei suoi tipici atteggiamenti a contatto d’emanazione e ancor più in filata e guidata. Non potrà fare a meno di sfoggiare come descrive lo standard “ le più svariate pose che l’orgasmo quasi voluttuoso del momento impone : strisciando lo sterno rasente a terra, con flessioni eccezionali a tutte le giunture degli arti. Nei grandi stilisti, per il massimo godimento, dovremo ritrovare nel loro galoppo spinto, le stesse movenze che ritroviamo nell’azione più spettacolare del setter “ La Gattonata “ nel primo a velocità normale, nella seconda al rallentatore.  Un pointer dal galoppo impetuoso, allungato, velocissimo, con grande costanza di ritmo, per la facilità e l’eleganza del moto rivela eccezionale potenza e da affidamento di resistenza inesauribile. Più di una cerca, si direbbe una corsa sfrenata, tanto la fiducia nell’olfatto prepotente lo rende sicuro di sé.

Come potrebbe non manifestare queste sue marcate caratteristiche di galoppo, anche a contatto d’emanazione? Per temperamento non può rallentare e la straordinaria prontezza di riflessi lo convince ad osare. A testa e naso alti, fila a colpi di spada con brevi tempi di galoppo inframezzato da rallentamenti, per scattare in ferma come se avesse urtato una barriera. Se invece ha l’immediata certezza della presenza del selvatico, ferma sempre di  scatto con massima decisione. Queste azioni corrispondono alle migliori condizioni di ambiente e selvaggina, ma sono il risultato di costruzione e carattere diversi, riscontrabili in modo inequivocabile anche nel galoppo. Al setter la prudenza, la cautela al pointer l’audacia, il coraggio.

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 Fatta questa premessa, passiamo all’aspetto che più mi sta a cuore: l’andatura dei cani impiegati nelle prove di alta Montagna, beccacce, beccaccini. In alta montagna, tra rocce, dirupi e ripide ascese, con rododendri e terreno sconnesso, sarebbe dannoso  un galoppo spinto che non fosse convenientemente regolato e adeguato alle difficoltà dell’ambiente. A mio avviso è significativa quell’andatura spigliata e disinvolta utile a districarsi in un habitat arduo e difficoltoso, che non abbia a surriscaldare per l’eccessivo sforzo, l’apparato cardio circolatorio, compromettendone l’olfatto.

A beccacce : con terreno spesso ricoperto da macchie di rovi che ti costringono ad aggirarli, dall’intrico di tronchi, rami e foglie, non possiamo pretendere galoppo spinto, ma quell’andatura continua, quasi trattenuta,(che meglio si adatta ad una cerca perseverante e meticolosa) che  non può e non deve sviluppare grande velocità, per la consapevolezza, di dover cercare un selvatico dal comportamento imprevedibile, che sa trovare sempre la via di scampo più sicura(si corre più con la testa che con le gambe). A beccaccini : Se c’è una cosa non particolarmente significativa, è l’andatura, l’importante a mio avviso abbia un’azione costante senza eccessive fasi di sospetto. Sono altre le caratteristiche che distinguono il beccaccinista, portamento di testa e la capacità di filare lunghe emanazioni.

Fatte queste sintetiche considerazioni, non per spiegarvi il lavoro dei cani che tutti voi conoscete meglio di me, ma per rimarcare che l’importanza del Galoppo spinto, in certi ambiti è relativa, se non addirittura dannosa, vorrei che qualcuno mi spiegasse il senso sotto il profilo zootecnico, che riveste la manifestazione  a Campofelice, dove si fanno correre in un ampio prato con vegetazione di pochi centimetri i Setter delle prove specialistiche :   (aggiungendo per la classifica finale, al punteggio delle qualifiche ottenute nella stagione, quello relativo al giudizio sul galoppo, evidenziato nella piana Aquilana ) Se l’andatura dei cani da caccia, è quella che ogni individuo palesa in base all’ambiente e al selvatico, come potete pensare che un cane specialista, abituato ad un certo impiego, possa impegnarsi fisicamente e mentalmente in un terreno spoglio dove al massimo  può immaginare di fare i suoi bisogni fisiologici? Da questa manifestazione, nasce poi il pregiudizio che i cani specialisti, non si muovono bene e  dimentichiamo che anche in queste prove, il movimento è una componente importante  nel determinare la qualifica, quindi se ne hanno ottenuto diverse e di buon pregio, evidentemente non devono galoppare così male.

Forse sarebbe meglio limitarci ad una “presentazione, passerella” come giustamente fa il Pointer club, al massimo una seria verifica morfologica ad alta voce, per aggiungere al merito venatorio già dimostrato, quello della conformazione.

Mi sembra il caso di citare una significativa frase dell’amico Franco Zurlini riferita alle prove su selvaggina che puzza di stia : è come fare una gara di nuoto in una piscina senza l’acqua, con l’aggiunta dico io di pretendere nella stessa vasca un tuffo dal trampolino. Termino riportando una breve annotazione introduttiva ad un mio scritto “Cinofilia e caccia” (in cinofilia tutto è finzione, ma nulla è falso; a caccia tutto è autentico, ma anche le più grandi verità possono essere ingannevoli. Un selvatico pregiato, una difficile fucilata ben riuscita, possono non solo mascherare, ma addirittura ingigantire, aiutati dalla bellezza di un ambiente incantevole, i mediocri meriti dell’ausiliare).